Gazzetta di Reggio

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L’omicidio di Prato

«Quei due li abbiamo aiutati e questo è il ringraziamento»

«Quei due li abbiamo aiutati e questo è il ringraziamento»

Parla il figlio dell’autotrasportatore indiano ucciso a coltellate

13 febbraio 2024
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Prato «A quei due abbiamo dato un lavoro, soldi e cibo per tirare avanti, per farsi una famiglia e costruirsi una vita migliore. E questo è stato il loro ringraziamento. ..».

C’è tutta l’amarezza di un figlio che ha perso il padre nella maniera più atroce nelle parole di Sukprit Singh, figlio di Harpal Singh, l’autotrasportatore indiano di 59 anni riferimento della comunità Sikh di Novellara accoltellato a morte da due suoi collaboratori pakistani venerdì sera a Seano di Prato. Sukprit racconta quello che ha saputo da Jasprit Singh, secondo di tre figli di Harpal, quello che alle 22 di venerdì ha trovato il corpo senza vita del padre accanto al furgone nella zona artigianale. «Mio fratello ha avuto subito sospetti su quei due – dice Sukprit Singh – . Sapeva che erano con nostro padre e a un certo punto hanno smesso di rispondere al telefono. Anche mia madre ha provato a chiamare mio padre e lui non rispondeva. Ci siamo preoccupati e mio fratello lo ha cercato per due ore prima di trovarlo in quello stato».

In attesa dei risultati dell’autopsia disposta dal sostituto procuratore Valentina Cosci, titolare delle indagini, si può ipotizzare che il colpo letale sia stata una coltellata che ha reciso l’arteria femorale, provocando un lento dissanguamento.

Secondo Sukprit non ci sono state avvisaglie di quello che sarebbe successo: «No, non mi risulta che ci siano state liti in precedenza. Quei due erano senza documenti e cercavano lavoretti per guadagnare qualcosa. Erano con mio padre da almeno sei mesi, quando veniva a caricare la merce a Prato. Li abbiamo aiutati e loro ci hanno ripagato con questa cosa».

I due pachistani di 22 e 30 anni, fermati dai carabinieri sabato sera sul treno Italo alle porte di Torino e di cui non sono stati ancora resi noti i nomi, sono comparsi ieri davanti al giudice per le indagini preliminari del capoluogo piemontese, che ha convalidato il fermo. Non è dato sapere se si siano avvalsi della facoltà di non rispondere, come è prevedibile. Lo vorrebbe sapere anche Sukprit Singh. «Aspettiamo di sapere che cosa diranno questi due coglioni» mastica amaro. Sembra che di fronte ai carabinieri che mettevano loro le manette, sabato sera, abbiano cercato di dare la colpa ad altri, una mossa della disperazione. In tasca avevano i 4.000 euro ancora sporchi di sangue presi ad Harpal Singh e il telefono cellulare della vittima. Lo stesso telefono, insieme ai loro smartphone, che ha portato i carabinieri dei Reparti operativi di Prato, Milano e Torino sulle loro tracce.

I carabinieri di Prato hanno potuto essere presenti perché sono partiti per tempo, appena si è visto che i due sospettati si erano spostati nella zona di Milano. Così hanno raggiunto la stazione centrale e di lì il convoglio di Italo prima che arrivasse a Torino.

In mano agli inquirenti ci sono anche intercettazioni eloquenti, che fanno capire come i due fuggitivi avessero pensato di arrivare in Portogallo, dove forse avevano qualche contatto. Ma non sono stati particolarmente accorti e il viaggio si è fermato prima del confine.

Ora i familiari di Harpal Singh, che era arrivato in Italia nel 1987, attendono solo ili via libera della Procura per trasferire la salma a Gonzaga, dove verrà cremato. l

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