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Prima la violenta e poi la picchia fino a farle perdere il bambino

Ambra Prati
Prima la violenta e poi la picchia fino a farle perdere il bambino

Marito 36enne condannato a quattro anni per stupro e maltrattamenti

21 maggio 2023
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di Ambra Prati

Reggio Emilia Ha stuprato la moglie: da quella terribile violenza domestica avrebbe dovuto nascere un bambino, ma per le percosse subìte la povera donna incinta ha poi perso il figlio. La terribile vicenda, accaduta a Reggio l’anno scorso dopo anni di botte, si è conclusa qualche giorno fa in tribunale a Reggio Emilia. Il 36enne marocchino è stato condannato in rito abbreviato a quattro anni per i reati di violenza sessuale continuata e aggravata (l’aggravante consiste nell’aver commesso il fatto nei confronti di un familiare) e maltrattamenti in famiglia.

Il pm Marco Marano ha chiesto una pena ancor più severa: cinque anni e quattro mesi.

Il procedimento nasce nell’agosto 2022 quando la moglie, di poco più giovane, prendendo coraggio si è presentata dai carabinieri raccontando quello che era diventato un inferno domestico: il ménage con il marito – i due abitavano in via Turri – era caratterizzato da continue vessazioni psicologiche e fisiche e lei non ce la faceva più. La situazione era precipitata negli ultimi mesi, tra marzo e agosto 2022, nel momento in cui lei si era rifiutata di avere rapporti sessuali; un “no” che il 36enne non accettava, tanto da prenderla con la forza. La donna aveva raccontato almeno cinque episodi di rapporti sessuali forzati: picchiandola, strappandole i vestiti e stringendole la gola per impedirle di gridare l’uomo la minacciava di morte se non avesse soddisfatto i suoi appetiti. In marzo – recita il capo d’imputazione – «afferrandola con la forza», la struprava «nonostante lei si opponesse con morsi e spinte»; sempre a marzo, in un’altra sera, «la soffocava con le mani per concludere un rapporto sessuale» dal quale ne derivava una gravidanza. Infine in agosto – quando lei lo aveva già lasciato, tentando di dimenticare gli abusi e di rifarsi una vita – l’uomo «si presentava a casa di lei, iniziava a offenderla e a minacciarla, la afferrava per il collo con le mani, la trascinava in camera da letto» e ancora una volta imponeva la sua volontà nonostante il diniego della donna.

Se questi sono stati gli episodi culminanti che hanno fatto decidere alla moglie di ribellarsi, le botte erano iniziate in precedenza: già durante la relazione sentimentale e la convivenza iniziale dei due erano abituali «reiterate violenze psicologiche e fisiche consistite in frasi ingiuriose e gravi minacce di morte, anche impugnando armi di vario tipo».

«Se vai a fare denuncia ti ammazzo» le intimava lui, che la picchiava spesso «con schiaffi, pugni al volto, calci al ventre». Maltrattamenti partiti nel 2019 e proseguiti per quattro anni, fino alla separazione del 2022.

È in uno di questi scoppi d’ira che il coniuge provoca l’aborto. L’8 maggio 2022 lui «le tirava i capelli, la afferrava per la gola e la trascinava a terra provocando perdite di sangue e dolori addominali che determinavano l’interruzione di gravidanza originata dalla violenza sessuale».

L’uomo, che ha sempre negato gli addebiti, è comparso in tribunale in udienza preliminare; assistito dal suo avvocato ha scelto il rito abbreviato. Il pm Marco Marano, sottolineando i riscontri probatori, ha proposto una condanna a cinque anni e quattro mesi senza le attenuanti generiche. Il gip Dario De Luca, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha emesso la sentenza: il 36enne è stato condannato a quattro anni, con lo “sconto” dovuto al riconoscimento delle attenuanti. l

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