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Il caso

«Il testamento di Agazzani è falso», Lusetti condannato a un anno

Serena Arbizzi
«Il testamento di Agazzani è falso», Lusetti condannato a un anno

L’ex vicesindaco di Guastalla, Marco Lusetti, è stato condannato a un anno e al pagamento delle spese processuali. E c’è la certificazione che il testamento in cui lo stesso Lusetti veniva dichiarato erede universale di Agazzani è falso

15 luglio 2023
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Reggio Emilia L’ex vicesindaco di Guastalla, Marco Lusetti, è stato condannato a un anno e al pagamento delle spese processuali. E c’è la certificazione che il testamento in cui lo stesso Lusetti veniva dichiarato erede universale di Agazzani è falso. È stata pronunciata ieri mattina dal giudice Matteo Gambarati la sentenza che pone fine, almeno in primo grado, al procedimento giudiziario sul caso del testamento di Alberto Agazzani, trovato morto a 48 anni, il 16 novembre 2015 nel suo appartamento di via Farini.

Due anni e quattro mesi di reclusione la pena richiesta dal pubblico ministero Maria Rita Pantani per il reato di falso in testamento olografo, riferito al documento in cui Lusetti viene nominato erede universale del critico d’arte. L’avvocato Erica Romani, difensore di Lusetti, aveva chiesto, invece, l’assoluzione per il suo assistito. Ma riavvolgiamo il nastro.

L’udienza è iniziata con l’esposizione della perizia svolta dalla grafologa forense Nicole Ciccolo. Perizia che si sofferma sul testamento datato 16 gennaio 2015 in cui figurava l’ex vicesindaco di Guastalla. L’esperta, nominata dal tribunale, argomenta che si nota “un’altra individualità che si è immessa” nel testamento. Vale a dire, si riscontrerebbero dei tentativi di imitazione della scrittura di Agazzani. Lusetti, tuttavia, non si è mai sottoposto alla prova calligrafica che avrebbe potuto offrire un parametro di raffronto approfondito con la grafia del testamento. Altro elemento rilevante esposto dalla consulente nominata dal tribunale è che l’incidente in cui era rimasto coinvolto Agazzani non aveva inficiato la tecnica di firma.

Durante la discussione, il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha sottolineato che il testamento portato al notaio Manzini poco dopo la morte di Agazzani è falso. «Lusetti arriva a falsificare il testamento», afferma l’accusa, secondo cui solo una cosa è andata storta: l’essersi «rivolto a un notaio che aveva saggi comparativi di Alberto Agazzani e ha sottolineato in Procura le anomalie». Se Lusetti si fosse rivolto a un notaio diverso «sarebbe diventato erede di tutto». «Agazzani era un critico d’arte, un esteta – continua il pubblico ministero –. Aveva cura non solo per il mezzo con cui scriveva, come le penne stilografiche, ma anche per la carta. Se Agazzani fosse qui sarebbe rabbrividito vedendo un suo atto compilato su un rozzissimo foglio a righe. Agazzani usava la carta intestata. Lusetti, inoltre, ha cercato di riferire che aveva sostenuto spese per conto di Agazzani e per questo lo stesso critico lo avrebbe nominato erede universale, per sdebitarsi. Questa circostanza è stata smentita, non ci sono prove che lo abbia aiutato. Lusetti ha chiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza, anche se a noi ha raccontato che teneva i soldi nel materasso».

Inoltre, Lusetti avrebbe chiesto le chiavi della casa di Agazzani ad Andrea Bertolini, suo ultimo compagno. «E lo avrebbe fatto in modo arrogante, c’era una richiesta spasmodica del testamento – prosegue il pubblico ministero –. C’era il terrore che Agazzani avesse posto in essere le sue ultime volontà a favore di Bertolini».

L’avvocato Erica Romani, difensore di Marco Lusetti, ha argomentato che «il testamento è stato ritrovato in un libro che Agazzani aveva regalato a Lusetti. Alcuni amici hanno confermato che lo stesso Lusetti era stato nominato erede e il fatto che abbia portato il testamento da un notaio amico di Agazzani è una dimostrazione di buona fede. Non lo avrebbe scelto per risparmiare, com’è stato dichiarato, perché Manzini viene pagata con una normale parcella, in parte attraverso i beni di Agazzani. Per quanto riguarda, poi, l’aggravante dell’ingente patrimonio, non c’è nessun patrimonio. Quando Agazzani morì i beni facevano parte di altre scritture private e si fa in fretta a bloccare la casa non per nascondere chissà cosa, ma per ridurre e onorare le spese di locazione e le utenze. Lusetti, inoltre, non si è nascosto e ha convocato due riunioni in cui ha fatto regali agli amici, un foulard e un profumo di Agazzani, perché potessero avere un suo ricordo. I cd li ha donati al Peri: non vedo un comportamento spasmodico». La difesa valuterà l’appello. Lusetti è stato contemporaneamente assolto dal reato di truffa, riassorbito in precedenza. l