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Processo omicidio Saman

In aula si “rivede” il padre di Saman: freme per parlare, ma non vuole mostrare il suo volto

Jacopo Della Porta
In aula si “rivede” il padre di Saman: freme per parlare, ma non vuole mostrare il suo volto

Dopo otto udienze finalmente il videocollegamento dal Pakistan con Shabbar Abbas

20 maggio 2023
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Reggio Emilia «È stata dura ma ce l’abbiamo fatta!». La presidente della Corte d’assise, Cristina Beretti, ieri mattina ha avuto un moto di sollievo. Dopo otto udienze il padre di Saman, Shabbar Abbas, si è finalmente collegato da remoto, dal carcere in Pakistan dove è recluso, e pertanto la sua posizione è confluita nuovamente all’interno del dibattimento in corso, che vede imputati i genitori della diciottenne (la madre Nazia in contumacia in quanto è latitante), lo zio Danish Hasnain e due cugini, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq.

Dal 10 febbraio, giorno in cui è iniziato il processo, inghippi burocratici e difficoltà tecniche hanno allungato notevolmente i tempi per il videocollegamento, e da ultimo, a complicare ulteriormente il quadro, ci si è messa anche l’instabilità politica del Pakistan, dove si sono registrate proteste di massa dopo l’arresto dell’ex premier Imran Khan.

Ma ieri mattina, anche grazie all’impegno dei funzionari dell’ambasciata italiana a Islamabad, Shabbar è comparso in aula, seppure virtualmente, a poco più di due anni da quando era fuggito da Novellara.

Il collegamento è stato preceduto da un breve rinvio, perché nel carcere di Adiala, a Rawalpindi, non era ancora arrivato un interprete per l’imputato.

Va detto che Shabbar comprende molto bene l’italiano, dal momento che ha vissuto a Novellara probabilmente già dalla seconda metà degli anni Duemila.

Ieri l’uomo, dopo aver parlato brevemente e riservatamente con i suoi avvocati, Simone Servillo ed Enrico Della Capanna, alle 11.30 è comparso sui monitor dell’aula della Corte d’assise. L’imputato si è presentato con una mascherina Ffp2 (che nessuna delle persone inquadrate intorno a lui indossava), probabilmente anche per non farsi vedere, dato che ha negato il consenso ad essere ripreso.

Dopo che Shabbar ha confermato le sue generalità, il processo è proseguito come previsto, con l’audizione del maresciallo maggiore Cristian Gandolfi. Rispetto alle precedenti udienze si è registrata però una differenza: il testimone è stato interrotto a cadenza regolare per consentire all’interprete di tradurre quanto detto in aula in Italia.

«Sarà complicata, dobbiamo avere pazienza», ha detto la presidente Beretti.

Dopo qualche minuto, si è sentito Shabbar in sottofondo dire che voleva rispondere subito a quanto ascoltato. Segno che freme dalla voglia di dire la sua, anche se ieri non è potuto intervenire. Avrà comunque occasione di farlo, dato che è un suo diritto e i difensori hanno chiesto che sia esaminato.

Quando prenderà la parola avrà modo di replicare alle accuse del fratello Danish Hasnain (che ha fatto ritrovare il corpo e nega di essere l’autore materiale del delitto).

Lo zio poliziotto

L’udienza è andata avanti con la dettagliata deposizione del maresciallo Gandolfi. Il militare ha riferito di quanto emerso dall’analisi sia dei cellulari degli imputati, di Saman e altre persone, che delle telecamere.

Sono stati ripercorsi i giorni in cui Saman tornò a Novellara, il 20 aprile 2021, in particolare con l’esposizione del contenuto dei messaggi che si scambiava con il fidanzato Saqib, nei quali mostrava un’apparente tranquillità rispetto alla sua sicurezza, sebbene dicesse che le stavano rendendo la vita un inferno.

«Il fidanzato, invece, era preoccupato e la invitava a cancellare le chat».

Dai tabulati e i messaggi recuperati, è stato confermato anche il peso di uno zio materno di Saman. Si tratta di un poliziotto pakistano, che sarebbe l’autore del messaggio vocale indirizzato alla sorella Nazia nel quale si parlava di una ragazza da uccidere; messaggio che la diciottenne ascoltò e riferì al fidanzato dicendo che a suo avviso parlavano di lei. Lo stesso parente ha mantenuto contatti con l’imputato Nomanulhaq quando quest’ultimo era latitante in Spagna. L’uomo si informava di come stesse e al tempo stesso gli riferiva quello che aveva saputo sull’altro cugino di Saman, Ikram Ijaz, già detenuto in carcere a Reggio Emilia.

Il promesso sposo

Saman, nelle sue conversazioni con Saqib, disse di aver parlato il 22 aprile con la zia del suo promesso sposo (il cugino residente nel villaggio del Punjab). Lo stesso giorno il fratello di Saman aveva contattato il promesso sposo. Il rientro a casa della ragazza, dieci giorni prima che fosse uccisa, venne dunque subito comunicato ai parenti in Pakistan. E tra Novellara e Charanwala cominciarono a viaggiare numerosi messaggi, vocali e videochiamate. l

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