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L’impresa

«Vedere il mondo da ottomila metri: ho realizzato il mio grande sogno»

Wainer Magnani
«Vedere il mondo da ottomila metri: ho realizzato il mio grande sogno»

Il docente Omar Bartoli racconta la sua scalata al massiccio del Manaslu

09 ottobre 2023
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Reggio Emilia «Fin da ragazzino ho cullato il sogno di vedere il mondo da ottomila metri». Omar Bartoli, 40 anni, reggiano, docente universitario di geologia a Padova, ha quasi coronato il suo sogno ma si è dovuto fermare cinquecento metri prima di arrivare alla cima del massiccio montuoso del Manaslu, a ottomila metri, in Nepal. Cosa è successo?

«Volevo salire da solo, senza l’aiuto di bombole o di accompagnatori. Avrei voluto scattare quella foto e tutto è filato liscio, a parte gli ultimi due giorni. Per due volte ci ho provato. La prima volta sono arrivato a campo 3, a settemila metri, ma sentivo le mani congelarsi e senza sacco a pelo non ho dormito tutta notte. La seconda volta sono arrivato a 7.500 metri ma ero esausto e sentivo molto freddo ai piedi, temevo di perdere la sensibilità agli arti e ho dovuto rinunciare».

Rimangono l’amarezza per non aver raggiunto la vetta e la soddisfazione per una grande esperienza?

«È stata una vera avventura e ho conosciuto persone meravigliose. Quando sono partito da casa, senza bombole, sapevo che la possibilità di arrivare in vetta si erano ridotte al 10% ma volevo provare, consapevole di non voler rischiare la vita. A mia moglie Bruna avevo promesso di tornare a casa».

Quando ha deciso di rinunciare si è fatto prendere dalla commozione...

«Volevo realizzare il mio sogno, cercavo un’avventura con la montagna. Ho fatto tanti sacrifici ma è stata un’esperienza unica, che mi ha arricchito. Non ho rinunciato ai miei principi».

Se avesse usato le bombole sarebbe arrivato in cima?

«Con l’ossigeno la vetta si abbassa di molto ma ho una mia etica che ho rispettato».

Ha dei rimpianti?

«Solitamente è una montagna dove ci sono sempre bufere di neve ma in questa occasione c’è stato bel tempo per due settimane. Un evento raro, un’occasione che non ho sfruttato».

Ci riproverà?

«È un impegno che richiede mesi e mesi di preparazione».

Quando temeva il congelamento delle mani o dei piedi pensava a sua moglie?

«Sono partito con la promessa che sarei ritornato e sono sempre rimasto lucido: la mia vera vetta era poter riabbracciare Bruna. Ci siamo sentiti sempre, lei e un mio amico mi hanno seguito passo passo».

Quanto tempo è necessario per preparare questa spedizione a ottomila?

«Un anno di allenamenti. Ho iniziato a settembre 2022 a correre per allenare il cuore e prepararmi. Sono originario di Febbio e ho fatto tanta corsa e bicicletta sulle nostre montagne. Lunghissime sezioni in salita. Il vero sacrificio è che da giugno ho detto basta a birre e aperitivi. Un’estate solo ad acqua e sudore».

Qual è la motivazione che spinge un docente universitario a questa avventura?

«Fin da bambino ho scoperto il fascino della montagna e quelle vacanze hanno plasmato la mia vita. Non a caso mi sono laureato in geologia. Ho messo impegno nel lavoro che è poi la mia passione e ho sempre coltivato il mio sogno».

Ha giocato anche a calcio...

«Da ragazzino giocavo nella Bagnolese, fino a 16 anni: poi un incidente ha messo fine alla mia “carriera”. Mio padre è rimasto alla Bagnolese ed è tuttora un dirigente, io resto un appassionato di calcio».

Cosa le hanno detto i suoi amici?

«Mi hanno seguito nei miei racconti e sono stati soddisfatti di ciò che ho fatto e contenti del mio ritorno».

Qual è il messaggio che può trasmettere ai suoi studenti?

«Per me la montagna è fatica e senza non ti senti realizzato. In montagna come nella vita devi faticare se vuoi raggiungere la vetta. È una scuola di vita. Questo mi ha insegnato la montagna».

Ma non è rischioso mettere in gioco la propria vita?

«Certo, ma bisogna accettare il rischio e saperlo gestire. Scalare le grandi montagne offre una sensazione unica. Ci sono momenti in cui sei solo a scegliere cosa fare della tua vita».

Si sente un campione?

«Sono fortunato perché ho potuto inseguire il mio sogno. Non mi sento unico o speciale ma ho imparato che i desideri vanno coltivati».

Occorre anche avere una predisposizione?

«Se lo vuoi veramente, se ci credi, nulla è impossibile».

Tutti possono scalare una montagna così alta?

«Se è il sogno di una vita troveranno il modo di provarci. Certo, occorre essere in rapporto con la montagna ma vale per ogni obiettivo».

In cosa si sente cambiato?

«Adesso apprezzo di più le piccole cose, anche il solo fatto di essere a tornato a casa».

Inizia una nuova vita?

«È una sensazione che non avevo mai provato: la mia vita si è fermata. Ora devo ripartire e mi sento spaesato».

Si sente cambiato anche fisicamente?

«Ho perso sette chili e si vede. L’aspetto che mi piace è che potrò ritornare a mangiare e bere qualche birra. Certo, ora sono più allenato...».

Cosa racconterà in futuro di questa avventura?

«Che ho avuto il coraggio di seguire il mio sogno. Il coraggio di prendere questa decisione non facile. Dire basta e tornare a casa, nonostante un anno di preparazione e tante spese. Fare ritorno a casa è più importante. Dirò di inseguire i sogni ma di tornare alla vita».

A livello economico quanto è costato il suo sogno?

«In tutto 15mila euro, che ho accantonato in tutti questi anni. Non avevo sponsor e devo dire solo grazie a Claudio Salsi del rifugio Monte Orsaro di Villa Minozzo che mi ha supportato con abbigliamento e attrezzature molto valide».

Avrebbe potuto fare un viaggio alle Maldive.

«Per inseguire un sogno sono i soldi meglio spesi».

Scriverà un libro?

«È un’idea ma non lo so, di sicuro farò qualche serata per raccontare questa esperienza. Ho fatto tante foto e filmati ma per il momento mi affido ai miei ricordi, poi vediamo». l