I numeri

Interdittive antimafia, l’Emilia è prima. Tante aziende a rischio infiltrazioni

Francesco Dondi
Interdittive antimafia, l’Emilia è prima. Tante aziende a rischio infiltrazioni

I provvedimenti prefettizi sono un argine all’aggressione dell’economia

17 aprile 2023
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Settantatrè, sono le interdittive antimafia emesse dalle prefetture emiliano-romagnole tra gennaio e giugno 2022 e che portano la regione in cima alla speciale graduatoria. L’Emilia peggio di Sicilia (44), Calabria (42) e Campania (27) in un trend che dà continuità anche al semestre precedente quando il territorio emiliano aveva annotato 55 interdittive, secondo soltanto alla Campania al primo posto con 65.

I dati vanno però interpretati, cercando una spiegazione. Innanzitutto per interdittiva antimafia si intende un provvedimento che va a colpire le società che non sono sicuramente legate alla criminalità organizzata ma che possono essere infiltrate o anche soltanto condizionate dai poteri malavitosi. L’atto viene firmato dal prefetto dopo un’attenta analisi elaborata da un gruppo di investigatori interforze, che mettono in comune le proprie conoscenze e valutano lo stato dell’impresa. Di fatto viene effettuato una approfondita scansione degli amministratori, dei contatti, dei collaboratori e dei dipendenti alla ricerca eventuale di connessioni con le consorterie. Talvolta è bastata una frequentazione fin troppo assidua con un pregiudicato o l’averlo assunto a far scattare le allerte e l’esclusione da una lista di merito che consente di lavorare negli appalti pubblici o dove sono previsti finanziamenti pubblici (ad esempio la ricostruzione post sisma o i bonus edilizi).

Prima di arrivare all’interdittiva il prefetto può ora prescrivere all’azienda (nei primi anni post sisma non era così) l’osservazione di alcune “misure amministrative di prevenzione collaborativa”, ossia specifiche prescrizioni, in luogo dell’adozione di provvedimenti amministrativi senz’altro più afflittivi, qualora accerti che la contaminazione mafiosa sia “occasionale”. Si tratta di un provvedimento amministrativo temporaneo della durata che va da un minimo di 6 a un massimo di 12 mesi, preordinato al rilascio del provvedimento antimafia che potrà essere adottato in senso favorevole e, dunque, liberatorio solo qualora, allo spirare del termine fissato, sulla base delle analisi formulate dal gruppo interforze emerga il “venir meno dell’agevolazione occasionale e l’assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa”.

In sintesi si può affermare che lo scopo delle misure di prevenzione antimafia è quello “terapeutico volto al recupero di realtà economiche che, seppure incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale dalle consorterie criminali sufficiente a consentire un intervento correttivo volto alla bonifica programmatica delle posizioni critiche”. Laddove il percorso di recupero aziendale non risulti fruttuoso o appaia irrimediabilmente compromesso sin dall’avvio delle verifiche antimafia, l’autorità prefettizia dovrà disporre del più incisivo provvedimento interdittivo.

Ma perché così tante misure antimafia adottate in Emilia? Certamente perché il tessuto economico è molto ricco di imprese e società se paragonato a quello di altre regioni italiane. Più realtà economiche e quindi maggior rischio di imbattersi in alcune potenzialmente condizionabili o infiltrabili. Ma il mero elemento numerico non basta per dare una risposta ampia e approfondita che coinvolge invece la profondità di analisi degli investigatori. La nascita del Girer – il Gruppo interforze ricostruzione Emilia Romagna – è stato l’antesignano dei gruppi di lavoro che analizzano le richieste di ottenere i certificati antimafia. Si è quindi sperimentato nel corso della ricostruzione post terremoto un sistema di scambio di informazioni che ha oliato il sistema dei controlli e caratterizzato la profondità delle verifiche. Evidentemente l’istituzione delle white list ha funzionato e tuttora si continuano a raccogliere i frutti di quelle competenze lavorative. Lavoro, la parola magica che trasversalmente qualifica tutto ciò che ruota intorno alla criminalità organizzata: c’è quello degli investigatori che smascherano i sodalizi e quello dei clan che cannibalizzano l’economia sana. «Le mafie – conferma il rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia – si presentano oggi sulla scena imprenditoriale come organizzazioni dinamiche, capaci di proporsi inizialmente in modo attrattivo verso soggetti senza scrupoli, salvo poi esercitare subdole forme estorsive finalizzate a depredare l’intero asset aziendale».