Gazzetta di Reggio

Reggio

Sicurezza in zona stazione a Reggio Emilia: è sufficiente l’esercito in strada?

Giuseppe Galli
Sicurezza in zona stazione a Reggio Emilia: è sufficiente l’esercito in strada?

Dall’errore di chiudere nel 2013 il commissariato di polizia al San Lazzaro ai ritardi nel trasferimento del comando della polizia locale in viale IV Novembre

21 marzo 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Dalla chiusura del Commissariato San Lazzaro di via Doberdò alla mancata apertura del comando della polizia locale in viale IV Novembre che, secondo i programmi, doveva essere aperto nel 2020. Dal funzionamento a singhiozzo del posto di polizia di via Turri 25/A, aperto il 10 giugno 2013 e chiuso per carenza di organico nel dicembre del 2017, per poi essere riaperto cinque anni fa, il 19 marzo 2019, all’attuale raccolta firme per chiedere l’arrivo dell’esercito.

Non è certo da oggi – anche se l’appuntamento elettorale di giugno ha infiammato il dibattito proprio su questo tema – che i cittadini che vivono nel quartiere della stazione si trovano ad affrontare il nodo sicurezza. Un tema rovente, in un quartiere problematico, che già nel 2001 aveva spinto l’allora sindaca Antonella Spaggiari ad andare fino a Roma per prendere accordi col capo del dipartimento di polizia per aprire il commissariato: da tempo, infatti, si sentiva l’esigenza di rafforzare i controlli in città, dando supporto alle azioni di sicurezza pubblica.

Oggi come allora, si continuano a chiedere presidi fissi e maggiori controlli, dopo che i progetti d’integrazione, i controlli sulle residenze e le riqualificazioni hanno permesso di fare importanti passi avanti, anche se non risolutivi, sia per quanto riguarda la percezione di sicurezza dei cittadini sia per il decoro del quartiere. Un quartiere ancora alle prese con balordi che bazzicano sotto i portici, omicidi tra senzatetto, viavai di spacciatori a tutte le ore del giorno e della notte, ubriachi, risse ed episodi di criminalità che rendono sempre più problematica la convivenza tra i residenti storici e un numero imprecisato di sbandati.

Ora, come se fossero la panacea di tutti i mali, si chiede (si pretende, o forse si spera) che due militari posizionati a turno davanti alla porta della stazione storica, con sguardo fisso su piazzale Marconi e, magari, un fucile in spalla, possano risolvere un problema che esiste da più di vent’anni e ridare ai cittadini la sicurezza perduta. Occorre ricordare che l’esercito non ha potere nella gestione dell’ordine pubblico o della sicurezza urbana e che, nel caso in cui davanti ai loro occhi, o poco distante, dovesse scoppiare una rissa, verificarsi una rapina o ci fosse la cessione di una dose di droga, i militari dovrebbero chiamare polizia o carabinieri e chiedere il loro intervento.

Ma in uno Stato come l’Italia, in cui l’impianto giuridico-legislativo non consente di liberare il suolo pubblico e i costi per i rimpatri sono troppo onerosi, i protagonisti di una rissa, i piccoli spacciatori e i balordi, il giorno dopo l’eventuale arresto saranno comunque di nuovo lì, come due giorni prima, a riprendere le loro attività illecite, senza il timore di essere puniti o allontanati.

Prima dell’esercito, quindi, sarebbe opportuno che venissero mandati quei cinquanta poliziotti che, secondo le stime del sindacato Siulp, mancano nell’attuale organico della questura di Reggio, a cominciare dagli agenti della Stradale, per arrivare a quelli della Polfer (che non riesce a coprire i turni di notte, avendo a disposizione una quindicina d’agenti per due stazioni) e dell’Upgsp (Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico) da cui dipendono anche gli agenti in servizio al posto di polizia di via Turri, spesso chiuso per mancanza di personale.

E servirebbero, soprattutto, progetti e leggi per far sì che le persone che arrivano in Italia sui barconi, per poi essere distribuiti nelle varie città, possano andare a scuola (i minorenni) o a lavorare (i maggiorenni), anziché rimanere giornate intere in piazzale Marconi a vivere di espedienti, creando problemi di sicurezza, degrado e ordine pubblico. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA