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Intervista al sindaco

Giro di vite sui market h24: «Ma Reggio Emilia non è un Bronx»

Evaristo Sparvieri
Giro di vite sui market h24: «Ma Reggio Emilia non è un Bronx»

Il sindaco Vecchi dopo il vertice in Prefettura sulla sicurezza in centro storico: «La destra specula per fini elettorali, non siamo la città più insicura del mondo»

10 gennaio 2024
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Reggio Emilia «Reggio Emilia non è un Bronx». Ne è convinto il sindaco Luca Vecchi, al termine del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, convocato in seguito ai fatti di San Silvestro all’Isolato San Rocco.

Sindaco, torna l’allarme delinquenza giovanile. La destra e i cittadini invocano maggiore repressione. Non crede che la sicurezza sia un tema centrale dell’ormai avviata campagna elettorale?

«Francamente non mi interessa granché ciò che dice la destra, specula politicamente su fatti ed episodi senza mai avanzare analisi e soluzioni. Io non ho mai negato il dovere di riconoscere ed affrontare problemi. Ci abbiamo messo la faccia sempre assumendoci le nostre responsabilità. Loro sono spariti per lungo tempo dall’impegno sulla città, se ne è accorta tutta la città, ora ricompaiono perché siamo sotto elezioni, ma non è così che si fa il bene di una comunità. Le chiacchiere stanno in poco posto. Serve perseveranza e caparbietà, passione e generosità, a volte ottieni risultati importanti, altre affronti problemi complessi non facilmente risolvibili. D’altra parte in una città tra le più dinamiche sul piano economico e occupazionale, dotata di servizi educativi e sociali tra i più avanzati, culturalmente vivace, con enormi investimenti in corso grazie al Pnrr, fanno fatica a trovare altri problemi e decidono di enfatizzare lo scontro, come peraltro sempre fatto, sulle problematiche di sicurezza. A me però, mi permetta, non interessa la destra, mi interessa ciò che dicono e chiedono i cittadini, residenti e commercianti. Il punto è lì. I problemi non vanno enfatizzati, Reggio non è un Bronx, ma vanno onestamente riconosciuti senza sottovalutazioni. Reggio ha problematiche di sicurezza simili a tante città italiane, chi in questi giorni l’ha rappresentata come il posto più insicuro del mondo ha esagerato per evidenti finalità elettorali, ma i reggiani sono intelligenti, cui non manca responsabilità pubblica e senso della misura. Altro è invece riconoscere un problema, farsene carico, cercare risposte e soluzioni sia di contingenza sia di strategia. Ho iniziato diversi incontri in questi giorni. Con singoli residenti e commercianti delle zone interessate dai fatti di Capodanno. L’ascolto è un esercizio non banale, lo pratichiamo ogni giorno, non è mai sufficiente, ma è la condizione base per costruire un rapporto di fiducia e iniziare un percorso di collaborazione».

Spesso si parla di percezione. Non crede che la percezione dell’insicurezza sia un elemento da non trascurare?

«Io non ho mai parlato di percezione. Sa perché? Perché se un cittadino mi dice che ha paura io non ho il diritto di dirgli “ti stai sbagliando”. Ho il dovere di farmene carico, costruire un rapporto, provare a fare un percorso. Abbiamo sempre agito così e in tanti casi abbiamo avuto risultati e miglioramenti perché in questa relazione nasce collaborazione e partecipazione. D’altra parte credo che il tema della sicurezza urbana, sia parte di un più ampio bisogno di sicurezza e protezione sociale. La società post Covid esce più fragile, più indebolita, legami sociali e senso di comunità sono messi a dura prova da grandi problemi globali che atterrano su tutte le città e spesso trasformano i sindaci in capri espiatori della loro difficile soluzione. Le democrazie contemporanee faticano a dare risposte ai bisogni di protezione di chi chiede aiuto in tanti modi. I Comuni hanno bisogno di essere dotati di strumenti di legge e risorse ma soprattutto avrebbero bisogno di un Governo pronto a collaborare. Io vedo il contrario. Si scaricano nelle città i grandi problemi irrisolti sul piano nazionale. Come diceva Bauman le città diventano “la discarica dei grandi problemi della globalizzazione”».

Nel dibattito innescato dagli episodi di violenza giovanile, si fa spesso riferimento all’ipotesi di aprire ai giovani i luoghi di cultura e aggregazione. Soluzione o palliativo?

«Abbiamo alle spalle vent’anni e più di politiche e progetti con le tante comunità di origine straniera. Il dialogo interculturale e interreligioso a Reggio è una prassi consolidata e deve continuare. Ma dobbiamo stare attenti a non colpevolizzare chi non ha responsabilità e capire dove stanno realmente i problemi. Ci sono giovani stranieri giunti a Reggio, privi di accompagnamento familiare, dopo lo sbarco a Lampedusa. Il Governo li scarica sulle spalle dei sindaci. Io ho l’obbligo di legge di prenderne carico come legale rappresentante. Sono oltre 200. Non possono essere avviati facilmente a scuola, non possono essere avviati facilmente al lavoro, gravano sul bilancio del Comune senza alcun sostegno governativo, dopo i 18 anni siamo obbligati ad abbandonarli. È ragionevole? È politicamente responsabile? Accoglienza, integrazione e sicurezza urbana sono facce della stessa medaglia. Coesistono e quando ciò non accade si aprono problemi. Manca in Italia da troppo tempo un linguaggio di verità sui temi dell’immigrazione. La paura di perdere voti ha portato i governi negli anni a scelte sbagliate ma la verità è una sola: se avvii processi di scolarizzazione e avviamento al lavoro tante situazioni trovano una soluzione adeguata verso una migliore convivenza civile e integrazione. Se non fai questo, se rifiuti di integrare, una parte della sofferenza sociale può scivolare rapidamente nell’illegalità».

C’è chi in alcune zone invoca l’esercito. Altre città ne hanno fatto ricorso. Perché qui no?

«Premesso, io ho grande stima e rispetto del lavoro che i militari e l’esercito compiono ogni giorno in tanti contesti del Paese. Ma su Reggio penso che serva un mix di competenze anche di altro genere. L’esercito non ha compiti di governo dell’ordine pubblico, il militare non arresta lo spacciatore, e nel caso di Capodanno non avrebbe potuto intervenire. Ne abbiamo parlato in questi giorni, oggi (ieri, ndr) in Prefettura abbiamo avuto una riunione di tre ore che credo sancirà un salto di qualità. Ho visto con i miei occhi la professionalità di tutte le forze dell’ordine in questi anni a Reggio. Li ho visti affrontare e risolvere problemi molto complessi. Io ho fiducia in loro perché loro sono insieme a tutte le istituzioni la forza dello Stato a Reggio. C’è bisogno di una svolta, che ci sarà e darà presto risultati. Ne sono certo. Ho visto la prefetta molto determinata, ma soprattutto Reggio è una città in cui le istituzioni hanno sempre fatto la loro parte».

In molti invocano un presidio fisso, come quello che caratterizzò l’estate 2016, dopo l’omicidio di via Nacchi, che portò evidenti benefici. Può essere una soluzione?

«È una soluzione ed è la principale decisione assunta insieme a Prefetto e forze dell’ordine. Un presidio su Piazza della Vittoria e Isolato San Rocco, ma una intensificazione dell’attività di controllo su altri contesti. Via Roma, San Pietro, Via Giorgione e naturalmente stazione e Reggiane. Aggiungo, nei prossimi giorni firmerò un pacchetto di ordinanze su vendita e consumo di bevande alcoliche, stiamo per chiudere gli H24 che spesso sono contesti notturni di degrado, partirà presto l’installazione di ulteriori telecamere in centro, in stazione e in alcune frazioni e, come promesso nei giorni scorsi, sottoscriveremo la convenzione con coop sociali e associazioni del terzo settore per proseguire il lavoro di rigenerazione sociale nella zona della stazione».

L’ordine pubblico di fatto non è di competenza dei Comuni. Cosa può fare in concreto un’amministrazione comunale? Crede che i sindaci abbiano bisogno di più poteri?

«Io credo che oltre ad una intensificazione dell’attività di controllo e di governo dell’ordine pubblico da parte delle forze dell’ordine, a noi competa in senso stretto un lavoro di ascolto, di confronto finalizzato a condividere insieme a commercianti e residenti iniziative culturali, sociali, forse anche sportive che abbiano un obiettivo: riappropriarsi di luoghi e spazi ripensandone il significato attraverso nuove progettualità. Se porti elementi di partecipazione e positività allontani il degrado. Ho apprezzato le parole ed il pensiero del direttore del Teatro Paolo Cantù. Teatri, Musei, Palazzo Magnani ed altri attori culturali potrebbero essere attori fondamentali di una sperimentazione portando iniziative nello spazio pubblico e provando ad ingaggiare in modo nuovo e creativo gruppi di giovani che a volte sono generativi di problemi. Ma in eguale misura le scuole, le società sportive possono avere eguale ingaggio. L’esperienza dei cantieri sportivi ha dato grandi risultati con operatori sociali e società sportive fianco a fianco nei quartieri. Costruire una alleanza educativa di attori che moltiplichi la progettualità e riqualifichi i luoghi. Credo che la preoccupazione di commercianti e residenti che ho ascoltato e letto in questi giorni vada presa sul serio, ho colto idee e proposte che credo vadano valorizzate. Quanto ai poteri dei sindaci, io non credo si debbano immaginare poteri discrezionali da sceriffo. In uno Stato di diritto le istituzioni a tutti i livelli collaborano indipendentemente dal colore politico. Sindaci e Comuni sono un pezzo fondamentale dell’architettura istituzionale dello Stato. Vedo un governo che fa il contrario, nella pessima gestione dei migranti, nella ridicola gestione dell’emergenza in Romagna, nel modo in cui hanno ribaltato sui Comuni i tagli del reddito di cittadinanza o i tagli al Pnrr. Scaricano a valle i grandi problemi nazionali incapaci di darne soluzione».

La zona stazione continua a essere un’area fortemente degradata. A che punto è la realizzazione del nuovo comando della polizia locale?

«Il cantiere è partito e tra tante difficoltà procede. Ci sono azioni che rispondono a bisogni di contingenza, ci sono progettualità che cambiano un contesto urbano nel medio termine. Scegliere di portare la forza pubblica in via IV Novembre è una scelta politica, coraggiosa e impegnativa, che dimostra la nostra attenzione sulla sicurezza in città». l

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