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Il caso

Bambina invalida dalla nascita Più di tre milioni di risarcimento

Serena Arbizzi
Bambina invalida dalla nascita Più di tre milioni di risarcimento

La sentenza del giudice civile obbliga l’azienda Ausl a pagare la famiglia

16 gennaio 2024
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Reggio Emilia Un maxi risarcimento da oltre tre milioni di euro: è la somma che il tribunale di Reggio Emilia ha stabilito che l’Ausl debba pagare alla mamma e al papà di una bambina che, assistiti dagli avvocati Mauro Intagliata e Antonella Corrente, hanno affrontato una causa civile contro l’azienda sanitaria per colpa medica.

Il caso affonda le sue radici al momento del parto con cui la piccola è venuta alla luce, al Santa Maria Nuova.

La bambina, che ora ha 7 anni, è invalida al 100%, soffre di encefalopatia ipossico ischemica, epilessia, non è possibile per lei muoversi, porta protesi per poter beneficiare del dono dell’udito e ha importanti difficoltà alla vista, oltre che a cibarsi. Per nutrirsi almeno in parte, infatti, è necessario l’utilizzo di un macchinario Peg, ovvero una sonda chirurgica.

Beatrice e Lorenzo – nomi di fantasia – sono i genitori della piccola, che necessita di assistenza 24 ore su 24: mamma e papà hanno dovuto adottare scelte che hanno grandi ripercussioni sul proprio piano di vita, sotto tutti i punti di vista. La coppia, tramite i legali Intagliata e Corrente, ha citato in giudizio civilmente l’Ausl per colpa medica. Nel corso del procedimento è stato analizzato quanto avvenuto al momento del parto e perché si sia deciso di ricorrere erroneamente al parto indotto anziché intervenire subito col parto cesareo; scelta che purtroppo, come sostenuto dai legali, ha determinato il verificarsi dell’ipossia. E nel procedimento di primo grado la giudice del tribunale civile Stefania Calò ha stabilito un risarcimento di più di 3 milioni a favore della famiglia della bambina.

La sentenza è stata appellata dall’Ausl reggiana.

«Il giudice del tribunale civile di Reggio Emilia, dottoressa Calò, ha pienamente accolto le nostre richieste, sia relativamente alla responsabilità del personale sanitario sull’erronea gestione del parto, sia per quanto riguarda le somme risarcitorie liquidate – affermano gli avvocati Mauro Intagliata e Antonella Corrente –. La sentenza ha, infatti, riconosciuto un importo molto rilevante, pari a oltre il doppio rispetto alla proposta formulata dall’azienda sanitaria. Ci riteniamo molto soddisfatti per l’esito della causa di primo grado e perché è stata accertata la colpa dei medici che hanno sottovalutato una serie di segnali e sintomi precedenti al parto che avrebbero dovuto indurli a disporre con urgenza il parto cesareo. I genitori si sono ritrovati, ancora giovanissimi, di fronte a una situazione dolorosissima, nonostante ciò, spinti dall’amore forte e incondizionato per la bimba, hanno trovato la forza e il coraggio di curarla e assisterla nel migliore dei modi possibili».

«Nel corso della causa e, in particolare, nel corso della consulenza medico-legale, è emerso che i parti naturali vanno favoriti perché i parti cesarei sono costosi e gravosi per il bilancio dell’azienda – aggiunge l’avvocato Intagliata –. L’azienda sanitaria, inizialmente, ha creato delle difficoltà di carattere formale, ma a distanza di alcuni mesi ha provveduto a pagare l’intero danno, nonostante abbia comunque appellato la sentenza alla Corte d’appello di Bologna. Noi contestiamo i motivi dell’appello, totalmente infondati a nostro modo di vedere. Presenteremo, quindi, un appello incidentale. Questo significa, in altre parole, che riteniamo giusta la sentenza quanto alla responsabilità del personale sanitario, ma preso atto della impugnazione dell’azienda che vuole ridurre le somme liquidate, ricorreremo per ottenere invece un risarcimento maggiore rispetto a quello già riconosciuto dal giudice del Tribunale di Reggio Emilia nell’interesse esclusivo della famiglia colpita da una immane tragedia».

L’Ausl, interpellata, afferma, tramite il dottor Gian Luca Rivi, direttore dell’ufficio legale e assicurativo dell’azienda sanitaria reggiana, di aver «pagato la somma stabilita, dal momento le sentenze di primo grado sono esecutive dopo aver chiesto l’autorizzazione del giudice tutelare, necessaria in questo caso. Abbiamo però presentato appello – conferma il dottor Rivi – perché riteniamo ci sia stato un errore nella determinazione dell’importo da risarcire».