L’ex capogruppo IdV Liana Barbati viene assolta dall’accusa di peculato
La sentenza della Corte d’Appello dichiara che “il fatto non sussiste”
Reggio Emilia Assolta perché il fatto non sussiste.
È stata la fine di un calvario, per la professoressa Liana Barbati, la sentenza della Corte d’Appello emessa ieri al termine di un procedimento durato 10 anni in cui era accusata di peculato. Assolto insieme all’ex capogruppo in Regione dell’Italia dei Valori, anche il bolognese Sandro Mandini, all’epoca dei fatti consigliere regionale sempre per il partito fondato da Antonio Di Pietro.
Soddisfazione viene espressa da parte da Barbati e dal suo avvocato difensore, Celestina Tinelli, dopo l’assoluzione in Appello arrivata in seguito alla condanna in primo grado in abbreviato a un anno e dieci mesi. Condanna emessa tenuto conto dell’attenuante della restituzione, da parte dell’ex capogruppo, di 230.000 euro di fondi alla Regione nel 2011. Ma riavvolgiamo il nastro.
La contestazione muoveva dall’accusa iniziale di peculato per 450.000 euro. Entrando nel dettaglio, a Barbati venivano contestati 750 episodi. Due quelli per cui è stata condannata, riferiti a rimborsi chilometrici (circa 600 euro) e le spese di organizzazione di un convegno (10.000 euro). In tutto, dopo la sentenza di primo grado l’ammontare contestato era di 10.600 euro circa.
Nel corso del procedimento sono stati ascoltati più testimoni: la difesa ha chiamato a deporre il politico Franco Grillini.
La professoressa Barbati ha parlato nel corso delle udienze: durante quella di ieri ha fatto dichiarazioni sulla trasferta, in precedenza si è soffermata sul convegno contestato. L’ex capogruppo dell’Italia dei Valori ha affermato come nemmeno lontanamente potesse pensare di commettere un reato come quello del peculato.
Tra i due fatti oggetto dell’accusa per cui era scattata la sentenza di primo grado, come detto, c’erano alcuni rimborsi per trasferte, come per l’utilizzo dell’auto per raggiungere Roma o biglietti del treno. Trasferta necessaria, come dimostrato dalla difesa, per un evento legato ai compiti politici di Barbati, legato a una proposta di legge nell’ambito della prevenzione delle infiltrazioni legate alla criminalità organizzata. Barbati ha specificato, inoltre, che il viaggio in auto era avvenuto il giorno 15, mentre i biglietti del treno erano riferiti ai giorni 13 e 14.
Inoltre, erano finiti nel mirino i 10.000 euro per l’organizzazione di un convegno, ovvero tutti i costi relativi a palchi, cartelli, depliant... diverse fatture che secondo l’accusa rappresentavano un finanziamento al partito, nel senso che il gruppo dell’Italia dei Valori avrebbe pagato alcune spese del congresso del partito che si teneva negli stessi giorni. Accuse cadute, dal momento che la Corte d’Appello ieri ha stabilito l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Nel corso del procedimento, poi, è emerso come Barbati, in qualità di capogruppo, non avesse dato carte di credito agli altri consiglieri, per cui in capo a lei sono arrivate tutte le contestazioni.
Un calvario giudiziario di più tappe, dunque, che ieri è arrivato a termine dopo dieci anni.