Saman, gli interrogatori dello zio Danish esclusi dal processo per vizio procedurale
Mentre la Procura dei minori si pronuncia sul ragazzo: «Il fratello della vittima non va indagato»
Novellara È un confronto sempre più serrato, quello che si sta consumando in aula tra difese e accusa, sugli aspetti procedurali. E non è esente da colpi di scena. L’ultimo è la richiesta degli avvocati Luigi Scarcella e Liborio Cataliotti – rispettivamente per il cugino Nomanulhaq Nomanlhaq e lo zio Danish Hasnain – di esclusione dal processo degli interrogatori a cui è stato sottoposto lo zio il 3 novembre 2022 e il 10 marzo 2023. Quando, cioè, l’uomo accusato di essere l’autore materiale del delitto ha chiesto di essere sentito dal pubblico ministero e ha rivelato dove era stato nascosto il corpo di Saman (mentre ha sempre negato di essere stato lui ad ucciderla). La Corte d’Assise ha dato loro ragione.
In quanto imputato dal 17 maggio del 2022 con udienza di avvio del processo già fissata al 10 febbraio 2023 (e il secondo interrogatorio a processo già in corso), quelle dichiarazioni Danish le avrebbe dovute rilasciare davanti alla Corte. O avrebbero dovuto essere prese come dichiarazioni, non l’interrogatorio condotto dal pm che c’è stato, benché alla presenza della difesa. Quegli atti, dunque, ora sono fuori dal processo per la violazione dell’articolo 430 del Codice di procedura penale.
Un colpo a sfavore dell’accusa. Che già deve fare i conti con la testimonianza del fratello di Saman, Haider, cui ieri il controesame dell’avvocato Scarcella ha messo in luce alcune contraddizioni e dubitato della confutabilità di alcune sue dichiarazioni, in particolare sui contatti coi parenti in Pakistan nelle ultime settimane per le presunte pressioni che hanno originato anche un fascicolo di indagine.
A lui sono state contestate ancora dichiarazioni pronunciate in aula per la prima volta e mai in atti precedenti. E che la sua dichiarata volontà di parlare al processo sia stata a lungo osteggiata dalla sua stessa difesa, rappresentato dall’avvocata Valeria Miari, quando chiedeva bastasse solo l’incidente probatorio, ora per altro escluso dal processo. Tuttavia, per la sua posizione è emerso un fatto importante: la Procura dei minorenni ha ufficialmente comunicato che il giovane non verrà iscritto nel registro degli indagati.
Era stata un’articolata ordinanza della Corte d’Assise del 27 ottobre scorso a cambiare lo status del fratello di Saman al processo: non più solo testimone, ma “imputabile”. Tanto che gli atti erano stati inviati alla Procura dei minori. Se in un primo momento questa aveva risposto che non era ancora stato vagliato il fascicolo, ora da Bologna sono arrivate tre pagine di documento in cui il sostituto procuratore Caterina Salusti spiega perché non verrà iscritto nel registro degli indagati. Due le ragioni: dall’acquisizione delle immagini di sorveglianza della azienda Bartoli – teatro dell’omicidio – «si può accertare come Haider non sia mai stato ripreso in attività che possono essere ricondotte all’organizzazione e all’attuazione del piano omicidiario o nello scavo». L’altro elemento riguarda una intercettazione avvenuta con il padre e la madre nelle settimane successive il delitto, da cui emerge che «Alì al telefono con i genitori fuggiti in Pakistan abbia chiesto insistentemente alla madre e al padre: “Dov’è Saman?”, come il ragazzo, preoccupato, abbia cercato di capire ove fosse la sorella e i genitori, in particolare la madre, lo rassicuravano dicendogli che la ragazza sarebbe arrivata in Pakistan per raggiungerli».
Per la Procura dei minori, il ragazzo non era stato coinvolto né nella scomparsa, né nell’omicidio della sorella. «È stato accertato esclusivamente come Alì Haider abbia portato a conoscenza dei genitori le chat e i messaggi che la ragazza intratteneva col fidanzato: lo stesso ragazzo, nel corso dell’esame, ha spiegato e giustificato il suo comportamento dichiarando di essere sostanzialmente stato costretto dai genitori a condividere tali informazioni, ma ha dichiarato anche di essere pentito di averlo fatto, e di non aver mai immaginato cosa sarebbe potuto succedere alla sorella».
La pm Salusti conferma che, come nel maggio-giugno 2021, non ci sono elementi per iscriverlo per il reato di omicidio. Nell’ipotesi di riapertura delle indagini, questa è autorizzata, scrive, «su richiesta del pubblico ministero motivata dall’esigenza di nuove investigazioni». Cosa che qui non è.
La comunicazione, enunciata in aula dalla presidente Beretti, è stata definita dalla stessa «atipica», ma che non modifica le precedenti considerazioni della Corte.l
El.Pe.
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