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L’eredità di Arthur Schopenhauer «Generazione Z tra noia e dolore»

Matilde Mariani*
L’eredità di Arthur Schopenhauer «Generazione Z tra noia e dolore»

L’obiettivo se raggiunto spalanca il senso di vuoto

05 marzo 2024
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La vita dell’uomo e, in particolare, dei ragazzi della “Generazione Z”, può essere definita come un «pendolo che oscilla tra noia e dolore»? E cosa si cela dietro lo stato d’animo della noia, così diffuso tra i giovani, insieme a demotivazione e apatia? È stato Arthur Schopenhauer, uno dei pensatori più enigmatici del XIX secolo, nato 236 anni fa a Danzica, in Polonia, ad indagare questo tema proponendo uno sguardo su questo stato d’animo ad oggi condiviso da numerosi ragazzi, spesso inquadrati come persone dalla vita ordinaria, basata su una routine che non regala mai troppe soddisfazioni e che non consente di avere stimoli o di dedicarsi attivamente ai propri interessi. La filosofia di Schopenauer è stata completamente ignorata fino al 1851, quando, con la pubblicazione di “Parerga e Paralipomena”, ha cominciato a diffondersi il suo pensiero, divenuto centrale nel XIX secolo con “Il mondo come volontà e rappresentazione”. È tutt’oggi famoso per il suo spiccato pessimismo nei confronti della vita, ma lo è ancor di più perché fu uno di quei pensatori che non applicarono mai le proprie teorie alla vita. La filosofia schopenhaueriana viene spesso ripresa quando si tratta di epoche di crisi, di aperta sfiducia verso le possibilità dell’uomo o della sua storia e dunque più esposte al pessimismo. L’autore presenta la vita come un pendolo: la maggior parte del tempo, infatti, si vive avvicinandosi all’estremo della noia, lo si raggiunge, e poi ci si sposta verso l’altro estremo del dolore. Per Schopenhauer l’uomo è alla ricerca continua di un desiderio da appagare e fa di tutto affinché ciò non accada, ma quando si rende conto di aver soddisfatto un bisogno attiva una ricerca continua di un piacere che, però, non toccherà mai in maniera permanente. Gli unici istanti di felicità starebbero nel mezzo e durerebbero come un battito d’ali. Schopenhauer identifica questi attimi di sollievo con il piacere e la gioia, sensazioni molto gradevoli che potranno portare all’uomo un godimento temporaneo, corrispondente solo al momento in cui raggiungerà l’obiettivo tanto voluto. L’individuo si pone così alla ricerca di continui traguardi, ai quali, però, tende immediatamente ad assuefarsi. Alla gioia temporanea subentra dunque il vuoto. Questo meccanismo descrive molto bene l’approccio alla vita comune ai giovani, i quali, spesso troppo presi dai traguardi prefissati e dalle loro aspirazioni, tendono a dimenticare di godersi i vari momenti della vita. Appena raggiungono uno scopo, ne ricercano immediatamente un altro, senza neanche essere soddisfatti del traguardo raggiunto. La felicità si lega all’obiettivo, che, una volta acquisito, inaugura una corsa forsennata verso quello successivo e, nel mezzo, spalanca il senso di vuoto. Il tema della noia è ancora molto discusso, ma in una chiave che rimanda sempre al pensiero di Schopenauer. Anche il filosofo Galimberti, infatti, in uno dei suoi ultimi scritti, analizzando il contesto nel quale crescono i giovani di oggi, sottolinea la presenza di «un ospite inquietante»: il nichilismo, vale a dire la percezione del nulla. Sostiene che non hanno più passioni, che non nutrono curiosità nei confronti della vita, che sono vittime passive della propria esistenza. Se da una parte ritiene che l'apatia sia causata dalla sensazione di aver smarrito il senso della vita, dall’altra invita a prestare attenzione perché dalla noia può nascere un impulso incontenibile verso un divertimento sfrenato che, appena concluso, fa ripiombare l'individuo in un “pozzo senza fondo”. Schopenhauer lascia così una grande eredità ai posteri, ma al contempo anche una sfida che consiste nel convincere l’umanità che le cose non siano così e che l’uomo sia destinato a qualcosa di più nella sua esistenza. Forse il vero segreto risiede nel ricercare all’interno di ognuno di noi degli “attimi luminosi” che rendano la nostra esistenza degna di essere vissuta e far sì che questi schiariscano il nostro percorso il più frequentemente possibile, affinché si possano vivere più momenti felici che noiosi e dolorosi.

*Studentessa del liceo Moro