Gazzetta di Reggio

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Alla manifestazione in piazza

«Mio padre combatte in Ucraina: temo che ogni notte sia l’ultima»

Nicolò Valli
«Mio padre combatte in Ucraina: temo che ogni notte sia l’ultima»

La triste storia di Yulia e della figlia Stefania a due anni dall’inizio del conflitto con i russi

25 febbraio 2024
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Reggio Emilia «Mio padre e mio marito sono in Ucraina, mentre io sono rimasta qui a Reggio Emilia con mia figlia Stefania, di quattro anni, e mia madre. Siamo originari di Odessa, dove è tornato mio marito per dare una mano, mentre mio papà è a combattere contro i russi a Kherson. Ho paura, ogni notte vado a letto con la speranza di risentirli il giorno dopo».



Sul volto di Yulia, 33 anni e una lingua italiana abbastanza fluente, è difficile intravvedere sorrisi. La sua è una delle tante storie comuni a numerose donne ucraine, le cui vite, esattamente due anni dopo l’invasione da parte della Russia, sono totalmente cambiate.

Sabato pomeriggio, in piazza della Vittoria, nel cuore della città, c’erano oltre duecento persone a manifestare e chiedere lo stop del conflitto, poche ore prima che partisse la marcia per la pace (di cui riferiamo nelle pagine precedenti).

Per la maggior parte erano donne, in quanto gli uomini sono in patria a difendere la nazione. Alcune di loro tenevano in mano cartelloni con immagini tragiche di questi 24 mesi: edifici distrutti, strade bombardate, vittime a terra. Nei loro occhi tutto il dolore che hanno vissuto e stanno vivendo, direttamente o indirettamente. Davanti a Yulia, la figlioletta Stefania gioca serenamente, quasi ignara di quanto sta succedendo e dei pericoli che ogni giorno devo affrontare papà e nonno.

In realtà, dice la mamma, ne è perfettamente cosciente: «Per il primo anno ho fatto finta di niente – ammette –: pensavo fosse troppo piccola per spiegare tali brutalità. Poi è cresciuta e ha cominciato a informarsi su tv e cellulare. Non potevo più fare finta di niente. Col papà ci sentiamo tutti i giorni, mentre col nonno non è scontato che riusciamo a fare la videochiamata. Mangia come può, dorme scavando buche e riparandosi dal freddo con le schiene dei compagni al fronte. Non vedo l’ora che la guerra finisca per riabbracciarci tutti insieme. Quel giorno sarà bellissimo».

In piazza, la commozione era evidente: dominavano le bandiere dell’Ucraina, sventolate da tre generazioni differenti: anziani, adulti e bambini, tutti uniti a difesa di un popolo. La manifestazione, organizzata dall’Associazione volontari ucraini italiani e sostenuta dai gruppi politici +Europa e Italia Viva, è cominciata con l’inno nazionale cantato a squarciagola, prima del minuto di silenzio accompagnato dalle lacrime dei presenti. Da quel tragico 24 febbraio 2022 hanno perso la vita migliaia di civili ucraini, mentre tanti bambini sono stati rapiti per contribuire alle mire espansionistiche del regime di Putin.

«La cultura ucraina è sotto attacco – hanno rimarcato i referenti – e per cultura intendiamo il patrimonio naturalistico, artistico, architettonico ed ecologico perduto e sotterrato dalle bombe».

In piazza si è sentita anche la musica, con le note di canti popolari e nostalgici che ricordano persone decedute.

«Questo brano racconta la storia di un bimbo che ha perso la mamma e chiede dov’è finita», ci spiegano quando chiediamo la traduzione. Proprio come nei primi mesi del conflitto a Kharkiv sotto la metropolitana, la musica rappresenta ancora un mezzo di libertà, intesa come espressione ed evasione. Oltre 200 ucraini, dunque, ma non sono mancati i reggiani: Olmo Gandolfi ha sventolato uno striscione in cui erano scritti 300 nomi di bimbi uccisi. «Li ho recuperati da internet, mi sembrava doveroso essere qui», ha detto; Luca Villani si è invece vestito coi colori dell’Ucraina, il giallo e il blu: «Seguo la vicenda sin dai primi anni 2000 e non potevo non esserci. L’anno scorso ho allestito in piazza Prampolini una bancarella in cui ho aiutato a raccogliere fondi e materiale».