Gazzetta di Reggio

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«Finanza e mondo digitale autostrade per la ’ndrangheta»

«Finanza e mondo digitale autostrade per la ’ndrangheta»

Lo studioso Antonio Nicaso parla delle attività finanziarie delle cosche «L’inchiesta Glicine mostra la capacità di adattarsi a nuovi contesti»

23 luglio 2023
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i Jacopo Della Porta

Conti correnti “dormienti” svuotati grazie alla collaborazione di hacker informatici, false fideiussioni per attivare linee di credito, misteriose piattaforme clandestine di trading di cui parlano i boss intercettati, conti cifrati nei paradisi fiscali... La finanza e il mondo digitale hanno aperto nuove autostrade alle mafie e la ‘ndrangheta si sta dimostrando molto abile nel saperle percorrere. L’inchiesta “Glicine Acheronte” della Dda di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, svela le nuove frontiere delle cosche crotonesi, che come noto sono radicate anche in Emilia.

L’indagine, che a fine giugno ha portato all’esecuzione di 43 ordinanze di custodia cautelare, è incentrata sulla cosca Megna di Papanice, alleata con i Grande Aracri della vicina Cutro. Si tratta di un gruppo attivo anche a Reggio Emilia, dove fin dagli anni ’90 aveva il proprio quartier generale in una pizzeria di Cella, di cui hanno parlato vari collaboratori.

Gli investigatori, oltre a far luce sui rapporti con la politica calabrese e la pubblica amministrazione, hanno ricostruito alcune attività finanziarie della cosca, «un ambito nel quale, grazie a sistemi innovativi e tecnologici è riuscita ad inserirsi in maniera sistematica, movimentando, con modalità truffaldine, ingenti quantità di denaro».

Professor Nicaso, da storico delle mafie, l’indagine “Glicine Acheronte” quali elementi di riflessione le offre?

«Le mafie hanno sempre avuto la capacità di adattarsi alle nuove situazioni. Lo fanno da oltre 150 anni. Era già emerso e viene confermato anche in questa indagine che la ’ndrangheta si avvale di alcuni hacker, ad esempio per svuotare i conti correnti dormienti, così come utilizza criptovalute per acquistare partite di droga e applicazioni di messaggistica istantanea per comunicare in modo sempre più sicuro. Le prima avvisaglie erano emerse in una indagine denominata Bruno e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Anche in quell’occasione c’erano degli hacker utilizzati per drenare denaro attraverso una serie di frodi online».

Antonio Valerio, collaboratore di giustizia della cosca Grande Aracri, ha parlato di varie truffe in attività bancarie realizzate con la complicità di direttori di banca: dalla estrapolazione di danaro da conti cosiddetti dormienti, sino all’ottenimento di sconti e castelletti bancari con assegni falsi, che vengono liquidati dai direttori di banca, eludendo ogni tipo di controllo. Ma ha anche fatto riferimento alle piattaforme clandestine di trading, di cosa si tratta?

«Sappiamo che ci sono delle piattaforme che acquisiscono i crediti che le aziende hanno nei confronti della pubblica amministrazione. Li acquisiscono e poi usano quei soldi per fare investimenti. In questo modo le mafie diventano creditrici nei confronti degli Stati».

E qui si spiega l’intercettazione nella quale il boss di Cutro Nicolino Grande Aracri si vanta di essere diventato un creditore degli Stati. Sempre Valerio, ha fornito uno spaccato della connivenza tra ’ndrangheta e colletti bianchi. Ha detto che spesso i direttori bancari rischiano il licenziamento, ma è anche vero che l’alta remunerazione di queste operazioni fa in modo che il direttore trovi conveniente più essere licenziato che perdere il guadagno. Insomma, le mafie non fanno fatica ad avvalersi di consulenti e professionisti di alto livello per i loro affari.

«Sa, quando si hanno ingenti disponibilità economiche non è un problema trovare ingegneri informatici o consulenti disposti a darti una mano. Nicolino Grande Aracri è anche un sanguinario, ma ha frequentato gente che sa districarsi bene nella finanza creativa. Come insegnano le vicende calcistiche di questi mesi, se sei l’Arabia Saudita ti puoi comprare anche i migliori calciatori europei. La ’ndrangheta lo fa da tempo, grazie alla sua capacità di trovare sponde anche nel mondo politico, istituzionale, economico, finanziario e soprattutto professionale».

Il collaboratore di giustizia Paolo Signifredi, contabile della cosca Grande Aracri, ha fatto rivelazioni sulle piattaforme finanziarie, l’utilizzo di hacker per modificare la messaggistica bancaria e la capacità di aprire linee di credito grazie alla complicità di direttore di banca, a Parma come in Germania. Non passa giorno senza che a Reggio Emilia si scriva di qualche forma di frode realizzata online o mediante l’utilizzo di internet. Le mafie non sono da meno e sembrano molto a loro agio negli spazi digitali.

«Già indagini precedenti a questa di cui stiamo parlando dimostravano che la criminalità organizzata sta sfruttando le possibilità offerte dagli spazi digitali. Quello che prima si faceva soltanto con crimini violenti, ad esempio le estorsioni, ora si fa anche con le frodi informatiche. Ad esempio, la mafia crea false fidejussioni, per cederle a società che ne hanno bisogno o per garantirsi linee di credito. Online è persino facile creare una vera e propria banca. Ci sono istituti di credito che vengono creati online per riciclare denaro e poi smantellate nel giro di poche settimane, soprattutto quando poi bisogna far riemergere il denaro investito in criptovalute e in altri marchingegni finanziari. Nell’indagine Glicine si parla di un indagato tedesco che aveva creato una vera e propria banca. Insomma, è una mafia che utilizza modalità ibride d’azione, che opera sia online e offline. Come succede spesso, le mafie che non si adeguano ai cambiamenti rischiano di sparire. È una sorta di darwinismo criminale».

Queste enorme mole di denaro poi rientra nell’economia sana senza grosse difficoltà...

«Le faccio un esempio, si stima che è possibile sequestrare il 10-15% della droga immessa sul mercato ma solo l’1% del denaro riciclato dalle mafie. Dunque, vuol dire che questa enorme mole di denaro non incontra molte resistenze. Le mafie vanno ad investire nei paesi dove le legislazioni sono meno affliggenti. Come in una serie di vasi comunicanti, l’acqua scorre dove non incontra ostacoli. Purtroppo, la ’ndrangheta è diventata una componente strutturale del capitalismo e i suoi proventi entrano con una facilità impressionante nell’economia legale. In Italia si fa molto per combattere il riciclaggio di denaro. In tanti altri paesi, poco o niente. L’esperienza ICAN (International Cooperation Against 'Ndrangheta), fortemente voluta dal prefetto Rizzi, vicecapo vicario della Polizia di Stato, insegna che i risultati sono sempre frutto di collaborazioni investigative. Bisognerebbe capire che problemi globali richiedono interventi globali».

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