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L’intervista

Maurizio Landini contro il governo: «La legge delega premia gli evasori con i condoni»

Serena Arbizzi
Maurizio Landini contro il governo: «La legge delega premia gli evasori con i condoni»

Il segretario tuona contro il Governo all’assemblea generale della Cgil

19 marzo 2024
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Reggio Emilia «Il governo Meloni ha già fatto abbastanza guai: allarga la precarietà, fa i condoni, favorisce l’evasione fiscale: esattamente il contrario di quello che serve. Tutto ciò mentre continua a tassare dipendenti e pensionati e non tassa rendite finanziarie e immobiliari e non ha fatto nulla sugli extraprofitti». Parola di Maurizio Landini, segretario nazionale di una Cgil che si prepara a un’intensa stagione di lotta per rimettere al centro i diritti dei lavoratori e la legalità, a margine dell’assemblea generale delle assemblee generali reggiane del sindacato al teatro Asioli di Correggio, dov’è stata approntata la road map alla mobilitazione e Landini ha pronunciato il discorso conclusivo.

In Italia la media dei redditi è di poco superiore ai 30.000 euro e i lavoratori dipendenti percepiscono redditi anche di molto inferiori ad altri Paesi europei.
«Nel nostro Paese esiste un’emergenza salariale. Siamo di fronte al nodo dei contratti nazionali fermi e serve partire da una riforma fiscale seria che combatta l’evasione e riduca la tassazione sul lavoro dipendente e i pensionati».

Cosa serve per invertire la rotta?
«Riforma fiscale e tassazione ridotta sono strumenti essenziali da mettere in campo. Occorre una mobilitazione per sostenere le richieste avanzate dalle categorie per cambiare la legge delega del governo. Legge che premia gli evasori con condoni e non sta andando a prendere i soldi dove sono».

E sulla precarietà?
«È un altro tema che emerge con forza. I salari sono più bassi in Italia perché la precarietà è molto estesa. Accanto a ciò, in questi anni si è favorita una riorganizzazione delle imprese con il sistema di subappalti, liberalizzando addirittura il subappalto a cascata, facendo prevalere una competizione sul massimo ribasso e quindi sulla riduzione dei diritti e la qualità dei servizi».

Quindi, qual è la ricetta?
«Vanno cambiate le leggi sbagliate fatte dai governi degli ultimi vent’anni, in particolare da questo, che invece di cancellare le norme sbagliate ne introduce di nuove e le peggiora, ad esempio con il subappalto a cascata. Questi sono terreni d’iniziativa. Come Cgil stiamo ragionando di lanciare una campagna di raccolta firme per referendum che abroghino leggi sbagliate su precarietà e appalti per tutelare i lavoratori».

Quella dei morti sul lavoro è una piaga inarrestabile. Cosa farete per contrastarla?
«È una strage, quella dei morti sul lavoro. Se si scende in profondità, si scopre che la maggior parte di questi episodi avviene in aziende in appalto e riguarda lavoratori precari, o che non sono stati formati, o riguardano, ancora, imprese che non rispettano le norme su tutele e sicurezza. Insieme alla Uil, il 27 si terrà un’assemblea sulla sicurezza. Per il 20 aprile organizzeremo una grande manifestazione per una lotta con cui chiederemo un fisco più giusto e la necessità di aumentare gli investimenti su sanità pubblica, salute, dalla non autosufficienza fino alla sicurezza sul lavoro. Chiediamo in modo esplicito l’aumento dei salari, perché non si può accettare che gli unici che stanno pagando il prezzo della crisi siano coloro che producono ricchezza in questo Paese».

Sulle norme, quali gli interventi necessari?
«Quando si parla di salute e sicurezza sul lavoro ne servono almeno tre. Primo: ripristinare una legge cancellata nel 2003 dall’allora governo Berlusconi e ripristinare il trattamento di parità economica e normativa di tutti quelli che lavorano nel sistema degli appalti. Oggi, invece, avviene una progressiva riduzione di diritti, tutele salariali e normative. Il trattamento economico e la normativa devono essere sempre uguali. Secondo: serve un intervento sulla formazione – anche alle imprese – che deve essere fatta prima che le persone agiscano. Bisogna, inoltre, rafforzare gli interventi di ispettori e medicina sul lavoro. E serve una vera patente a punti, non solo per il settore edile: deve riguardare tutti e non può essere una presa in giro come quella del governo. Quando a un’impresa basta un corso di formazione per recuperare i punti persi dopo infortuni mortali, è una presa in giro che continui a lavorare. Noi vogliamo che ci sia una classificazione delle imprese: perché possano lavorare vanno giudicate nella durata, non che ogni due anni cambino nome, ma che abbiano un pedigree preciso e se succedono incidenti seri non possano più partecipare agli appalti. Per questo pensiamo anche una giornata di sciopero generale nazionale che sostenga e accompagni la discussione in Parlamento».

E sulla legalità, la Cgil cosa farà?
«Intanto saremo presenti giovedì alla giornata organizzata a Roma da Libera in ricordo delle vittime delle mafie. Oggi battersi contro la criminalità organizzata vuol dire battersi per il lavoro, affermare il diritto al lavoro e un sistema legislativo che metta fuori legge chi non rispetta le norme. Legalità significa anche diritto alla cura, a salute, istruzione, una vera lotta all’evasione fiscale. Poi come Cgil il 29 aprile saremo a Palermo in ricordo di Pio La Torre, ucciso dalla mafia per la legge sulla requisizione dei beni alla criminalità organizzata: saremo nella scuola dove lui ha studiato insieme ai giovani».

Il processo Aemilia è stato uno spartiacque.
«Quanto avvenuto nella nostra città fa riflettere. Se uno dei più grandi processi contro la ’ndrangheta è stato fatto a Reggio Emilia – non a Reggio Calabria – c’è di che riflettere. Nel nostro Paese l’unica cosa che unisce è la presenza ovunque della malavita organizzata. Noi dobbiamo costituire una mobilitazione anche culturale che sia all’altezza: applicare la Costituzione in tutti i suoi principi vuol dire affermare quella cultura della legalità, di diritti e giustizia sociale. Per questo siamo contrari all’autonomia differenziata, al Governo che pensa di cambiare la Costituzione. Il 25 aprile e il 1° maggio mai come quest’anno non sono solo ricorrenze, ma di mobilitazione e lotta molto concrete».