Gazzetta di Reggio

Reggio

Dopo la sentenza

L’operatrice della casa di riposo assolta: «Mi sento rinata dopo anni d’inferno: non ho mai fatto del male a qualcuno»

Serena Arbizzi

	Da sinistra l'operatrice Maria Di Francesco e l'avvocata Pina Di Credico
Da sinistra l'operatrice Maria Di Francesco e l'avvocata Pina Di Credico

Parla Maria Di Francesco licenziata dopo l’inchiesta sulla struttura di Mandriolo di Correggio

29 febbraio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Correggio «Quando il mio avvocato, Pina Di Credico, mi ha detto che ero stata assolta, sono scoppiata in lacrime di gioia. Ho provato la sensazione liberatoria di rinascere dopo anni d’inferno in cui ho avuto tantissime difficoltà, emotive ed economiche».

È un fiume in piena nell’esprimere sollievo e gratitudine, Maria Di Francesco, l’operatrice della casa di riposo di via Mandriolo assolta perché il fatto non costituisce reato dall’accusa di maltrattamenti verso un anziano.

Maria si racconta a quasi una settimana dalla sentenza che ha assolto le sei operatrici, accusate a vario titolo di maltrattamenti e violenza privata ai danni di un anziano ospite della casa di riposo di Correggio. La Procura aveva chiesto per loro pene dai due e fino a sei anni e mezzo di reclusione.

«Abbiamo deciso di parlare ora perché i processi si fanno in aula – spiega l’avvocato Di Credico –. A mia domanda specifica, nel corso del processo, è stato detto esplicitamente che Maria è stata licenziata in seguito alla divulgazione del video che la riguardava. Ora, questa sentenza, le consente la giusta riabilitazione».

Maria, com’è iniziato l’incubo che ha vissuto negli ultimi anni, in seguito al quale è arrivata l’assoluzione?

«La Coopselios mi ha inviato una raccomandata in cui c’era scritto che mi licenziavano “per giusta causa”. Questo è avvenuto all’indomani della diffusione del video, dopo 10 anni di assunzione a tempo indeterminato, senza che avessi mai ricevuto un richiamo. Poi, sono stata convocata a Reggio Emilia per un incontro con i referenti della cooperativa».

Dopo cosa si verificò?

«Mi diedero un licenziamento di 14 euro: sono state trattenute, infatti, le somme necessarie a coprire alcuni debiti che avevo».

Lei come reagì a quella situazione?

«Sono crollata. Per un po’ non sono uscita di casa perché tutti mi chiedevano del video. Ho avuto forti difficoltà, sia dal punto di vista emotivo, sia dal punto di vista economico. Uno stipendio in meno in casa si sentiva. Per fortuna ho potuto appoggiarmi alla mia famiglia, a mio marito e ai miei figli, e alle mie amiche. Ho percepito, per un periodo l’indennità di disoccupazione. Facevo domande di lavoro e, inizialmente, mi davano il via libera, dicendo che avrei potuto passare a ritirare al divisa. Poi, il giorno dopo, mi richiamavano per dire di non andare. Dal 2020 al 2022 ho trovato impiego a Carpi e a San Martino in Rio, presso famiglie private. Attualmente, assisto un disabile».

Nel corso del processo si è parlato di una frase pronunciata da lei.

«Il senso era che avrebbero dovuto fornire una terapia all’anziano per farlo dormire».

Che problemi aveva quest’anziano?

«Non riusciva a dormire la notte. Si ribellava ai tentativi di sistemarlo. E noi operatrici ci trovavamo in una situazione di forte stress: eravamo in due su 47 degenti da seguire. Alcune parole le ho detto come sfogo, nella convinzione che l’anziano - che conoscevo perché era stato anche mio vicino di casa - non capisse. Di certo, non avevo nessuna volontà di offenderlo. Il mio lavoro era apprezzato dalle famiglie degli ospiti: in un’occasione la famiglia di una degente defunta mi aveva chiamata per scegliere gli abiti da infilare alla propria cara: se io fossi stata una persona così brutta come sono stata dipinta, perché mai mi avrebbero chiamata?».

Qual era il clima generale all’interno della struttura?

«Io e le altre lavoravamo tutte quante allo stesso modo, con la passione che richiede un incarico così delicato come il nostro. E, ripeto, non ho mai detto nulla con l’intenzione di offendere l’anziano che, tra l’altro, conoscevo, dal momento che era stato un mio vicino di casa».

Qual è stata la cosa che le ha dato più fastidio di questi anni difficili?

«Sono passata per quello che non ero. Quel video che è stato diffuso ovunque mi ha fatta e mi fa stare ancora male. Ora sto un po’ meglio. Quando, poi, ho sentito della richiesta di cinque anni di pena a mio carico mi è crollato il mondo addosso. I miei figli temevano che io potessi andare in carcere ed ero fortemente preoccupata anche per loro, per come si potevano sentire».

Adesso che è stata pronunciata la sentenza di assoluzione cosa si augura per il suo futuro?

«Di tranquillizzarmi, ho avuto difficoltà, legate all’ansia e alla forte tensione provocata dal licenziamento e da tutto quello che ne è seguito. Per fortuna, non sono stata sola nell’affrontare tutto questo calvario. L’avvocato Di Credico è stata meravigliosa: ha dimostrato competenza e, inoltre, ha saputo starmi vicina».