Gazzetta di Reggio

Reggio

Il contenzioso

Polizia locale: via libera per il nuovo comando in zona stazione

Ambra Prati
Polizia locale: via libera per il nuovo comando in zona stazione

Il Consiglio di Stato dà ragione al Comune e respinge il ricorso dell’azienda esclusa dalla gara pubblica

27 agosto 2023
3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Il Consiglio di Stato ha messo fine al contenzioso sull’affidamento dei lavori del nuovo comando di polizia locale in viale IV Novembre. I giudici romani della Sezione Quinta hanno respinto il ricorso della Falco Group Srl, che già aveva perso al Tar di Parma, confermando il corretto operato del Comune di Reggio Emilia che ha aggiudicato la gara alla Rti capitanata da Eatec (Azimut Lavori di La Spina Concetto & C. Sas in qualità di mandante). Si tratta del via libera definitivo, dopo quasi tre anni di battaglia legale senza quartiere. Quest’ultimo passo consentirà all’amministrazione comunale di far partire i lavori, finalizzati alla sospirata riqualificazione di una delle zone più degradate della città, la stazione ferroviaria, che avrà nel nuovo comando e negli uffici aperti al pubblico un presidio fisso.

Il nuovo comando di polizia locale, che sostituirà quello ormai angusto di via Brigata Reggio, è un’opera che comporta un investimento di circa 7 milioni di euro, dei quali 5,5 finanziati dal Comune e 1,5 dalla Regione Emilia-Romagna. Il progetto è stato presentato dal Comune di Reggio Emilia nel giugno 2020, quando è stata additata per la posa della prima pietra il settembre 2022; ma la pioggia di ricorsi ha fatto rallentare e slittare la road map, dando la stura a una duplice, lunga e travagliata battaglia a suon di carte bollate.

Il contenzioso legale si è snodato su due filoni principali: prima l’opposizione della famiglia Fornaciari, proprietaria dell’ex Enocianina (la fabbrica dismessa che sarà rasa al suolo per far sorgere il comando), che ha impugnato i due decreti di esproprio presentando una decina di ricorsi, tutti vinti dal Comune; poi il ricorso della Falco Group Srl, l’azienda perdente della gara, che si è rivolta al Tar in prima istanza e al Consiglio di Stato in seconda istanza. Ora la sentenza, pubblicata due giorni fa, dal Consiglio di Stato ha messo un punto fermo sulla vicenda.

La Falco aveva impugnato l’esito della procedura di gara sulla “Costruzione della nuova sede della polizia municipale in viale Iv Novembre - Area ex Enocianina”, scaduto il 7 luglio dell’anno scorso. La Falco contestava l’intera gara, avvenuta secondo il principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenendola «ingiusta e illegittima»: il ricorrente aveva elencato oltre una quindicina di presunte irregolarità, tra le quali «l’eccesso di potere» e «la falsa applicazione del codice degli appalti». Il responso dei giudici, in punta di diritto, è stato molto tecnico.

«Se è assodato che il giudice ha pieno accesso al fatto, occorre aggiungere che l’accesso al fatto non può consentire la sostituzione del giudice alla pubblica amministrazione nelle valutazioni ad essa riservate». Al giudice è consentita «la sola verifica di ragionevolezza, coerenza e attendibilità delle scelte» compiute dall’amministrazione; «dinanzi a una valutazione tecnica complessa il giudice può pertanto ripercorrere il ragionamento seguito dall’amministrazione al fine di verificare in modo puntuale, anche in riferimento alla regola tecnica adottata, la ragionevolezza, la logicità, la coerenza dell’iter logico seguito dall’autorità, senza però potervi sostituire un sistema valutativo differente».

Questa la premessa del Consiglio di Stato (che può giudicare sulle procedure, ma non entra nel merito), secondo il quale «il giudice di prime cure risulta aver fatto buon governo di tali principi, posto che nelle valutazioni dell’amministrazione non è dato rinvenire alcuna illogicità. La commissione giudicatrice ha potuto agevolmente accertare la rispondenza della documentazione prodotta in gara dal raggruppamento aggiudicatario». In conclusione «la legittimità degli atti impugnati esclude la fondatezza delle domande risarcitorie proposte in prime cure (cioè al Tar) e riproposte in sede di appello. L’appello pertanto va respinto». È confermata «la sentenza del Tar per l’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, n. 46/2023». l

© RIPRODUZIONE RISERVATA