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Porta in casa l’amante, finisce a processo e viene assolto

Serena Arbizzi
Porta in casa l’amante, finisce a processo e viene assolto

L’uomo doveva rispondere delle accuse di maltrattamenti, lesioni e minacce

07 marzo 2024
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Gualtieri Inizialmente l’aveva presentata come un’amica, ma poco dopo la moglie ha capito che si trattava di un’amante, e si è ribellata al marito, finito a processo con l’accusa di maltrattamenti, minacce e lesioni. Accuse dalle quali ieri l’imputato – assistito dalle avvocate Federica Ghesini e Cristiana Barbieri – è stato assolto.

La moglie trentenne, dopo avere sposato l’uomo, con lui ha avuto quattro figli e ha accettato di buon grado la convivenza, segnata dalle regole del paese di origine, il Pakistan, dove anche lei è nata, frequentando però tutte le scuole in Italia e diventando anche mediatrice culturale. Proprio nella Bassa reggiana, la trentenne ha creato la sua famiglia con il marito, un operaio coetaneo che un giorno ha portato in casa un’amica. Si trattava, in realtà, di un’amante, per allontanare la quale si è ribellata al marito. Il caso è approdato in tribunale con un’accusa di lesioni e maltrattamenti.

Quando ha detto al marito di mandare via quella donna e di non frequentare più l’amante, lui avrebbe iniziato a minacciarla, in un’occasione brandendo un coltello, come raccontò la la moglie nell’ottobre del 2018 alle insegnanti dei figli, che fecero partire una prima segnalazione ai servizi sociali, i quali attivarono il tribunale dei minori.

A maggio del 2019 la donna ha preso la decisione di riconciliarsi con il marito. Ma la pace è durata poco. Sono partite nuovamente le accuse di frequentare l’amante. Da lì una forte lite, con il marito che, appena fuori casa, spinge la donna contro una vetrata, che si infrange.

Ieri il giudice ha pronunciato la sentenza di assoluzione per tutte le accuse. Per i maltrattamenti, perché il fatto non sussiste; per le lesioni, perché il fatto non costituisce reato: per le minacce, perché il fatto non sussiste.