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Reggio Emilia

Il sindaco: "È inaccettabile che il Governo lasci soli i territori a gestire l’emergenza"

Luca Vecchi

Il primo cittadino: "Reggio è vicina al limite della sostenibilità"

14 agosto 2023
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Gli anni recenti ci hanno costretto a misurarci quotidianamente con l’emergenza. Fenomeni emergenziali come il Covid, la guerra in Ucraina, gli effetti quotidiani del cambiamento climatico. L’emergenza scrive quotidianamente l’agenda delle città. Emergenze, vissute come fenomeni imprevisti e complessi, descritti come tali senza rendersi conto, più o meno consapevolmente, del loro costante carattere strutturale. L’emergenza migranti sta tutta dentro a questa dimensione.

Da oltre dieci anni vissuta come fenomeno emergenziale, in realtà, ormai, è un contesto strutturale delle società contemporanee che i governi si ostinano a non affrontare in una logica di programmazione. È la metafora “dell’elefante in cucina”. Presto o tardi devi prenderne atto. Gran parte dei media nazionali non ne parlano se non marginalmente. Quasi che la teoria degli invisibili sia l’unico modo per rendere socialmente sostenibile la loro gestione. Invisibili all’arrivo nelle nostre coste, a Lampedusa e nei porti del Mediterraneo, salvo che qualche barchino non naufraghi e ci si trovi costretti a documentare alcune decine di morti. Invisibili il più possibile nei tanti trasferimenti quotidiani per gestire l’accoglienza nelle regioni italiane.

Gli invisibili

Spesso accolti in soluzioni precarie, in container o tendopoli, organizzate per necessità. Invisibili nelle città, che ogni giorno se ne fanno carico, fino a quando qualche grave reato, qualche episodio di cronaca nera, scateni quella incontrollata e comprensibile reazione che antepone a tutto il tema della sicurezza urbana, che rimuove la complessità, che toglie attenzione pubblica alla giusta rappresentazione delle cause e degli effetti.

Abbiamo dedicato tutto il mese di luglio e agosto per gestire arrivi senza precedenti con preavvisi talvolta di poche ore. A Reggio come in tutti i comuni italiani. È del tutto inaccettabile lo stile di un Governo che ha ormai dimostrato, in diversi contesti, l’assoluta insensibilità istituzionale verso i territori, una visione centralista che esclude ogni serio dialogo istituzionale con i comuni. Lo smantellamento del reddito di cittadinanza via sms, l’idea di tagliare 16 miliardi di Pnrr, il pasticcio nella gestione dell’emergenza in Romagna e il sistematico tentativo di oscurare nell’invisibilità il dramma umano e sociale dei migranti, scaricandone la totale responsabilità sui comuni italiani.

Sistema unico in Italia

In questi anni, insieme a tutti i comuni della provincia, con il ruolo costante della prefettura, con un investimento encomiabile di una parte del nostro sistema cooperativo, Reggio Emilia ha messo a punto un sistema unico in Italia, un sistema di accoglienza diffusa, che ha evitato container e tendopoli, che ha voluto accogliere in condizioni residenziali adeguate e ha provato ad avviare percorsi di alfabetizzazione della lingua italiana e di integrazione sociale. Diverse migliaia di migranti hanno avuto a Reggio questa accoglienza. Molti di loro hanno avuto un’opportunità, hanno saputo coglierla, hanno trovato nella nostra comunità un’autentica salvezza.

Arrivano in condizioni umane e igienico sanitarie devastate. “Presi in carico” dallo Stato che in massimo 48 ore ne stabilisce il riparto matematico nelle regioni italiane. È questo il tempo di preparazione, quel frangente temporale in cui vieni avvertito, che domani ne arriveranno 12, poi 10, 14 e così via ogni giorno, ogni estate. Un paio di infradito, una maglietta e un paio di pantaloncini corti. Nient’altro. A volte sono donne in gravidanza, altre sono minori non accompagnati. Scaricati sulle spalle delle città come pacchi. Ma sono persone. Hanno avuto la sfortuna di nascere “dalla parte sbagliata del Mediterraneo”.

Spot elettorali

La campagna elettorale dello scorso anno annunciò lo slogan dello stop agli sbarchi. In un anno sono triplicati, a dimostrazione che non fermi il mare della disperazione con due slogan elettorali. Le città, talvolta anche le aree interne, diventano la frontiera tra il bisogno di continuare ad affermare in senso universale un principio di dignità umana e le tentazioni irrazionali a imporre una “cultura dello scarto per respingere i più fragili” come ci ha chiaramente ricordato Papa Francesco. Il luogo in cui inclusione e sicurezza urbana appaiono come forze in conflitto e invece altro non sono che due facce della stessa medaglia. Una città più aperta, inclusiva è anche una città più sicura.

La trasformazione

Abbiamo assistito negli ultimi trent’anni alla trasformazione socioeconomica di una città che priva di immigrazione esterna si trova oggi ad avere oltre 25.000 residenti, riconducibili a oltre 120 nazionalità. In vent’anni abbiamo riconosciuto oltre 12.000 nuove cittadinanze. Il dialogo interculturale e interreligioso è diventato un agire quotidiano, una sfida in cui la città si è misurata con la diversità come condizione per costruire una più avanzata convivenza civile. L’immigrazione è indubbiamente generatrice di problemi inediti e talvolta complessi ma sarebbe intellettualmente disonesto non riconoscere il contributo al nostro sistema produttivo, alla ricchezza economica e sociale di questi territori, portato dai tanti migranti. Il nord produttivo, la parte del Paese economicamente più dinamica e innovativa avrebbe bisogno di una più coraggiosa programmazione dei flussi. Avrebbe bisogno, come ci ricordava David Sassoli, di “saggezza e audacia”.

Regolare e programmare l’ingresso aiuterebbe l’economia ma soprattutto aiuterebbe anche la sicurezza delle nostre città. Perché è indubbio che educazione, formazione e lavoro siano da sempre i più potenti motori di qualsiasi processo di inclusione e integrazione. Questo è anche il pensiero che tanti illuminati imprenditori avvertono consapevolmente e mi testimoniano ogni giorno. L’assenza di una strategia nazionale rende le città la “discarica dei grandi problemi globali” e i sindaci, le istituzioni sul territorio, il terzo settore diventano l’unico vero avamposto chiamato ad occuparsene. Libertà e sicurezza, solidarietà e legalità sono valori fondamentali della convivenza civile, della qualità della vita, ma sono anche i principi da cui non può prescindere la gestione di una delle più grandi complessità urbane e umane del nostro tempo.

I ragazzi soli

Si sente spesso parlare di “minori, stranieri, non accompagnati”. Riclassificati per legge dallo Stato in questa categoria lessicale. Sono ragazzi che arrivano soli. I comuni sono obbligati a prendersene carico fino alla maggiore età. I sindaci ne diventano sostanzialmente i tutori legali. Il Comune di Reggio ne ha in carico più di 200. Un costo di gestione di 3.000 euro al mese a testa. Alcuni milioni di euro all’anno che il Governo fatica a rimborsare e che gravano sulle spalle dei bilanci comunali. Siamo arrivati in queste settimane molto vicino al limite della sostenibilità. Ma non vogliamo ripiegare su container, tendopoli o soluzioni prive di condizioni minimali di rispetto della dignità della persona.

Per questo nei prossimi giorni attrezzeremo alcuni spazi di primissima accoglienza, luoghi di transito temporaneo, destinati ad accogliere in attesa di una soluzione residenziale più stabile e adeguata. Ringrazio la prefettura, la disponibilità della Croce Rossa, la Diocesi, e ancora una volta quel tessuto di cooperatori sociali che insieme a noi e all’intera comunità ha gestito questi anni la prima linea dell’accoglienza.

Una comunità si riconosce come tale quando la convivenza quotidiana viene ispirata e guidata da una gerarchia di valori, quando un’idea di cittadinanza non si ferma all’Io ma sa essere parte di un grande Noi, quando difronte ai grandi temi della contemporaneità si trova la forza per affrontarli di petto, in modo trasparente e partecipato, misurando ogni giorno la coerenza tra valori e soluzioni. l

Luca Vecchi