Volontari della Croce Rossa di Reggio Emilia nel disastro di Cesena: «Fango ovunque»
Andrea Insolia e altri cinque sono appena rientrati da un turno in Romagna: «Impressionante»
Reggio Emilia «Il momento peggiore è stato al ritorno verso Reggio. Ci siamo trovati in un paesino allagato: per fortuna abbiamo incrociato i carabinieri, con una jeep di sommozzatori, che hanno tastato il terreno per capire la profondità e ci hanno fatto da apripista». Andrea Insolia, 48 anni, dal 2009 volontario Croce Rossa, è appena rientrato da una giornata nelle zone alluvionate insieme a Jacopo Franceschini, Nabile Zarid, Arturo Fontana e Gianfranco Campanini.
«Zarid l’ho conosciuto al momento. Siamo partiti in sei, tre persone su due mezzo Cri, mercoledì sera per un turno di 12 ore concluso giovedì». Destinazione la città di Cesena. «Il viaggio di per sé è stato impressionante: da Bologna a Cesena il paesaggio cambiava di continuo, di cento metri in cento metri, a seconda della tenuta o meno dei corsi d’acqua. Un andamento imprevedibile, tanto che le informazioni fornite in un posto di blocco dopo un’ora si rivelavano superate». Ciascuno di noi ha visto il disastro in tv o sui social. «Ma di persona è un’altra cosa. Anzitutto le immagini non restituiscono la vastità dell’area alluvionata: un’area enorme. E poi il fango che ricopre ogni cosa; senza stivali non si sta nemmeno in piedi». Arrivati di notte, i volontari reggiani sono stati alloggiati al Coc (centro operativo comunale) di Cesena. Il gruppo non sapeva che compito avrebbe avuto. «Eravamo pronti a qualsiasi necessità: dal servire i pasti agli sfollati al soccorso. Ci siamo messi a disposizione del 118 di Cesena che ci ha impiegato per il servizio ambulanze ordinario: interventi di routine, per lo più trasporti di anziani e malati, che altrimenti sarebbero stati interrotti perché le ambulanze erano sul soccorso persone insieme agli elicotteri». Il problema, prosegue Insolia, è l’indispensabile conoscere il territorio. «In certi tratti le strade sono sparite e solo chi è del posto sa come muoversi, dov’è il marciapiede, dov’è la svolta. Perciò siamo stati divisi e ognuno di noi è stato abbinato a un volontario locale». I romagnoli «sono affranti per le case rovinate, ma non abbattuti: hanno una grande forza». Il 48enne pensa di ripetere l’esperienza. «Presto. Mi hanno già chiesto di organizzare un altro turno. Vorrei ringraziare i numerosi reggiani che offrono anche un solo giorno libero: è prezioso». l