Gazzetta di Reggio

Reggio

Diritti umani e solidarietà

Vecchi: «Nella città dell’accoglienza Emergency deve sentirsi a casa»

Chiara Cabassa
Vecchi: «Nella città dell’accoglienza Emergency deve sentirsi a casa»

Il sindaco rivendica un sistema di valori che ha fatto di Reggio Emilia una terra solidale: «Qui vale un principio: guardare il mondo a partire dagli occhi dei più deboli»

02 settembre 2023
5 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia «Io non rinuncio a rivendicare la storia, anche antropologica, di una “città dell’accoglienza”. Perché questa è la storia di Reggio Emilia da Marco Emilio Lepido in poi». Così il sindaco Luca Vecchi nella giornata di apertura del festival di Emergency che, per il terzo anno consecutivo, animerà vie e piazze cittadine fino a domani sera.

Tre anni di Emergency a Reggio Emilia. Al centro la pace, la solidarietà, il rispetto dei diritti umani. Qual è il filo rosso che unisce la nostra città all’associazione fondata da Gino Strada?

«Tre anni fa ci incontrammo e devo dire, dopo varie edizioni, abbiamo consolidato un’intesa e una collaborazione magiche. Credo che al di là di tutto Reggio Emilia abbia saputo accogliere Emergency condividendone lo spirito della sua missione globale che è coerente con la spirito e i valori della nostra città. A Reggio vale un principio: guardare il mondo a partire dagli occhi dei più deboli con l’intenzione di non lasciare mai indietro nessuno. Reggio è una città ad alta densità umana e questo sistema di valori è ciò che non ci ha mai impedito di essere una terra di accoglienza, di solidarietà ma anche e soprattutto una terra di innovazione. Emergency qui deve sentirsi a casa. Questo è ciò in cui abbiamo creduto. La decisione di Emergency di rinnovare l’intesa per altri anni è un risultato di cui andiamo molto orgogliosi che andrà oltre il nostro stesso mandato amministrativo».

Quest’anno il fulcro è rappresentato dal tema del confine nelle sue molteplici declinazioni. Ma quanti confini sono ancora da superare? E soprattutto come?

«Nel mondo ogni giorno c’è chi alza muri e traccia confini come opportunità di divisione, di difesa e di contrapposizione. E poi c’è chi pur avendo una terra d’origine, una famiglia una identità propria non rinuncia all’idea di sentirsi cittadino del mondo e considera un valore misurarsi con la diversità culturale, religiosa, sociale come elemento di arricchimento della civile convivenza. Reggio ha 172.000 residenti, 25.000 di origine straniera, riconducibili a 120 nazionalità. In vent’anni abbiamo riconosciuto più di 12.000 cittadinanze. Negli ultimi 20 anni potevamo esplodere invece non abbiamo avuto paura di misurarci con la diversità, di lavorare ad una città del dialogo interculturale come peraltro anche l’unione europea ci ha recentemente riconosciuti come modello di integrazione e riconoscimento dei diritti delle persone. Reggio Emilia ha trovato in questo modo, insieme al suo dinamismo economico e occupazionale, ai sui servizi, la via per diventare una città sempre più aperta, europea e capace di misurarsi con i grandi temi della contemporaneità. Certo non è stato facile, e in una certa misura questo cammino nella complessità è ancora in corso. Ma lo abbiamo percorso con la determinazione di chi sentiva di avere un progetto, una visione e un orizzonte a cui tendere per la propria comunità».

Il Festival arriva a Reggio in un momento in cui il tema dei migranti è di scottante attualità. Reggio sta facendo la sua parte. Ma fino a che punto sono sostenibili le nuove direttive?

«Il pasticcio del governo nella gestione dell’emergenza è davanti agli occhi di tutti gli italiani. Il paradosso di uno Stato che scarica persone disperate sulle spalle dei sindaci e delle città. Io non rinuncio a rivendicare la storia di una “città dell’accoglienza”. Ma dobbiamo dirci con chiarezza una cosa. Accoglienza, integrazione e sicurezza urbana sono facce della stessa medaglia, sono valori che coesistono in modo complementare. Se si rompe questo equilibrio si rompe l’equilibrio democratico. Per anni si è detto che la sinistra era per l’accoglienza e la destra per il rigore e la sicurezza. Oggi dopo aver annunciato lo stop agli sbarchi, in un anno hanno registrato il triplo degli arrivi a Lampedusa, a dimostrazione che non fermi la disperazione con uno slogan. È il momento di una nuova strategia, di una nuova consapevolezza, accoglienza e sicurezza come parte di una stessa strategia. Servono più risorse per consentire la gestione di uno dei problemi umani più complessi del nostro tempo. Aggiungo, il mondo economico chiede manodopera. Va sbloccata la programmazione dei flussi regolari in Italia. È evidente che lavoro e formazione sono la via più rapida all’integrazione. Più integrazione significa meno barconi, più legalità, ma anche comunità più coese e sicure. Noi abbiamo fatto la nostra parte, perché la dignità delle persone viene prima di tutto, ed io ho visto con i miei occhi la condizione di quelle persone. Ma ho il dovere di dire che la sicurezza dei miei cittadini è prioritaria e il governo sta scaricando sulle città in modo irresponsabile questa situazione».

La mostra sulla Life Support al Palazzo dei Musei è uno dei valori aggiunti di questa edizione. Cosa ci insegna?

«La mostra è straordinaria e invito tutti a visitarla perché aiuta ognuno di noi nel riflettere su questo dramma. Dopo averla vista ho avvertito un senso di angoscia e francamente la consapevolezza di aver avuto la fortuna di nascere dalla parte “giusta del Mediterraneo”. È una mostra di grande contenuti culturale e più in generale lo è tutto il festival».

Come cambia la città quando arrivano eventi come questo festival?

«Emergency è uno solo dei tanti eventi che hanno arricchito l’estate reggiana e proseguiranno in tutto il mese di settembre. Ringrazio i tanti commercianti che hanno collaborato e osservo che queste azioni riempiono alberghi e ristoranti, aumentano l’attrattività della città e valorizzano il centro storico». l