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Operazione Minefield: come funzionava l'organizzazione e i summit con le foto postate su Instagram

 Operazione Minefield: come funzionava l'organizzazione e i summit con le foto postate su Instagram

Reggio Emilia: la piramide dell’associazione a delinquere specializzata nella falsa fatturazione

22 febbraio 2024
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Reggio Emilia La “base” dell’associazione a delinquere, dove si tenevano i summit, era la società Passione Motori Srl di via Martiri da Cervarolo 74/5 a Buco del Signore, oggi chiusa. Lì (oltre che al ristorante “Oro Nero” di Anastasio a Sesso, anch’esso chiuso) si tenevano i summit e lì gli investigatori hanno simulato un controllo sulle norme anti Covid per identificare alcuni dei partecipanti, mentre altri avevano postato i convivi su Facebook e Instagram.

È quanto emerge all’indomani dell’operazione – eseguita all’alba di martedì dai carabinieri e dal Gruppo della Guardia di Finanza – denominata Minefield (campo minato), che ha scoperchiato un’associazione a delinquere specializzata nel servizio delle fatture false per mezza Italia, con reati fine in prevalenza di natura fiscale (tranne la tentata estorsione): frodi fiscali, indebite percezione di risorse pubbliche, reati fallimentari, autoriciclaggio e riciclaggio internazionale.

In totale sono state emesse 12 misure cautelari di arresto, quattro in carcere e otto ai domiciliari. In carcere sono finiti Samuel e Gionata Lequoque, fratelli nati a Crotone e residenti a Reggio (Samuel ha patteggiato un anno e 4 mesi in Billions); il reggiano Leonardo Ranati; Federico Angelo Ciasullo di Modena (arrestato in flagranza per droga, a casa sua sono stati trovati 18 chili di hascisc e 4 di marijuana). Arresti domiciliari per Giovanni Battista Moschella, 63 anni calabrese di Vibo Valentia residente a Modena già detenuto per l’operazione “Radici”, il maxi processo contro le ’ndrine reggine e di Vibo che taglieggiavano la Romagna (il maxi processo si è appena aperto a Ravenna); Francesco Campaniello, casertano residente a Reggio; Giambattista Di Tinco di Reggio (legale rappresentante della Dg Service, ditta di noleggio furgoni a Calerno, già comparso in Billions 2); Emilio Francesco Anastasio, cutrese residente a Cadelbosco Sopra; Enrico Cavalli di Scandiano; Guido Cigni di Scandiano (andato in carcere perché senza alloggio disponibile); Federico Angelo Ciasullo di Modena.

Ai commercialisti Gianfranco Grande e Roberto Vecchioni la misura interdittiva del divieto temporaneo per un anno di esercitare la professione. Stessa misura, più obbligo di firma, per l’imprenditore Enrico Passerini.

Secondo il gip Luca Ramponi esisteva un sodalizio operante a Reggio, attivo nel 2020-2021 e fino ad oggi, che è stato scoperto grazie a migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, monitoraggi anche Gps, perquisizioni e sequestri, accertamenti bancari e documentali. Un «societas sceleris» con una stabile organizzazione di persone e mezzi, il cui scopo principale (dietro a uno schermo di imprese all’apparenza lecite) era emettere e ricevere fatture false per consentire a società conniventi di evadere le imposte e l’Iva: c’era una precisa divisione di compiti e si assicurava una retribuzione costante agli associati.

Secondo l’accusa alla sommità della piramide c’erano i capi e promotori fratelli Lequoque, dai quali dipendevano direttamente o indirettamente parecchie imprese: erano il “motore” direttivo dell’organizzazione. Un ruolo apicale aveva anche Leonardo Ranati, con capacità organizzativa e autonomia decisionale, anche se per gli inquirenti eseguiva le direttive dei fratelli: è Ranati a parlare di «noi» e a definirsi appena al di sotto dei Lequoque, lui a reclutare i prestanome e a prendere accordi con i commercialisti.

Attorno al trio una girandola di società cartiere, edili e non: la Cavalli & C. Srls di Reggio, la General Trade Srls di Scandiano, la Eco Impianti Srls di Mirandola (Mo), la VS Group Srl di Reggio, la Bi.Service di Modena, la Evolution Dreams Srls di Cadelbosco Sopra e altre società all’estero tra Grecia e Bulgaria (tra queste la Luxury Services Ltd). Gli altri parecipi si dividevano in prestanome e prelevatori. Penserini era l’anello di collegamento tra il gruppo e gli imprenditori in difficoltà da agganciare. Mentre per i commercialisti, che secondo gli inquirenti erano consapevoli degli illeciti e si adoperavano per allestire le società, i pm ipotizzano un contributo concorsuale esterno all’associazione. 

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