Le sfide della morte viaggiano su TikTok «Bisogna educare»
Il choking game con le corde tra le più popolari «Serve un maggiore controllo delle piattaforme»
Reggio Emilia Youtuber, challenge, follower, influencer, tiktoker. La lista di questi nomi anglofoni sarebbe ancora lunghissima. Ma i giovani cosa ne sanno veramente di cosa sta dietro a ognuno di questi nomi? Per rispondere occorre cercare di guardare dall’interno questo mondo, con il quale siamo in contatto ogni giorno e attraverso cui raggiungiamo a nostra volta qualsiasi luogo del pianeta. Uno dei temi che più diffusamente ha fatto breccia tra gli adolescenti è quello delle sfide social: autentiche gare fra chi compie imprese a dir poco singolari capaci di ricevere parecchi consensi in rete. Negli ultimi anni hanno avuto sempre maggior diffusione su internet, mettendo il rischio e la competizione al servizio del divertimento. Queste, infatti, vengono utilizzate dai creators perché ritenute una via facile per accumulare followers sfruttando situazioni pericolose ed estreme. Le sfide social non nascono con l’obiettivo di spingere gli osservatori a emulare chi gareggia, ma come prodotti di intrattenimento volti a guadagnare compensi dagli sponsor. L’effetto ottenuto, sfortunatamente, è però spesso quello dell’emulazione: molti fan replicano l’azione pericolosa portandola a diventare virale fra tutti gli utenti. Ecco alcune delle più popolari challenge: choking game, che prevede l'utilizzo di corde o buste di plastica per scoprire gli effetti di una momentanea e volontaria privazione di ossigeno; la cosiddetta sfida dell’outlet, che prevede l’inserimento parziale dei poli di un caricatore in una presa elettrica e, in un secondo momento, che i partecipanti procedano a toccare il metallo esposto, prendendo la scossa: un gesto che può portare a gravi ustioni, lesioni e persino a provocare incendi domestici; la sfida del fuoco, che consiste nel cospargersi di sostanze infiammabili dandosi fuoco con l’obiettivo di spegnere le fiamme prima di subire lesioni significative: il protagonista, che può rimanere sfigurato, rischia gravi ustioni sul corpo, oltre a traumi fisici e psicologici. In questo modo gli youtuber, gli influencer ed i tiktoker continuano a giocare con la loro vita e con quella degli altri. Sono portati a pensare che, per poter ottenere più visibilità e più followers, debbano continuare a spingersi oltre i limiti facendo qualcosa di sempre più folle e pericoloso. Ed è così che le loro sfide si trasformano in tragedie. Come può il desiderio di diventare famosi spingere le persone a sfidare la morte? Ne vale veramente la pena? A chi sono imputabili queste responsabilità? Partiamo dagli influencer, i cui pareri esposti in rete assegnano a loro responsabilità enormi come quella di lanciare “tendenze” che poi i ragazzi seguono. Sul tema della morte si entra in un campo minato, ma in generale la vita è una sola e ai giovani tocca il compito di preservarla a lungo e in salute. Morire per eseguire una capriola al limite di una specialità olimpica, senza nessuna esperienza e protezione, è un errore. Dobbiamo rispettare la vita che ci è stata data in dono dalle nostre famiglie. C’è una soluzione a tutto questo? Di certo, con un maggiore controllo delle piattaforme social e l’aiuto dei creators si potrebbero prevenire ed educare gli utenti a non dare retta a determinati contenuti. La generazione Z si sta rivelando più fragile rispetto alle precedenti e quei giovani che hanno poca autostima usano le sfide per farsi notare con la speranza di ottenere consensi e sentirsi parte di un gruppo senza neppure rendersi conto che in gioco c’è la loro vita e, a volte, anche quella degli altri.
*Studentessa dell’istituto Galvani-Iodi