Gazzetta di Reggio

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Il processo

Ex vigilante minaccia la manager: «Ma lei lo sa che sono armato?»

Ambra Prati
Ex vigilante minaccia la manager: «Ma lei lo sa che sono armato?»

La responsabile e Coopservice si sono costituiti parte civile contro il 41enne

13 febbraio 2024
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Reggio Emilia «Ma lei lo sa che sono armato? Spero che lei possa continuare a dormire tranquillamente...lei e solo lei pagherà per questo». È il tenore della telefonata di un ex guardia giurata Coopservice, che minacciò la sua superiore “colpevole” di aver firmato un provvedimento disciplinare. La causa civile davanti al giudice del lavoro è in corso (l’interessato ha impugnato il licenziamento), mentre sta arrivando alle ultime battute il procedimento penale per minaccia a carico del 41enne.

L’episodio risale al 29 settembre 2020 quando l’allora guardia giurata, dopo aver ricevuto una raccomandata a casa, contatta telefonicamente la manager Risorse Umane della linea di Sicurezza della coop e la minaccia sottolineando di possedere un’arma (le guardie giurate particolari hanno la pistola, a differenza delle guardie giurate tout court) e facendo presagire delle conseguenze personali con frasi quali: «Lo sa vero, signora, che io sono armato, che tengo un’arma?», «Ma lei lo sa che io sono una guardia giurata particolare? Che indosso una divisa? Che sono armato?». Ieri in tribunale ha testimoniato Salvatore Fiorentino, dirigente responsabile della Linea Security Services di Coopservice Reggio Emilia; oltre alla querela della manager, Coopservice ha sporto querela per la sicurezza dei lavoratori ed entrambi si sono costituiti parte civile tramite dall’avvocato di fiducia Roberto Sutich.

«L’imputato era solito scrivere mail a tutti sulle questioni più diverse, ne arrivavano decine al giorno. Su di lui avevamo fatto segnalazioni, anche all’Ispettorato del Lavoro, senza alcun risultato – ha detto Fiorentino – Fino a quell’episodio per me assolutamente grave. Come titolare di licenza di un’impresa di sicurezza ho l’obbligo di segnalare certi comportamenti, poi non tocca a me provvedere: le autorità decisero di togliergli l’arma». Gli avvocati co-difensori Rosa Rita Gallo e Matteo Forconi del foto di Firenze hanno chiesto perché la denuncia della manager venne sporta un mese dopo. «Non un mese, venti giorni dopo: tempi tecnici – ha risposto Fiorentino – Di certo la manager era molto spaventata, aveva titubanze legate alla paura di ritorsioni».

«Nessuna minaccia: sapevo che la telefonata era registrata, non sono uno sprovveduto», ha negato l’imputato sottoposto a esame. In modo torrenziale – tanto che il giudice monocratico Stefano Catellani lo ha redarguito «sì però stiamo sul pezzo, torni alla telefonata» – il 41enne ha sostenuto che riceveva spesso provvedimenti disciplinari «per sciocchezze», guardacaso dopo aver segnalato su ciò che non andava. «Lavoravo a Villa Basilewski a Firenze (in via Lorenzo il Magnifico, un palazzo storico di proprietà della Regione sede di un ospedale), le aggressioni erano all’ordine del giorno e volevo la body cam: mi poteva partire l’arma, serviva la telecamera indossabile». l