Il fratello di Saman al processo: “Ora mi sento anche italiano: hanno fatto una cosa sbagliatissima”
Il 18enne punta il dito contro i famigliari accusati di aver ucciso la ragazza che si era ribellata al matrimonio forzato
Reggio Emilia "Da quando sono in comunità tutto è cambiato e mi sento anche di essere italiano: in quei giorni lì avevo la stessa mentalità di loro, ora come ora penso che per me hanno fatto una cosa sbagliatissima". Lo ha detto Ali Haider, fratello di Saman Abbas, la 18enne di origini pachistane uccisa il 1 maggio del 2021. A processo ci sono i genitori, lo zio e due cugini, accusati dell’omicidio.
Al processo, è in corso la seconda udienza che vede protagonista il fratello della ragazza, che era minorenne al tempo delitto. Queste parole sono arrivate mentre stava rispondendo a Liborio Cataliotti, avvocato difensore di Danish Hasnain, lo zio, parlando della foto mandata dallo stesso ragazzo ai parenti il 30 aprile 2021 in cui sono ritratti Saman e il fidanzato, Ayub Saqib, che si baciano. Foto e chat che fecero – secondo il racconto del giovane – arrabbiare il padre. Scoppiò un furibondo litigio e poco dopo la ragazza venne uccisa.
"Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato che non si poteva fare amicizia con le ragazze, era vietato, e
per questo ho mandato la foto del bacio di Saman ai miei parenti". E ancora: "In quel momento avevo la loro stessa mentalità, per me era una cosa sbagliata. Ma ora tutto è cambiato, da quando sono in comunità". Dello zio, dice: “Disse che dovevamo fuggire, mentre mio padre dal Pakistan voleva che restassimo a Novellara".
E poi, riguardo alle intercettazioni che c’erano con i famigliari anche dopo il suo arrivo in comunità, nel 2021, ha rivelato: “'Per fare bella figura con papà e mamma davo la colpa ai carabinieri e alla comunità, offendevo
gli educatori. Dicevo che non stavo dicendo nulla, ma io in realtà parlavo. Parlavo sempre''.