Nato prematuro, dopo quattro mesi di ricovero Achille torna a casa
Castellarano Dimesso dal reparto di Neonatologia del Policlinico di Modena che lo ha salvato. Mamma e papà: «Eternamente grati»
Castellarano Il piccolo Achille torna a casa. Al termine di quattro mesi di ricovero nella neonatologia dell’ospedale di Modena il piccolo, nato prematuro di 23 settimane, potrà per la prima volta varcare la soglia di casa tra le braccia di mamma Althea e papà Luca.
Quasi inutile dire che per la famiglia Schenetti-Manelli di Castellarano questa sarà una Pasqua davvero speciale.
Di certo è una Pasqua foriera di buone notizie, come questa che arriva dal Policlinico di Modena e in particolare dal reparto di neonatologia diretto dal professor Alberto Berardi, il cui staff ha salvato il piccolo Achille, nato l’8 dicembre scorso.
Una storia a lieto fine quella di questo bambino che è venuto alla luce alla 23esima settimana di gestazione: alla nascita pesava soltanto 640 grammi e tutto il personale della Neonatologia modenese si è preso cura di lui per quasi quattro mesi per permettergli di poter recuperare in termini di crescita e peso, monitorando lo stato di salute e tutte le possibili complicanze che possono verificarsi per un bambino così piccolo.
Adesso Achille ha raggiunto i 2,4 chilogrammi di peso, sta bene e giovedì scorso, 28 marzo, è stato dimesso dal Policlinico per tornare a casa con mamma e papà.
«Achille doveva nascere a Pasqua – racconta la madre Althea Manelli, 33 anni, di Castellarano, a fianco del compagno Luca Schenetti, 41 anni – ed è stata una sorpresa il fatto che si siano presentate le contrazioni già alla 23esima settimana. Ci siamo rivolti all’ospedale di Sassuolo, dopo una visita hanno notato la dilatazione e quindi è stato disposto il trasferimento urgente in ambulanza al Policlinico di Modena. Dopo due giorni è stata monitorata la situazione e Achille è nato l’8 dicembre alle 17.47. Ho atteso cinque giorni prima di vederlo, poi sono arrivata in reparto. Ammetto di aver avuto molta paura, ma sono stata molto fortunata perché oltre ad avere un’équipe di medici e infermieri pronta, ho trovato tanta umanità. Per noi questa è stata una famiglia per quasi quattro mesi. Andare a casa adesso è lasciare un pezzo di cuore e saremo eternamente grati a tutti questi angeli che hanno aiutato Achille. Se è qua è per merito di tutta l’équipe di Modena che ringraziamo di cuore».
«Ringrazio l’equipe medico infermieristica per l’assistenza fornita al piccolo Achille - esordisce il professor Berardi -. Il supporto alla genitorialità è uno dei nostri obiettivi primari e viene raggiunto attraverso un lavoro multidisciplinare dell’equipe. Fin dall’inizio e per tutto il lungo periodo del ricovero abbiamo cercato di rimanere vicini e sostenere la madre e il padre. Si è trattato di un periodo impegnativo per l’équipe e per i genitori stessi che sanno di avere di fronte un lungo percorso, con potenziali alti e bassi. E per raggiungere il traguardo è perciò necessario prima di tutto riporre fiducia nel personale che assiste il piccolo paziente. Siamo sempre particolarmente felici quando abbiamo la possibilità di dimettere bambini sani, arrivati al termine della gravidanza e con un peso adeguato. I genitori hanno avuto pazienza, mostrandosi sempre vicini all’equipe, cosa che ci ha incoraggiato durante il lungo periodo dell’assistenza al piccolo».
«Nascere in una situazione di età gestazionale estrema – prosegue Berardi – può comportare numerosi problemi e incognite a causa di una estrema fragilità degli organi essenziali alla sopravvivenza come i polmoni e l’apparato cardiocircolatorio. I medici devono saper gestire le eventuali complicazioni. Ad esempio, durante i primi giorni di vita Achille ha necessitato di un supporto respiratorio importante, ma grazie alle cure del personale ha potuto superare queste iniziali difficoltà, e altre che si sono sviluppate successivamente, senza riportare complicazioni gravi».
«Il Policlinico – concludono Althea Manelli e Luca Schenetti - offre nella sua Neonatologia la possibilità ai genitori di poter restare a dormire in due stanze dedicate. Noi abbiamo scelto di tornare a casa nostra ogni giorno anche su suggerimento dei professionisti del reparto, in modo da preservare la nostra quotidianità e i nostri spazi, esserci quindi quando serve e in modo qualitativo. Ognuno deve vivere il proprio percorso, il dolore e la paura a modo proprio ma consiglio di affidarsi totalmente a queste persone speciali, l’unica possibilità è aggrapparsi alla speranza e a questi bimbi che sono forti e ci mettono il massimo del loro impegno per farcela».