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Sanità, boom di aggressioni, l’escalation in soli due anni

Sanità, boom di aggressioni, l’escalation in soli due anni

A Reggio erano 79 nel 2019 e sono salite a 129 nel 2021

06 maggio 2023
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Reggio Emilia Il 46% degli infortuni nel comparto sanità sono dovuti ad aggressioni. È quanto emerge dagli ultimi dati disponibili, fermi tra l’altro al 2021, che quindi non comprendono l’escalation dell’ultimo biennio.

Stando ai dati nazionali, ogni anno in Italia si contano migliaia di atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità, con tassi di tipologie di aggressione che vanno dal 3,1 al 71% per quelle fisiche e dal 38% al 90% per quelle verbali. I numeri del fenomeno, però, sono ampiamente sottostimati. Le vittime delle aggressioni sono perlopiù donne.

Lo stato dell’arte nella nostra provincia risale al 12 marzo del 2022, data in cui ricorreva “Pensa(ci) bene”, la prima giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, si è svolto un dibattito. La giornata è stata indetta con decreto del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Istruzione e con il Ministro dell’Università e della Ricerca, per analizzare e prevenire la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. In quell’occasione cinque ordini professionali della provincia di Reggio Emilia (Medici Chirurghi e Odontoiatri, Infermieri, Ostetriche, Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nonché i Farmacisti) si sono riuniti a un tavolo insieme alla direzione sanitaria dell’Ausl di Reggio Emilia e a Cittadinanzattiva per confrontarsi e avanzare proposte volte ad arginare il fenomeno.

I dati emersi sono sconcertanti. Nella provincia di Reggio Emilia l’Azienda Usl-Irccs ha raccolto negli anni un numero crescente di segnalazioni da parte degli operatori: 79 nel 2019, 82 nel 2020, 129 nel 2021, con una prevalenza di segnalazioni a carico delle donne (68,8%). In media circa due segnalazioni su tre provengono dagli ospedali: soprattutto dai servizi di Pronto Soccorso e dal reparto psichiatrico di Diagnosi e cura, mentre il restante terzo proviene da operatori impegnati in attività territoriali, prevalentemente in Servizi psichiatrici e Sert. Risulta preoccupante anche l’aumento delle segnalazioni di violenza fisica, più che raddoppiate nell’arco di due soli anni: sono arrivate a costituire nel 2021 un terzo di tutte le segnalazioni. Tali episodi hanno avuto importanti ripercussioni sulla salute fisica degli operatori, arrivando a causare nel 2020 un totale di 409 giorni di prognosi (con una media di 27 giorni per ciascun evento che abbia causato infortunio, un mese di lavoro perso) e 322 nel 2021.

Nell’82% dei casi l’aggressione è stata perpetrata da pazienti o da loro familiari e tra i camici bianchi il sesso femminile è quello più preso di mira. Quasi tre quarti degli infortunati sono donne: vittime di violenza negli ospedali e nelle case di cura nel 64% e nell’80% nelle strutture di assistenza sociale e residenziale e non (dove il personale è in gran parte femminile). È quanto risulta anche dai dati Inail, che nel quinquennio 2016-2020 ha raccolto i dati (parziali in quanto derubricati sotto l’etichetta infortuni, non sempre denunciati): 12mila i casi di infortunio in ambito sanitario accertati dall’Inail, con una media di 2.500 all’anno. Il 46% di tali infortuni è concentrato nell’assistenza sanitaria (ospedali, case di cura, studi medici), il 28% nei servizi di assistenza residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza) il 26% nell’assistenza sociale.

La professionalità più colpita è quella dei “tecnici della salute” che concentra più di un terzo del totale dei casi (sanitari ospedalieri, infermieri, educatori); seguono con il 25% le professioni qualificate nei servizi sociali; le professioni qualificate nei servizi personali (ad esempio assistenti per disabili) con il 15% e, con un sensibile distacco, appena il 5%, i medici di base generici e i liberi professionisti specialisti, evidentemente percepiti in modo più positivo dai pazienti. l

Am.P.

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