Mamma morta a 29 anni nello schianto. «Dobbiamo essere forti per i ragazzi»
Scandiano Dalla terrazza ai piani superiori fa capolino il viso sorridente di una bambina. I lunghi capelli castani sulle spalle. Saluta allegra. È la figlia di 9 anni di Ana-Maria Botezatu. Ancora non sa della tragedia terribile che è avvenuta.
«Sono forte. Dobbiamo esserlo per i bambini». Parole che escono con le lacrime agli occhi e le mani che cercano l’appoggio sul cancello aperto davanti alla cronista.
Le pronuncia la nonna della bambina, madre di George Rabadan, il 38enne che, al momento dell’incidente costato la vita alla compagna, era alla guida.
Quell’appoggio momentaneo la signora lo trova, si sostiene al cancello, mantenendosi di schiena alla bambina che aspetta diversi metri più in là, ora seduta sui gradini dell’ingresso del palazzo, in un tranquillo quartiere residenziale. Vicino il vociare allegro dei bambini nel parco.
«Erano andati da amici – racconta la donna in un buon italiano e con la voce rotta dal dolore –. Non so cosa sia successo. George ora non c’è. Dall’ospedale è uscito, ma è ancora là. Deve parlare con i carabinieri. Ai bambini qualcosa abbiamo detto, ma non tutto. La piccola ancora si aspetta che la mamma torni. Sobbalza a ogni squillo del cellulare...».
La tragedia si è abbattuta su una famiglia molto legata, unita anche nel cercare di trovare in un paese straniero la possibilità di una vita migliore. «Siamo qui da diversi anni – spiega ancora –. Io e i miei figli con le loro famiglie. Ana e George sono venuti qui insieme, con i bambini».
Botezatu, pur così giovane e con due figli da crescere, si dava un gran da fare, cercando sempre di lavorare. Diverse le esperienze che segnalava nel suo curriculum vitae su Linkedin: cameriera ai piani, a Firenze, quando era appena 18enne; sarta mentre era in Romania, poi dal 2019 in Italia, tra Scandiano e Reggio Emilia, prima come badante e colf a Chiozza, poi operaia metalmeccanica o addetta al confezionamento e alla serigrafia. Una breve esperienza anche alla Landi Renzo.
Infine, racconta la suocera, in questo periodo lavorava come cameriera, in un ristorante del centro scandianese. l
M.F.
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