Gazzetta di Reggio

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L’intervista

«Il nostro è un grido d’allarme: il centro storico così è in agonia»

Elisa Pederzoli

	Stefano Camparini
Stefano Camparini

Reggio Emilia: Stefano Camparini della storica gioielleria di via Emilia San Pietro lancia l’allarme

20 marzo 2024
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Reggio Emilia «Non la voglio chiamare una denuncia, perché poi ci mettiamo a litigare. Mentre io non lo voglio fare, neanche nei confronti di questa amministrazione. Il mio è un grido d’allarme. A pochi mesi dalle elezioni, vorrei che ci fosse una presa di coscienza sul fatto che il centro storico di Reggio Emilia è in agonia».

La voce è quella di Stefano Camparini, titolare in via Emilia San Pietro di un’attività commerciale – 170 metri quadrati di gioielleria e orologeria, venditore ufficiale di brand di lusso noti in tutto il mondo – che ha una storia centenaria. Non è abituato a esporsi. E farlo – si vede dagli occhi – gli costa. Ma nelle sue parole si scorge tutto l’amore per una città dove è nato, vive e ha scelto di continuare a investire.

La fotografia che scatta dell’esagono è impietosa. «Non ci sono più attività, il centro storico è completamente in abbandono. Ci sono parametri che parlano da soli. È una situazione che non è giustificabile. Non si può andare avanti così e non cercare di riqualificare determinate zone».


La sua analisi parte dalle piccole cose. «I negozi sono sfitti, nessuno investe? D’accordo, però, la città può essere bella lo stesso. Non giustifica vedere le vetrine nelle condizioni in cui sono. I proprietari potrebbero tenerle pulite, il Comune sanzionare chi non lo fa, organizzare delle gigantografie magari con immagini storiche. Noi, quando abbiamo avuto i lavori, le abbiamo coperte, cercato di abbellirle. Quanto costerà riempire la città di verde? Ci vuole davvero poco» riflette. Anche sul recente bando annunciato dal Comune a favore delle nuove attività è scettico. «Ventimila euro l’anno? A cosa servono? Servirebbe una detassazione per i primi 5 anni...».

Camparini – con accanto la figlia Cecilia che gli fa eco: lei rappresenta la quarta generazione che porta avanti l’attività – punta anche il dito contro il degrado. «La gente porta a spasso il cane e non raccoglie le deiezioni. C’è un senzatetto che si fa in vena da tempo qui davanti e nessuno fa niente. Se partiamo dal presupposto che non si può fare niente, penserà che quello è il suo posto».

L’imprenditore parla di sicurezza – «Ci vorrebbe il vigile di quartiere» – ma anche di parcheggi: «Abbiamo commesse che devono parcheggiare alla Polveriera, ma poi la sera hanno paura di andare da sole alla macchina» fa notare. «Venire a lavorare in centro storico significa dover mettere in conto il costo degli abbonamenti e non avere neanche la garanzia di trovare posto. Possibile che per chi ci lavora non siano previste agevolazioni?».

Il suo è uno sfogo, quello di un imprenditore e un cittadino che su alcune evidenze riflette da tempo. «Tutto quello che è stato fatto, è venuto male. Pensiamo al Mercato coperto – dice –. Tutti speravano che sarebbe stata la svolta, invece... È brutto citare altri esempi, ma non siamo riusciti a fare quello che ha Modena, pur avendo a disposizione non un posto non bello, di più!».

Allora, cosa fare? «Come commerciante, se dovessi dare un consiglio, credo che questa città – visto che non si può più permettere un commercio spicciolo – abbia bisogno di trovare artigianato e botteghe. Credo che le idee vengano parlando. Credo che questa amministrazione e quella che verrà, qualsiasi sia, debba dialogare. Qualcuno uscendo dal palazzo deve guardare la città e siccome ci sono referenti che sono qui da più di 100 anni, possono alzare la cornetta e venirci a chiedere: secondo voi cosa stiamo sbagliando? A costo zero!». E conclude: «Facciamo un pezzo alla volta, ma facciamolo insieme. Cerchiamo una strategia: ho voglia di sentire un programma definito per il centro. Ancora non c’è ».