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Zona teatri, i residenti non mollano: «Prima la vivibilità, poi la movida»

Zona teatri, i residenti non mollano: «Prima la vivibilità, poi la movida»

Non accenna a placarsi la polemica sulla sicurezza in centro storico a Reggio Emilia, sollevata da un gruppo di cittadini

31 agosto 2023
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Reggio Emilia «È vero la sicurezza non è di sua competenza, ma, ancora una volta, riteniamo non si possano chiudere gli occhi quando si organizzano iniziative, senza tenere conto del contesto, di quello che viene prima e di quello che succede dopo. E il nostro appello non era rivolto a lei direttamente, ma a tutti coloro che dovrebbero assicurare agli abitanti la sicurezza e la vivibilità della nostra città». Non accenna a placarsi la polemica sulla sicurezza in centro storico, sollevata da un gruppo di cittadini della zona dei teatri.

Una questione avviata con una prima lettera, nella quale i residenti lamentavano come l’organizzazione di dj set ed eventi comportasse come conseguenza un bivacco incontrollato fino a notte fonda, parlando apertamente di una «movida forzata» e sottolineando situazioni di mancata integrazione: «Ragazzi stranieri che, non sapendo dove andare o cosa fare, girano con sacchetti di bottiglie, bevono, urlano, ascoltano musica a tutto volume, fumano crack o altro. Poi le bottiglie le lanciano, sempre più spesso scoppiano delle risse. A volte si organizzano in piccoli gruppi e tentano di rubare una moto, come è successo in via San Rocco».

Parole alle quali era arriva la replica dell’assessore al centro storico, Mariafrancesca Sidoli, per la quale in tema di pubblica sicurezza «entriamo in una sfera di competenza altrui». Sidoli ha aperto al dialogo, ma nello stesso tempo ha difeso l’organizzazione degli eventi: «Proporre spettacoli e concerti è piacevole ma deve andare di pari passo con alcuni accorgimenti, come per esempio spegnere la musica entro la mezzanotte. Siamo disponibili al dialogo, ma il fatto che si contesti la movida ci fa pensare che quella zona sia viva».

Dichiarazioni che non sono andate giù ai promotori della lettera: «Ci spiace non sia stato colto il focus del nostro appello – scrivono – Non si tratta “dell’eterno dibattito tra la volontà della cittadinanza di divertirsi e l'arrabbiatura da parte dei residenti”. Abbiamo semplicemente riportato l'esperienza quotidiana di chi in zona teatri ci vive ogni giorno. Abbiamo voluto raccontare cosa succede».

Per i promotori, «riportare in sicurezza la zona viene ovviamente prima della proposta culturale che qui viene fatta. Si tratta di uno sguardo di insieme, di riportare il centro storico tra le priorità. E comunque, ci spiace doverlo ribadire, la nostra esperienza ci dice chiaramente che gli eventi non sono un presidio. È bene farli, soprattutto se sono di livello e stimolano la partecipazione e l’aggregazione, ma non sono un presidio». Quindi alcune domande: «Cosa s’intende per presidio? Che durante gli eventi spaccio e ubriachezza spariscono? Che i furti, le risse, i lanci di bottiglie, i combattimenti con i cani improvvisamente smettono? Si spostano appena più in là e in ogni caso ci sono prima e proseguono dopo. Significa che durante gli eventi l’unica musica che si sente è quella dei food truck o dei dj set? Forse. Ma, come si diceva, appena si spengono gli altoparlanti comincia la “movida della piazza” e, di fatto, peggiora decisamente».

La nuova lettera prosegue, sottolineando l’aspetto considerato più importante: «Si è voluto richiamare l'attenzione su una parte di centro, quella a sud, che sembra abbandonata dalle istituzioni, lasciata andare. Il problema reale non sono gli eventi, quanti o come. Bisognerebbe “fare qualcosa” per riportare il tessuto urbano ad essere fruibile per tutti con serenità tutti i giorni, di giorno e di notte». Quindi la richiesta di un presidio vero: «Presidio sarebbe, ad esempio, mettere un punto di ritrovo fisso al Parco del Popolo, magari gestito da giovani universitari (progetto di cui si era sentito parlare, mai decollato), o in ogni caso fare in modo che le persone lo frequentino quotidianamente senza timore di pestare sopra una siringa o di essere circondati e minacciati da un gruppo di ragazzi ubriachi. Sarebbe far girare a piedi le forze dell’ordine, sarebbe far rispettare le regole, che già ci sono, che impediscono l’ubriachezza molesta, i bivacchi su suolo pubblico e di “sedersi o sdraiarsi nelle strade, nelle piazze, nei giardini, sui marciapiedi, sotto i portici o in altri luoghi pubblici e ad uso pubblico”. E ancora. Nei luoghi pubblici o frequentati dal pubblico è vietato “recare disturbo con grida e schiamazzi, con l’utilizzo di radio ed apparecchi di riproduzione sonora ad alto volume o con quant’altro rechi molestia agli abitanti, ai passanti e alle attività in genere”». Quindi l’affondo sulla prevenzione: «Prevenzione sarebbe incentivare l'integrazione, favorire i percorsi di accesso al lavoro, proporre iniziative, di aggregazione, di sport, di spettacolo, anche, perché no, coinvolgendo i ragazzi stranieri che frequentano le piazze. Ne siamo consapevoli, non è facile. La legge in materia è in realtà un vero ostacolo, ma forse qualche progetto mirato potrebbe aiutare. Sarebbe intravedere che si recuperano amore e rispetto per Reggio e la si vuole far tornare ad essere una città bella in cui vivere». 

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