Strage di Bologna

«Bellini agiva a Reggio Emilia ogni giorno muovendosi alla luce del sole»

Giuseppe Galli
«Bellini agiva a Reggio Emilia ogni giorno muovendosi alla luce del sole»

Il giornalista Vignali parla delle motivazioni della sentenza giunte a un anno dalla condanna in primo grado all’ergastolo per il killer Paolo Bellini

08 aprile 2023
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Reggio Emilia Giunte a un anno dalla condanna in primo grado all’ergastolo per il killer Paolo Bellini, le oltre 1.700 pagine di motivazioni della sentenza inerenti la strage di Bologna contengono molte, dettagliate ricostruzioni di vicende che si sono svolte a Reggio e provincia a cavallo fra la fine degli anni ’70 e i primi ’80, episodi di cui la cronaca si è occupata diverse volte e personaggi che, all’epoca, agivano fra criminalità comune e politica.

La Corte d’Assise, presieduta da Francesco Maria Caruso, torna in più punti sul libro “L’uomo nero e le stragi”, pubblicato nel 2021 per Paper First dal giornalista e scrittore Giovanni Vignali, che durante il processo è stato anche ascoltato come testimone.

Vignali, che impressione si è fatto leggendo le motivazioni della sentenza?

«Colpisce il fatto che i magistrati scrivano che la figura di Bellini sia “al contempo conferma ed elemento costitutivo” che all’attuazione della strage del 2 agosto 1980 “contribuirono Licio Gelli, capo della loggia massonica P2, e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vedeva in Federico Umberto D’Amato, ex capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”».

Quale ruolo ebbe il killer Bellini nella strage?

«È stato condannato come esecutore materiale. La Corte parla di azione di “assistenza e supporto” al commando che insanguinò la stazione, citando una testimonianza, ma in un altro passaggio arriva a scrivere: “Circa la partecipazione alla strage di Paolo Bellini non può escludersi l’ipotesi che i giovanissimi collocatori fossero proprio Mambro, Fioravanti e Ciavardini (condannati con sentenza definitiva), cui l’ordigno era stato consegnato da Bellini”. Estremista di destra molto conosciuto in città negli anni ’70, membro di una famiglia che aveva due importanti attività quale l’albergo “La Mucciatella” a Puianello e il ristorante “Il Capriolo” a Canali, Bellini viene vissuto da gran parte della città come una scheggia impazzita, una sorta di elemento avulso dal contesto. Non è così. Bellini ha fatto parte della formazione locale della “Giovane Italia”, poi ha fondato una cellula di “Avanguardia nazionale”. Può darsi che sulla sua figura ci sia una sorta di desiderio di rimozione, in parte inconsapevole, in parte interessato. Resta un fatto inconfutabile: sino a tutto il 1999 il killer, poi pentito e collaboratore di giustizia, agiva a Reggio quotidianamente, intessendo relazioni e muovendosi alla luce del sole».

A proposito dei delitti di ’ndrangheta per cui fu arrestato: è già stato detto tutto o c’è qualcosa ancora da scoprire?

«Gli omicidi che ha commesso in quegli anni e la bomba al bar Pendolino sono stati giudicati dai tribunali e le sentenze sono arrivate in Cassazione. Poi è vero che Bellini ha reso dichiarazioni ulteriori, in qualità di testimone, al processo ’Ndrangheta stragista. Ogni tanto, quando vado a presentare il libro, mi chiedono chi c’era con Bellini al Capriolo la notte in cui venne arrestato, di cosa stavano discutendo, ma questo elemento non è entrato nei processi che si sono tenuti».

Tornando al clima a Reggio nei mesi attorno alla strage di Bologna: davvero la nostra città è stata il teatro del passaggio di alcune fra le figure più inquietanti che si muovessero in Italia in quegli anni?

«Su questo non esiste alcun dubbio. Lo affermano le motivazioni della sentenza e c’è un’ampia mole di documenti. Estremisti di destra, intrallazzatori che si mossero in politica anche sul confine fra la Prima e la Seconda Repubblica, informatori dei servizi segreti vennero ripetutamente a Reggio. Si mossero in centro storico, non si fecero grandi problemi a presentarsi persino davanti a magistrati e forze dell’ordine, salvo poi darsi alla fuga quando stavano per essere scoperti. La storia di Reggio non è del tutto trasparente, ed è stata anche quella sanguinosa del terrorismo: senz’altro a sinistra con le Brigate Rosse. Ma pure a destra con Bellini, la strage di Bologna e, non voglio dimenticarlo, l’uccisione di Alceste Campanile».

Questa sentenza segna un punto fermo?

«È un pronunciamento importantissimo, ma “soltanto” di primo grado. La storia dei procedimenti attorno alla strage è una vicenda molto particolare, in alcuni casi di ribaltamenti clamorosi. Condivido quanto detto dal presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi. Mi auguro che la magistratura possa fare il proprio dovere sino in fondo, libera da condizionamenti. Se intervenisse una Commissione d’inchiesta parlamentare sulla violenza politica negli anni ‘70-’80, a processo ancora in corso, sarebbe preoccupante». l