Gazzetta di Reggio

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Fatture false per milioni di euro: tre reggiolesi gestivano il giro

Jacopo Della Porta
Fatture false per milioni di euro: tre reggiolesi gestivano il giro

Tra i prestanome l’ex socio di uno studio odontotecnico: «La mia pensione è bassa». Due kazake, una russa e una francese facevano le “teste di legno” in cambio di soldi

19 gennaio 2024
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Reggiolo Imprenditori che vogliono pagare meno tasse, prestanome che in cambio di poche migliaia di euro accettano di intestarsi aziende costituite al solo scopo di produrre false fatture e persone che fanno delle frodi fiscali la loro professione. La nostra provincia si conferma una delle capitali italiane delle false fatture.

Lo ribadisce anche l’ultima indagine della Guardia di finanza, l’operazione Money Tools, che ieri ha portato ai domiciliari tre persone, mentre nove sono indagate in quanto ritenute dei prestanome. Tra le “teste di legno” c’è anche un reggiolese di 72 anni, ex socio di uno studio odontotecnico (assistito dall’avvocato Sandro Gallusi), che ha accettato di intestarsi un’azienda in cambio di 4.500 euro. Il motivo? La pensione è poca e dunque voleva arrotondare. Le persone coinvolte nell’inchiesta sono reggiane, mantovane o straniere (tra queste due kazake, una russa e una francese). 

Le fiamme gialle del comando provinciale, diretto dal colonnello Filippo Ivan Bixio, hanno anche sequestrato 1,3 milioni di euro, tra contanti, conti correnti e quote societarie, e perquisito varie abitazioni.

I destinatari delle ordinanze di custodia cautelare sono due artigiani reggiolesi, padre e figlio, rispettivamente di 67 e 44 anni, oltre a una donna della Bassa mantovana, di 64, anch’essa residente a Reggiolo (in passato convivente con il 67enne).

La procura di Reggio, che ha coordinato le indagini, aveva chiesto nel marzo 2022 la custodia cautelare in carcere per i tre. L’uomo più anziano ha due precedenti per frode fiscale: è finito in carcere dopo una condanna a tre anni a Mantova per reati fiscali ed è stato denunciato nel 2021per bancarotta insieme alla sua ex convivente mantovana. Il gip Silvia Guareschi il 10 gennaio scorso ha optato per i domiciliari. Tutti e tre gli indagati sono difesi dall’avvocato Pasquale Muto (che assiste anche due prestanome).

L’inchiesta è stata avviata dalla Tenenza di Guastalla, diretta dal luogotenente Bruno Pera, nel dicembre 2020 dopo che l’Agenzia delle Entrate di Reggio aveva acceso i riflettori su una donna kazaka di 42 anni che vive tra la Bassa e il Lago di Garda e risultava intestataria di numerose aziende.

A seguito di una serie di segnalazioni, le fiamme gialle di Guastalla hanno iniziato a indagare sulla donna, che ha una relazione sentimentale con l’artigiano reggiolese di 67 anni (i due convivevano al Lago di Garda). Una società della kazaka, sulla carta attiva nel commercio di utensili industriali, risultava aver ricevuto fatture da varie imprese a partire dal 2015. Le indagini hanno dunque permesso di allargare il raggio ai tre presunti organizzatori delle frodi fiscali e agli altri prestanome.

Complessivamente sono state individuate 41 imprese con sede a Bologna, Mantova, Modena e Verona, che hanno emesso fatture false nei confronti di aziende cosiddette “cartiere” (cioè, costituite al solo scopo di produrre fatture) per un valore di 11,5 milioni di euro.

Il meccanismo è quello noto e mostrato da numerose indagini. Le imprese “vere”, cioè quelle che operano sul mercato nella produzione di beni e servizi, fingono di avvalersi di prestazioni da parte delle cartiere e versano loro delle somme di denaro a seguito dell’emissione di fatture che rendono le operazioni apparentemente legali.

Quando le imprese criminali ricevono il denaro provvedono poi a ritirarlo e poi restituirlo in contanti, trattenendo per sé una percentuale. Per gli utilizzatori il beneficio consiste nell’abbattimento dell’imponibile fiscale. In questo caso risulta anche essere stata evasa l’Iva per 2,5 milioni di euro.

Le imprese gestite dai reggiolesi inviavano poi parte del denaro in Romania, a una società costituita da loro, e in Germania.

Tra i prestanome sono coinvolte anche un’altra donna kazaka, una 41enne domiciliata a Viareggio ma irreperibile; una donna di 41 anni nata in Francia e domiciliata a Reggiolo (che in un primo momento aveva iniziato a collaborare e poi ha fatto marcia indietro) e una russa di 48 anni residente nel Bolognese. Un ruolo importante lo aveva la donna mantovana residente a Reggiolo, che si presentava come la segreteria del 67enne. Per le fiamme gialle era lei ad occuparsi delle questioni amministrative delle società che venivano aperte e chiuse.

L’attività d’indagine è stata condotta attraverso l’esame della documentazione contabile acquisita nelle indagini anche mediante perquisizioni effettuate presso le sedi delle imprese, spesso coincidenti con abitazioni private. Le fatture false erano di tre tipi. Alcune erano emesse a beneficio di società realmente operanti nel mercato. Altre, invece, erano emesse tra le società cartiere. Infine, altre venivano manomesse: in taluni casi è stato appurato che alcune fatture ricevute, di importi di poche migliaia di euro, erano state falsificate con l’indicazione di importi maggiorati anche oltre i 100.000 euro.