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La visita per Scuola2030

Parmigiano Reggiano, la tradizione è di casa al caseificio Tricolore

Letizia Chiantera*
Parmigiano Reggiano, la tradizione è di casa al caseificio Tricolore

Il viaggio delle studentesse dell’istituto Motti alla scoperta della produzione del re dei formaggi

19 marzo 2024
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Scoprire la tradizione e l’arte del prodotto più iconico delle nostre terre. Le studentesse dell’istituto Motti lo hanno fatto lunedì scorso insieme ad Igino Morini, curatore della promozione turistica del Parmigiano Reggiano, con cui hanno assaporato il formaggio che non può mai mancare sulle nostre tavole. L’aspetto che colpisce più di tutti è che è formato solamente da tre ingredienti, cioè latte crudo di prima qualità, caglio e sale. La visita si è svolta all’Antico Caseificio Tricolore, aderente al Consorzio del Parmigiano Reggiano, fondato nel 1934, esattamente 90 anni fa. Forse non molti sanno che il Parmigiano Reggiano ha una storia di produzione che affonda le proprie radici nel Medioevo, grazie ai monaci benedettini e cistercensi, che ricercavano un formaggio in grado di conservarsi nel tempo. Fu il Duca Ranuccio I Farnese a certificare per la prima volta le caratteristiche di questo prodotto così unico.

La tecnica di produzione è rimasta pressoché la stessa nelle varie generazioni, infatti la sua produzione è concentrata esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a destra del fiume Po.

Il processo che porta alla nascita del Parmigiano Reggiano è unico al mondo e avviene in diverse fasi: tutto però parte dagli allevamenti in cui le bovine vengono alimentate con foraggi di prima qualità. Innanzitutto per la produzione del formaggio, si parte appunto dalla mungitura della vacca.

Il Disciplinare prevede che per la produzione venga utilizzato il latte della mungitura del mattino e quello della sera precedente, che si congiungono all’interno di vasche in acciaio. Il latte crudo viene poi trasferito in grandi caldaie, dette anche a doppio fondo, formate da una parete interna in rame e una parete esterna in acciaio. Oltre al latte, vengono immessi anche il caglio naturale di vitello e il siero innesto, ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente, e ricco di fermenti lattici naturali. Dopo aver aggiunto questi due ingredienti “segreti” si passa alla rottura della cagliata, grazie allo strumento dello spino, usato dal maestro casaro. A questo punto, dopo averla frammentata in piccoli granuli, si inizia con la cottura, controllata frequentemente dal casaro. Grazie al calore i granuli si asciugano e cadono tutti verso il fondo della caldaia, dove si uniscono per formare una massa da 100 kg. Dopo un’ora l’insieme di granuli compatti viene tagliato in due blocchi diversi da 50 kg che vengono raccolti con un telo di lino. Le due masse vengono poi spostate tramite delle carrucole all’interno di stampi (chiamati “scalzi”) dove finalmente inizieranno a prendere l’iconica forma circolare del Parmigiano Reggiano. Qui viene posta anche la fascia marchiante che incide sulla forma il mese e l'anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio, che in questo caso è il Tricolore, e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza delle forme. Infine la placca di caseina identificativa.

Come ha spiegato accuratamente Morini, «dopo alcuni giorni il formaggio, ancora morbido, viene immerso all’interno di un’enorme vasca di salamoia, dove riposerà per 16 giorni e per osmosi avverrà la salatura».

Appena viene estratto dalla cisterna si riesce subito a notare che il Parmigiano Reggiano si è indurito. Infine arriva la stagionatura in grandi magazzini con lunghissime scaffalatura, simili a librerie non piene di libri ma di centinaia e centinaia di forme.

La stagionatura del Parmigiano Reggiano è un viaggio lento e profondo attraverso il tempo, che permette al formaggio, col passare dei mesi, di trasformarsi in un’opera d’arte gustativa che preserva la storia delle nostre terre. Infatti per diventare tale deve stagionare per almeno dodici mesi. Compiuto l’anno, sarà il battitore del Consorzio ad esaminare la forma e stabilire se può essere considerato Parmigiano Reggiano.

*Studentessa dell’istituto Motti