Guastalla Estorsione al parroco «Si è trattato di un equivoco»
Dal giudice si difende l’uomo accusato di aver chiesto soldi dietro minacce
Serena Arbizzi
Guastalla «Si è trattato di un equivoco, non è un’estorsione».
Sono queste le dichiarazioni che ha fornito al giudice il 35enne accusato di estorsione nei confronti del parroco e del diacono di una parrocchia del territorio di Guastalla. Ieri mattina, davanti al giudice Luca Ramponi, il 35enne, assistito dall’avvocato Marco Fantini, è stato sottoposto all’interrogatorio di garanzia. Se, inizialmente, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere, in un secondo momento ha deciso di rendere delle dichiarazioni spontanee per spiegare al giudice che quella che è stata considerata un’estorsione, a fronte di pesanti minacce, in realtà sarebbe stata un qui pro quo.
I fatti, secondo l’accusa, si sarebbero verificati da ottobre fino allo scorso luglio nei confronti del parroco e del diacono. Le richieste di denaro sarebbero state di somme che vanno dai 20 ai 50 euro alla volta per un totale di 2.500 euro. La richiesta di denaro è durata finché il parroco non si è stancato di ricevere le visite del 35enne in canonica.
Dopo la deposizione di parroco e diacono e in seguito alle indagini svolte dai carabinieri del nucleo operativo radiomobile di Guastalla è stato possibile ricostruire la presunta estorsione che ormai avveniva da mesi. Alla fine delle indagini, i carabinieri della Compagnia di Guastalla hanno provveduto a denunciare il 35enne, residente nella Bassa, per minacce ed estorsione. In più, a carico dell’uomo è stato emesso un divieto di avvicinamento al parroco e al diacono. In particolare, il 35enne non può avvicinarsi all’abitazione e al luogo di lavoro mantenendo una distanza di due chilometri. La misura include anche il divieto di comunicare in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo con le persone offese, oltre a l divieto di dimora in provincia di Reggio Emilia.
«Aprimi, don, dammi i soldi che è meglio. Se non mi dai i soldi faccio male al don«, oppure «vi brucio la macchina«: queste le frasi che il 35enne ha rivolto a prete e diacono. Secondo la difesa, invece, non c’era volontà di minacciare e l’uomo, in difficoltà economiche perché disoccupato, avrebbe chiesto denaro perché in una situazione di grave indigenza.