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«Mio nipote ammazzato due anni esatti dopo la partenza dalla Tunisia»

«Mio nipote ammazzato due anni esatti dopo la partenza dalla Tunisia»

Makrem Thabet, zio del 18enne ucciso in stazione a Reggio Emilia: «Si proteggano questi ragazzi»

05 giugno 2023
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Reggio Emilia «Bisogna dare un posto protetto ai ragazzi che, da un giorno all’altro, si trovano senza una casa e un luogo cui fare riferimento. Poi, bisogna insegnare loro un lavoro, inserirli nella società. Solo così si può evitare che altre famiglie vivano sulla loro pelle il dolore infinito che proviamo noi per l’assassinio di mio nipote. Altrimenti, altri giovani come Mohamed moriranno».

È arrivato da Mazara del Vallo, dove fa l’agricoltore Makrem Thabet, fratello del padre di Mohamed Thabet Ali, il 18enne ucciso nella notte fra martedì e mercoledì accanto al primo binario della stazione dei treni. Nel tardo pomeriggio di ieri, lo zio Makrem ha partecipato alla manifestazione organizzata dall’associazione reggiana di tunisini “Il dialogo”, in piazzale Marconi.

Makrem, qual è stata l’ultima volta che ha sentito suo nipote?

«Un mese fa è stata l’ultima volta che ci siamo sentiti. Abbiamo parlato del più e del meno. Non faceva pesare i suoi problemi, mio nipote. Nonostante vivesse per strada, affrontava la situazione con dignità e si presentava in modo pulito, un atteggiamento che lo distingueva rispetto a tanti altri senzatetto. Teneva moltissimo a tenere alta la sua dignità».

Cosa sperava di trovare in Italia, dopo che aveva lasciato la Tunisia?

«Era partito sul barcone per Lampedusa esattamente due anni prima che lo uccidessero: il 30 maggio 2021. Era venuto in Italia per aiutare la famiglia e migliorare il suo futuro. Mio nipote lascia il suo papà Wisem, la mamma Sondos, due sorelle e un fratello. Ora, purtroppo, mi spetta il compito di riportarlo in Tunisia senza vita».

Cosa chiede, da familiare di un 18enne vittima di una morte violenta?

«Chiediamo che il colpevole venga preso, ma non vogliamo farci giustizia da soli. Servono provvedimenti seri che permettano di seguire questi ragazzi, altrimenti lasciati allo sbando. Escono dalla comunità, non hanno da mangiare e spacciano perché non hanno soldi e alternative».

A chi si appella per questo?

«Chiedo alle istituzioni che si prendano cura di questi ragazzi, che insegnino loro un mestiere: potrebbero essere molto utili alla società se indirizzati nel modo corretto. Ringrazio molto chi fa gesti preziosi come portare il cibo ai senzatetto. A questi volontari devono affiancarsi le istituzioni, per consentire a questi giovani di avere uno stipendio per andare a vanti: altrimenti davanti a loro c’è la strada, o l’alternativa del ritorno del Paese d’origine». l

S.A.

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