Gazzetta di Reggio

Reggio

Scuola2030

«L’eredità di don Zefirino Iodi resta viva nella nostra scuola»

Classe 5^D dell’istituto Galvani-Iodi
«L’eredità di don Zefirino Iodi resta viva nella nostra scuola»

I 150 anni dell’Artigianelli l’occasione per celebrare la sua figura

28 novembre 2023
4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia È ricorso il 23 novembre il 150° anniversario della fondazione del Pio Istituto Artigianelli, la massima realizzazione della lungimiranza e della vocazione educativa di don Zefirino Iodi, parroco di San Salvatore in Santa Teresa (la parrocchia più povera della città) nonché l’istituzione che egli volle con tutto il suo cuore. Questa istituzione, di cui l’istituto professionale Galvani-Iodi si sente erede negli affetti e nella missione educativa e formativa, fu la materializzazione dell’impegno di don Iodi, a buon grado denominato “il don Bosco reggiano”, per assicurare un’adeguata formazione professionale e un’educazione religiosa e civica agli adolescenti più poveri della città. Durante l’apertura dei lavori del convegno che ci ha visti fra il pubblico, il professor Giuseppe Adriano Rossi, già presidente del Pio Istituto Artigianelli nonché ex preside dell’Istituto Don Zefirino Iodi, ha ricordato come nel corso del tempo l’Artigianelli, sotto la presidenza di saggi sacerdoti e laici, abbia svolto con grande competenza la sua missione, inserendosi nel territorio reggiano, dove da sempre trovano radici le competenze tecniche e professionali di validi artigiani e ottimi professionisti. Il primo intervento, del professor Fulvio De Giorgi, docente ordinario del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane di Unimore, si è incentrato sull’analisi storica delle esperienze educative poste in essere dalle istituzioni religiose, in cui nella maggior parte dei casi l’azione educativa fu declinata secondo alcune “dimensioni particolari”: l’istruzione femminile, che sentiamo particolarmente vicina vista la grandissima utenza femminile del nostro istituto, quella di alcune persone con particolari disabilità, l’istruzione professionale per l’emancipazione e l’autopromozione dei ceti più poveri. Fra i personaggi ricordati dal professor De Giorgi meritano menzione Lodovico Pavoni, Maddalena di Canossa, Giovanni Bosco, Leonardo Murialdo e altri Cocchi, Biraghi, Piamarta. È fondamentale inserire la figura e l’opera di Don Zefirino all’interno del contesto storico di appartenenza, per comprendere appieno il significato della sua azione educativa. Nella visione dell’epoca, infatti, gli interventi di stampo religioso sono da ricondurre a missioni di “beneficenza sociale”, che secondo la visione teologica del tempo si definiva come carità triniforme, distinta in carità corporale, carità intellettuale (quella educativa) e carità spirituale. I primi esempi storici di istituzioni educative fondate da religiosi si collocano prevalentemente nel regno Lombardo-Veneto, in Toscana e in Piemonte. Le esperienze rivolte alla formazione degli “Artigianelli”, cioè dei piccoli artigiani che dovevano imparare la professione, che li avrebbe accompagnati per tutta la vita, quale strumento non solo di sussistenza ma di emancipazione sociale, hanno origine nel 1849 con la fondazione dell’opera Collegio degli Artigianelli di Don Giovanni Cocchi a Torino, di cui fu rettore dal 1866 Leonardo Murialdo, fondatore, nel 1873, della Congregazione Giuseppina. Del 1866 sono la fondazione dell’Istituto Artigianelli di Milano per opera di Lodovico Pavoni e l’inaugurazione dell’Istituto Artigianelli di Brescia da parte di mons. Pietro Capretti e Giovanni Piamarta. Il secondo intervento, curato dal professor Alberto Ferraboschi, responsabile dell’Archivio storico della Provincia di Reggio Emilia, si è concentrato sulla figura di Don Zefirino e sulla storia delle istituzioni educative che hanno anticipato la costituzione del Pio Istituto Artigianelli. Ciò che emerge è la capacità di Don Zefirino di adottare una posizione estremamente moderata nei confronti dell’autorità estense e della censura, anche guadagnandosi, prima di agire, l’appoggio e il favore della nobiltà reggiana, che non ostacolò mai, anzi supportò (anche economicamente) le iniziative del sacerdote di Santa Teresa. Anche il rapporto con la Chiesa reggiana fu gestito da Don Zefirino con grande abilità, considerata l’ostilità nei confronti del neonato Stato italiano anche in conseguenza degli eventi bellici che avevano portato alla breccia di Porta Pia e alla espugnazione di Roma. La lungimiranza dei direttori, che per anni hanno retto il Pio Istituto Artigianelli, ha garantito la sopravvivenza nel tempo dell’istituzione, che ha saputo stare al passo coi tempi e mutare la propria struttura senza mai venir meno all’identità che Don Zefirino aveva voluto dare alla sua creazione. Emerge del tutto chiaramente come la vicenda del Pio Istituto tende ad intrecciarsi in modo indissolubile con la storia del territorio e della civitas reggiana, testimoniando come nel tempo siano sempre rimasti saldi i valori di solidarietà e di carità cristiana che indussero Don Iodi a fondare l’Istituto Artigianelli 150 anni orsono. L’ultimo intervento, del dottor Guido Caselli, vice segretario generale presso Unioncamere Emilia-Romagna, è partito da un’attenta analisi socio-economica attuale e da una lettura critica delle “Città Invisibili” di Italo Calvino per mostrare l’importanza dell’implicazione sociale di ogni individuo, in particolare nella nostra società. L’intervento ha saputo stabilire una connessione accattivante fra il passato e il futuro, invitando alla riflessione sull’analisi delle professioni più richieste e la formazione richiesta dai vari mestieri.