Gazzetta di Reggio

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L’inchiesta

Mascherine, per i sei indagati chiesto il rinvio a giudizio

Ambra Prati
Mascherine, per i sei indagati chiesto il rinvio a giudizio

Truffa all’Ausl: l’udienza preliminare fissata per il 27 novembre

05 ottobre 2023
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Reggio Emilia Mascherine e camici importati dall’estero che, secondo l’accusa, non erano conformi e non avevano nulla a che fare con i dispositivi di protezione individuale. È stato chiesto il rinvio a giudizio per tutti e sei gli indagati dell’inchiesta “The Mask”: il trentino Paolo Paris, 63 anni (avvocato difensore Massimo Amadori di Trento); Lorenzo Scarfone, 66 anni di Poviglio (avvocato Enrico Fontana di Modena); Giovanni Morini, 63 anni (avvocato Alessandro Sivelli di Modena); Pietro Ragni, 66 anni (avvocato Alessandro Nizzoli), e i due intermediari all’estero Robert Claude Birnbaum, 73enne francese (avvocato Carmine Foreste di Napoli) e Isabel Martinez Sabal, 57enne spagnola (avvocato Matteo Marchesini).

Gli imputati con i rispettivi legali – oltre alla parte offesa, l’Ausl di Reggio, che secondo l’accusa ha riportato un danno di 4,7 milioni di euro – dovranno comparire il 27 novembre prossimo davanti al gup Luca Ramponi per l’udienza preliminare; i due imprenditori ritenuti figure chiave, Paris e Scarfone, agli arresti domiciliari, potranno presenziare senza scorta. La richiesta di rinvio a giudizio è stata uno degli ultimi atti firmati dal pm Marco Marano, ora trasferito; il fascicolo sarà ereditato da un altro pm.

L’operazione “The Mask” della guardia di finanza, nata in pieno periodo Covid quando tutti gli enti pubblici erano alla ricerca di mascherine introvabili, riguarda fatti accaduti tra marzo e settembre 2020, ma è emersa nel marzo 2021, quando i finanzieri si sono recati a prelevare documentazione negli uffici della direzione Ausl. Un mese dopo è scattato il sequestro di più di 4 milioni di mascherine, per un valore di 5 milioni e 600mila euro.

Nel mirino delle Fiamme Gialle è finito un maxi appalto del periodo pandemico, quando diversi imprenditori, fiutando l’affare, si sono improvvisati fornitori.

Tutto nasce quando Pietro Ragni – ai tempi risk manager dell’Ausl di Reggio Emilia e componente del gruppo “Unità di crisi coronavirus”, adesso in pensione ma tuttora vicepresidente dell’Ordine dei Medici – presenta Paris e Scarfone come possibili fornitori dei dispositivi: sia per l’approvvigionamento delle mascherine all’Ausl, sia per una fornitura di mascherine e camici pagati 40mila euro dall’Ordine dei medici.

Ragni è accusato di un solo reato, corruzione, poiché secondo l’accusa «garantiva l’affidabilità personale e professionale» dei due «senza verificare e, una volta aggiudicati questi contratti, ne difendeva l’operato (diffondendo false informazioni) sia con i colleghi sia con la stampa, pur essendo a conoscenza dei gravi inadempimenti contrattuali».

L’ipotesi è che Ragni «indebitamente riceveva per sé utilità (o comunque la promessa) da parte di Paris e Scarfone»; il prezzo della presunta corruzione sarebbe stata «una bicicletta elettrica» mentre avrebbe partecipato a incontri per «l’accrescimento del suo prestigio professionale e scientifico».

I presunti corruttori sarebbero i due imprenditori, sui quali pendono la maggior parte dei reati in concorso: frode aggravata (l’aggravante consiste nel pubblico pericolo) nelle pubbliche forniture, truffa, emissione di fatture false, dichiarazione fraudolenta e autoriciclaggio continuato. Frode (in concorso con i due intermediari esteri) nella vendita di «quattro milioni di mascherine e un milione di camici» perché «nella consapevolezza, sin dalle trattative, che la documentazione e la certificazione fosse inadeguata, comunque le cedevano all’Ausl di Reggio Emilia in esecuzione frodatoria dei contratti di fornitura pubblica»; stessa consapevolezza per Morini che, all’epoca responsabile dell’Ausl, «negava criticità a lui evidenti e ometteva i controlli sulla merce pervenuta, limitandosi a sollevare contestazioni solo a fronte di mascherine la cui scatola riportava il “divieto di utilizzo in ambito sanitario”». Il che era decisamente troppo.

Sulla truffa Paris, Scarfone e gli intermediari esteri dimostrano una certa inventiva: poiché i dispositivi erano privi del logo CE di legge «si procuravano 13mila marchi CE autoadesivi contraffatti (commissionati a una litografia da Scarfone)» e presentavano a Morini «documentazione fasulla su carta intestata dell’Ausl circa la qualità e l’importanza per lo Stato» della merce «utilizzando false missive in realtà provenienti dal Dipartimento di Protezione Civile per differenti importazioni di dispositivi medici dalla Cina». Che fine fecero i 5.231.038 euro incassati (la merce valeva la metà, 2,6 milioni di euro)? Paris e Scarfone, «immediatamente dopo aver ricevuto i bonifici dell’Ausl», li trasferivano e «li reimpiegavano nell’acquisto di ulteriore materiale sanitario emergenziale». l

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