Gazzetta di Reggio

Reggio

Il cantiere

Un parco archeologico nel futuro giardino del Mire

Martina Riccò
Un parco archeologico nel futuro giardino del Mire

Rimossi gli acquedotti romani nell’area del cantiere del nuovo ospedale. Le operazioni sono iniziate martedì e termineranno in settimana

11 ottobre 2023
4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Nell’area dove sorgerà il nuovo ospedale Maternità infanzia di Reggio Emilia – conosciuto da tutti come Mire – sono stati trovati due acquedotti di epoca romana.

Un tesoro nel tesoro. Perché se rinvenire reperti archeologici all’interno di un cantiere potrebbe infastidire qualcuno (per i tempi che inevitabilmente si allungano e la reale possibilità di dover modificare il piano originario), in quello nel Mire si è subito trovato il modo di valorizzarli. Valorizzando, allo stesso modo, il progetto.

Le strutture rinvenute saranno esposte nel giardino dell’ospedale, che diventerà a tutti gli effetti una sorta di piccolo parco archeologico. Una delle stanze nel piano interrato del Mire, inoltre, verrà allestita con i reperti trovati e usata come sala mostra.

A raccontare le novità, decise in accordo dalla Soprintendenza (che ha il compito di tutelare il patrimonio culturale del territorio) e l’Ausl di Reggio Emilia, è l’ingegnere Tiziano Binini, fondatore e presidente dello studio Binini Partners che si è occupato della progettazione del Mire e ha assunto la direzione dei lavori. «Le indagini eseguite in fase di progettazione – spiega – avevano già fatto emergere che nell’area interessata dal cantiere si trovasse parte di una rete di acquedotti romani. Quando abbiamo avviato i lavori, dunque, abbiamo subito eseguito scavi e rilievi per trovare e riportare alla luce questi manufatti».

L’acquedotto principale, ribattezzato “Alfa” come la prima lettera dell’alfabeto greco, è un’opera di tipo monumentale di 140 metri. Si tratta di una struttura voltata alta quasi 2 metri, larga un metro e mezzo, composta da varie gettate contro terra di conglomerato di scaglie di pietra, frammenti di laterizi, malta e cocciopesto, con canale interno per lo scorrimento delle acque alto un metro e mezzo e largo circa 60 centimetri. L’altro acquedotto, “Beta”, è invece di dimensioni più piccole, realizzato con tubicoli di cotto infilati gli uni dentro gli altri, con un diametro di circa 30 centimetri.

La datazione non è ancora stata accertata, ma si ipotizza che l’infrastruttura sia stata costruita in concomitanza con la piena urbanizzazione di Regium Lepidi, l’antica Reggio Emilia, quando la città, tra il I secolo a.C. e il I d.C., venne dotata di strade urbane lastricate, piazze, fontane pubbliche, terme ed edifici pubblici monumentali.

«Gli acquedotti che abbiamo trovato – afferma Binini – dovrebbero risalire al I o al II secolo d.C. e testimoniano che, già allora, la città era alimentata con l’acqua che proveniva, da est, dal canale di Secchia. Sapevamo che questo era l’assetto nel periodo rinascimentale, come dimostrato chiaramente da mappe del 1600, con l’acqua che da Castellarano scendeva fino a Porta Castello e faceva funzionare i mulini esterni alle città (il canale di Secchia era infatti conosciuto anche come canale dei mulini) e, dentro, le filande, come si può ancora vedere in piazza Fontanesi e via Toschi dove rimangono tracce dei tessitori e artigiani della seta radunati nelle corporazioni degli antichi mestieri».

Gli acquedotti si estendono in diagonale occupando circa metà dell’area su cui sorgerà il Mire: «Per questo, finora, abbiamo potuto lavorare solo nella metà libera da manufatti realizzando le fondamenta», spiega Binini. Martedì è iniziata l’operazione di rimozione dei reperti, che sono stati tagliati, imbracati e trasferiti nel cortile dove poi rimarranno esposti. «Contiamo di terminare questa fase in una settimana, poi ci dedicheremo a realizzare le fondamenta anche in quest’area. Nel giro di pochi mesi, usciremo da terra». E allora i reggiani vedranno il Mire prendere forma: «È un’emozione grande – conferma Binini – per noi, che lavoriamo a questo progetto dal 2012 ma anche per tutte le istituzioni, le associazioni e i cittadini che hanno sostenuto il progetto. Penso soprattutto a Curare Onlus, da cui è nata l’idea di realizzare questo ospedale e che continua a impegnarsi per il Mire. I costi dell’opera sono stati completamente coperti, compresi i rincari dei prezzi grazie ai 29 milioni di euro appena sbloccati dalla Regione, ma ora Curare ha nuovi, e importantissimi, obiettivi tra cui la realizzazione del Centro di simulazione per l’acquisizione di competenze professionali». l

© RIPRODUZIONE RISERVATA