«L’emiro vuol comprare Villa d’Este» ma è una maxi truffa con scambio di lingotti
Reggio Emilia: a processo un promotore finanziario e un barbiere. Vittime i proprietari della storica dimora. Nella valigia soldi falsi
Reggio Emilia Un emiro interessato a comprare Villa d’Este, il pagamento agli intermediari in lingotti d’oro e una misteriosa valigetta. Sembra la trama di una sceneggiatura degna di un film hollywoodiano. Invece è accaduto davvero a Reggio Emilia, dove si è aperto il processo a carico di due imputati – un promotore finanziario e un barbiere – che devono rispondere del reato di truffa aggravata. L’aggravante consiste nell’aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità (214.800 euro) ai proprietari di metà della storica dimora, due coniugi reggiani caduti nella rete di una banda rimasta per metà sconosciuta.
I fatti risalgono al periodo tra fine 2018 e gennaio 2019. Da anni i proprietari del 50% di Villa d’Este – storico villino battezzato “Fuggi l’ozio” ed edificato nel 1734 alla Vasca di Corbelli sull’isolotto (detto l’isola d’Alcina) nell’ambito di un progetto idraulico che doveva alimentare le fontane della Reggia Ducale di Rivalta – avevano posto in vendita, invano, il gioiellino architettonico, che molti reggiani hanno avuto la fortuna di visitare durante le giornate del Fai. Si può immaginare l’interesse dei proprietari nel momento in cui viene loro prospettato come acquirente dell’immobile un ricco emiro arabo che, fattosi avanti tramite un suo rappresentante «di provata serietà», sarebbe stato disposto a sborsare una somma ingente.
A portare avanti la trattativa con il presunto acquirente, con il quale solo lui e un altro sarebbero stati in contatto, è il promotore finanziario di fiducia dei coniugi, che comunica di volta in volta gli incontri con il fantomatico emiro e gli appuntamenti da un notaio; incontri ripetutamente e puntualmente disdetti, secondo il promotore.
Finché il 26 novembre 2018 viene fissato in un hotel cittadino il giorno del compromesso: le parti avrebbero mostrato agli altri ciò che doveva essere consegnato al momento della stipula, ovvero 214.800 euro in lingotti d’oro da versare al promotore per la sua intermediazione e assegni circolari emessi dall’emiro per l’acquisto di Villa d’Este.
L’incontro avviene, ma alla presenza dei soli proprietari e dell’intermediario; quest’ultimo, anziché limitarsi a mostrare il denaro, prende i lingotti consegnando in cambio una valigetta contenente banconote per 225mila euro, valigetta-pegno che avrebbe dovuto essere restituita al momento del compromesso. Il 3 dicembre 2018, quando avviene lo scambio, il promotore fa una strana raccomandazione ai proprietari: «Non aprite quella valigetta». E nei giorni seguenti insiste per avere dai proprietari una foto della valigetta e dello stato del lucchetto, a suo dire per poter dimostrare agli stranieri il rispetto dell’accordo. Finché il 7 gennaio, insospettiti dai continui rinvii della stipula, i coniugi decidono di aprire il lucchetto della valigetta, scoprendo l’incredibile verità: all’interno ci sono sì nove mazzette di banconote da 500 euro, ma solo le prime tre di ogni mazzetta sono vere, le altre sono copie dozzinali. I proprietari comprendono di aver gettato quasi 215mila euro in cambio di appena 13.500 euro.
Ovviamente i reggiani raggirati hanno sporto denuncia e le forze dell’ordine hanno identificato gli odierni imputati, che avrebbero agito in concorso con altri due soggetti non identificati. I coniugi si sono costituiti parte civile e il processo si è aperto (ed è stato subito rinviato per eccezioni preliminari sollevate dalle difese) davanti al giudice monocratico Francesca Piergallini.
«Gli imputati sono stati gli unici identificati – ha dichiarato l’avvocato difensore del promotore Michele Gatti, il barbiere è difeso dall’avvocato Daniela Granato – Dimostreremo che proprio gli altri due erano, a nostro avviso, le “menti” di questa complicata vicenda, gli ideatori e organizzatori dell’affare».