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Il procuratore Paci: «Non è più solo infiltrazione a Reggio Emilia: rete sostanziale all’economia»

Ambra Prati
Il procuratore Paci: «Non è più solo infiltrazione a Reggio Emilia: rete sostanziale all’economia»

L’accusa del magistrato: «Humus mafioso. Grave l’apporto dei professionisti»

21 febbraio 2024
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Reggio Emilia «Il meccanismo non è più di infiltrazione nell’economia ma sostanziale all’economia: si può dire un reticolo congenito. L’associazione non è di tipo mafioso ma l’humus è quello. E particolarmente grave è il ruolo dei professionisti: senza il loro supporto, sostegno e know how l’organizzazione criminale non avrebbe potuto spostare il denaro e reimpiegarlo». Così il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci, ha commentato l’operazione, frutto di «uno sforzo congiunto tra carabinieri e finanzieri che è un modello operativo virtuoso per fronteggiare la pervicacia del delinquere».



E, da questo punto di vista, il procuratore ha lanciato un appello: «Questo tipo di operazione deve servire anche ai soggetti istituzionali: associazioni imprenditoriali, di categoria, sindacati devono mantenere alta l’attenzione sul territorio».

Nel suo intervento il procuratore è partito dalla genesi dell’inchiesta.

«Un grazie ai pm titolari originari (Marco Marano e Giacomo Forte, ndr), nel frattempo trasferiti, per la cura e il coordinamento della polizia giudiziaria; ai pm Finocchiaro e Chiari, appena insediati, che sono saliti su un treno in corsa con entusiasmo e determinazione; e al gip Ramponi, per l’analisi del corposo materiale nonostante la sezione gip sia in sofferenza».

L’inchiesta «vede la compresenza di indagati contigui o imparentati con la ’ndrangheta radicata, a dimostrazione delle peculiarità del territorio dove l’asservimento a logiche criminali ha consentito di sviluppare sodalizi non violenti, non eclatanti ma molto subdoli». L’attività di scavo si è ampliata a macchia d’olio fino a scoperchiare un sistema illecito fatto «di sottrazione allo Stato delle pretese tributarie, ma anche di una grave violazione dei principi di concorrenza e una profonda alterazione del mercato, che mette in difficoltà gli imprenditori onesti». La piaga delle fatture false su larga scala «rientra in un sistema consolidato e reiterato, non solo a Reggio», ma che da qui «faceva circolare un fiume di denaro in nero» al servizio di imprese di mezza Italia.

Si è fatto ampio uso di «attività tecniche», una marea di intercettazioni personali e ambientali: e anche queste ultime hanno un costo. «Ho fatto fare una verifica della spesa complessiva per le centinaia di utenze captate in un anno: 168mila euro. Spesa che verrà compensata con il ricavo che lo Stato avrà con il sequestro e la confisca» che ha riguardato «sia quote societarie di numerose società sia confisca per equivalente ai singoli indagati».

Sull’internazionalizzazione degli specialisti delle fatture false, Paci ha evidenziato come «la disarmonia tra Paesi europei finisca per favorire le organizzazioni criminali. “Noi andiamo in Bulgaria perché ci sono meno controlli”, si afferma in un dialogo captato eloquente».

Di certo, per il futuro, secondo il procuratore «servono più risorse informatiche e di personale, senza le quali non c’è risposta della giustizia».

«In questa regione dobbiamo lavorare ancora molto sulla cultura della legalità, non solo individuale ma collettiva: l’uso talvolta spregiudicato dei professionisti dimostra che c’è ancora molto da fare. Ricorrere ai colletti bianchi e ai servizi fiscali illeciti provoca un danno per la collettività che può portare alla spoliazione del territorio e alla perdita della dinamicità che lo ha sempre caratterizzato», ha detto il generale dei carabinieri della Legione Emilia-Romagna Massimo Zuccher.

Anche il suo omologo della Finanza, generale regionale Ivano Maccani, ha additato «la compiacenza di professionisti e imprenditori, che anziché denunciare hanno deciso di farci affari. Nessuno spazio per chi fa questa scelta». 

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