«Strage, la sentenza su Bellini entri nell’Appello per Cavallini»
L’ipotesi al vaglio del collegio di parte civile e della Procura Generale
Reggio Emilia Nel processo di appello a carico dell’ex Nar Gilberto Cavallini, condannato in primo grado all’ergastolo per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, potrebbe entrare anche la sentenza di primo grado sull’attentato a carico di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 5 aprile.
Il legale di parte civile Andrea Speranzoni e la procuratrice generale reggente di Bologna Lucia Musti fanno infatti sapere, a margine della prima udienza del procedimento di appello a carico di Cavallini, che stanno valutando se proporre alla Corte d'Assise d’appello presieduta dal giudice Orazio Pescatore l’acquisizione della sentenza. L’udienza ieri è stata rinviata per lo sciopero dei penalisti. Il processo, a questo punto, partirà il 10 maggio alle 9.30, con udienza fissate per il 18, 24 e 31 maggio.
Sul punto, Speranzoni spiega che «quella sentenza certamente arricchisce il quadro su mandanti e finanziatori della strage da un lato, e sui legami fra le sigle dell'estrema destra eversiva collegate ad ambienti istituzionali – Avanguardia nazionale, Ordine nuovo, Terza posizione e Nar – dall’altro».
Nelle oltre 1.700 pagine di motivazioni, ricorda il legale, «uomini dei Servizi e parlamentari del Msi vengono raccontati rispetto ai temi di prova del reato di strage e dei reati collegati», e in quel processo «abbiamo appreso che la pista palestinese», che i difensori di Cavallini «ripropongono in questo processo d’appello per cercare di mettere in discussione la sentenza di primo grado, fu frutto di un depistaggio costruito dai vertici dei Servizi e da uomini che collaboravano con i Servizi come Mario Tedeschi (già direttore de “Il Borghese” e senatore del Msi, ndr)».
Speranzoni si sofferma poi sul fatto che ora «sappiamo in più, rispetto all’inizio del processo di primo grado contro Cavallini, che quest’ultimo è un uomo collegato ai Servizi segreti e al gruppo veneto di Ordine nuovo». Quindi, chiosa, «i cosiddetti “spontaneisti” non sono tali: questa è una definizione che i Nar si sono autoattribuiti, ma sappiamo che in realtà il gruppo stragista di Ordine nuovo in Veneto li appoggiava e li fiancheggiava e c’è stata una linea di continuità tra gli uni e gli altri». Cavallini, afferma il legale, «è collocato in questo ambito e teneva i contatti con tutto il gruppo ordinovista veneto». C’è però, secondo Speranzoni, «ancora molto da dire rispetto ai gruppi di potere che, unitamente al terrorismo nero, hanno ideato, finanziato e utilizzato come strumento di ricatto politico la strage, creando una linea di continuità di potere nella gestione del depistaggio iniziale e nell’attività disinformativa sulla vicenda, che spero emergerà anche in questo processo d'appello». E «come spesso capita quando parliamo di un potere reale – conclude – quando una finalità ideologica termina o sfuma, rimane una finalità legata a interessi concreti, per lo più economici. Nel processo ai mandanti abbiamo visto questo profilo, cioè come la strage e la violenza politica dell’80 siano state oggetto di un ricatto allo Stato e di un patto interno alle istituzioni, e come i gruppi che hanno attivato questo ricatto abbiano continuato a perpetuare se stessi utilizzando questi fatti gravissimi come strumento di potere».
E se Musti concorda sull'opportunità di chiedere alla Corte di acquisire la sentenza di primo grado su Bellini, Segatel e Catracchia, che come ricorda «ha recepito integralmente le richieste della Procura generale», di diverso avviso è Alessandro Pellegrini, uno dei legali di Cavallini. Secondo lui, infatti, «la sentenza Bellini non può assolutamente essere acquisita, perché è una sentenza di primo grado, e se ne verrà chiesta l'acquisizione noi ci opporremo». Una richiesta su cui, invece, «concordiamo con la Procura generale – aggiunge Pellegrini – è quella di acquisire tutti i documenti mandati dai Servizi attualmente soggetti a divieto di divulgazione. Io ho chiesto che la Corte acquisisca tutto, e lo stesso ha fatto la Procura generale». Su questo punto, afferma il difensore di Cavallini uscendo dall'aula al termine dell'udienza di ieri, «insisteremo moltissimo», chiedendo alla Corte di acquisire integralmente atti e documenti inerenti la strage, compresi «quelli del periodo tra luglio e settembre 1980». l
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