Gazzetta di Reggio

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Indagini riaperte

Azzolini e la morte di Cagol: «Non c’ero alla sparatoria»

Evaristo Sparvieri
Azzolini e la morte di Cagol: «Non c’ero alla sparatoria»

L’ex br indagato per il conflitto a fuoco respinge ogni accusa: «Non ho nemmeno partecipato al sequestro Gancia»

24 maggio 2023
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Reggio Emilia «Con riferimento a quanto avvenuto il 5 giugno del 1975 alla cascina Spiotta di Arzello non sarei comunque in grado di fornire elementi utili, posto che io non ho partecipato al sequestro Gancia, né tantomeno ero presente alla sparatoria in cui è morta, oltre al carabiniere D’Alfonso anche Margherita Cagol». Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma insieme al suo avvocato Davide Steccanella si è presentato nella caserma dei carabinieri Moscova di Milano, chiedendo che venisse messa a verbale una sua dichiarazione scritta consegnata in una memoria autografa. L’ex brigatista reggiano, Lauro Azzolini, all’epoca capo della colonna milanese, nega un suo coinvolgimento nella sparatoria alla cascina Spiotta, nell’Alessandrino, avvenuta il 5 giugno 1975 durante la liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia: un conflitto a fuoco nel quale morirono Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, mentre altri due militari rimasero feriti. Durante la sparatoria un brigatista fuggì. E secondo una testimonianza raccolta in fase di indagini quel brigatista aveva accento reggiano ed era alto e snello.

Una sparatoria per la quale l’ex brigatista Azzolini è indagato dalla procura di Torino, che nei giorni scorsi ha ottenuto dal gip la revoca della sentenza di non doversi procedere emessa nel novembre del 1987 dal tribunale di Alessandria, autorizzando la riapertura delle indagini per sei mesi. A dare il via all’inchiesta è stato un esposto presentato dal figlio dell’appuntato D’Alfonso, Bruno. L’ex ideologo delle Br e compagno all’epoca di Mara Cagol, Renato Curcio, è indagato per concorso morale.

Oggi quasi ottantenne e da tempo dissociatosi dalla lotta armata, Azzolini ha detto di avere appreso della morte di Cagol «solo dai telegiornali dell’epoca». Secondo i magistrati, che hanno riaperto il caso dopo 48 anni, a carico di Azzolini ci sarebbero tuttavia diverse prove.

Come le undici impronte digitali rilevate dai Ris su un memoriale sequestrato nel covo milanese di via Maderno, nel 1976, dove era nascosto Renato Curcio: un documento che per la procura fu stilato dal brigatista “fuggitivo” individuato dai magistrati proprio in Azzolini, che si è dichiarato non sorpreso della presenza delle sue impronte.

«Quanto alla circostanza che mi viene contestata, e relativa al fatto che sarebbero state rintracciate mie impronte sul documento che ricostruiva le fasi di quel tragico conflitto a fuoco – ha scritto nella memoria consegnata ai magistrati – la cosa non mi sorprende più che tanto, perché quel documento venne visto e letto oltre che da me anche da tutti o quasi i membri dell’organizzazione nelle rispettive colonne, dato che riportava nel dettaglio come era avvenuta l’uccisione di una delle fondatrici delle Brigate rosse, una persona peraltro molto cara a tutti noi». Sulla morte di Mara Cagol, Azzolini ha aggiunto: «Mi colpì molto, perché da quanto si leggeva si traeva l’impressione che fosse stata uccisa quando ormai si era arresa disarmata, e ricordo che quel testo venne anche pubblicato sul “giornale” clandestino delle Br per il quale, a fronte delle informazioni scritte dell’accaduto giunteci, passò di mano in mano per redigerne la sua stampa». E infine: «Altro non mi sento di aggiungere né di commentare in merito a quel fatto o ad altro, per cui, arrivato alla soglia degli 80 anni, non mi resta che attendere che la giustizia faccia il suo corso». Sulla riapertura delle indagini, il suo legale ha sollevato una questione che aggiunge un giallo nel giallo, ovvero la sparizione del fascicolo processuale degli anni ’80, in seguito ad un’alluvione: «Se io raccontassi, e dovrò farlo, a qualcuno che abita all’estero che in Italia un giudice può revocare una sentenza ormai irrevocabile di assoluzione di cinquant’anni fa senza neppure poterla leggere, probabilmente mi darebbero del matto. Comunque nulla da temere da queste indagini», ha detto il legale, che sul punto ha presentato un ricorso in Cassazione. Fra gli ex brigatisti ascoltati come testimoni anche i reggiani Loris Tonino Paroli e Attilio Casaletti.  

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