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La prefetta: «Beni confiscati: una sconfitta». A Reggio Emilia su 43 immobili ne sono stati assegnati tre

Serena Arbizzi
La prefetta: «Beni confiscati: una sconfitta». A Reggio Emilia su 43 immobili ne sono stati assegnati tre

I dati all’evento di Comune, Consulta e Avviso Pubblico

03 aprile 2024
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Reggio Emilia «Quello dei beni confiscati è un cruccio, una grande voragine. Ci sono state norme che hanno avuto rimaneggiamenti con l’obiettivo di contenere i tempi, ma è una sconfitta». Non ha usato giri di parole, la prefetta Maria Rita Cocciufa all’evento conclusivo del corso di formazione promosso dal Comune, in collaborazione con la Consulta provinciale per la legalità e Avviso Pubblico.

Il contenuto al quale si riferisce la prefetta sono i dati esposti poco prima da Giammaria Manghi, capo della segreteria politica della Regione sui beni confiscati, indicando il punto dolente, seppur dopo le tante cose fatte, come i sei osservatori nati grazie agli accordi di legalità. «Sono 275 i beni confiscati in Emilia Romagna, di questi solo 80 sono stati destinati – evidenzia Manghi –. Esiste una temporalità troppo lunga tra l’acquisizione del bene e il passaggio all’ente che ne fa richiesta. L’attesa è troppo lunga».

A Reggio Emilia la proporzione è ancora più bassa: «Qui – continua Manghi – sono 43 i beni confiscati e solo tre sono stati assegnati». La prefetta si è collegata a questi dati, evidenziando che il percorso messo in piedi da Comune, Consulta e Avviso Pubblico «è molto interessante, affronta argomenti anche apparentemente distanti come gli atti intimidatori e i beni confiscati, ma che in realtà fanno parte di un grande puzzle su cui lo Stato ha il compito di accertare il rispetto delle regole. Sui beni confiscati... è una sconfitta. I terreni potrebbero essere grandi risorse per cooperative e giovani che vogliono lavorare. Ma, ad esempio, a Montecchio non riusciamo a venire a capo. Non alzerò mai bandiera bianca, ma abbiamo una montagna da scalare». Poi, la prefetta si sofferma sull’evoluzione negativa delle mafie al nord: «Questi sono territori ricchi, dove circola tanto denaro. Parliamo di 55.000 imprese: si tratta di un valore inestimabile, di produzione, di lavoro, operosità. È chiaro che dove circola denaro le mafie si buttano a capofitto, in modo diverso. Qui ci deve essere la Pax, non si spara: tutto questo è funzionale a un sistema che si è evoluto moltissimo. È ancora più difficile colpire questi fenomeni, che sono magmatici. Tutto qui si mischia ed è molto grigio. Abbiamo un apparato repressivo che ha dato risultati eccellenti e fa un lavoro enorme. Pensiamo alle 353 interdittive dal 2010, nessuna provincia ha mai fatto tanto. Il gruppo interforze è uno dei più specializzati d’Italia. E ricordiamo, al tempo stesso, le centinaia di liberatorie che rilasciamo ogni anno: quella è l’economia sana del territorio». Infine la stoccata agli ordini professionali.

«Le frodi carosello, le società cartiere... richiedono competenze specifiche: non le fanno gli ’ndranghetisti – indica la prefetta riferendosi agli «ordini professionali, perché se un giorno viene chiusa una società e il giorno dopo ne nasce una nuova, serve un notaio che la autorizzi», estendendo il ragionamento al ruolo di tutta la società e alla necessità di stare «sul pezzo o rischiamo che le cose ci sfuggano di mano. Il nostro compito è fare sì che questo territorio continui a lavorare in modo serio dando tante opportunità ai ragazzi che nascono qui o a chi sceglie di stare qui. Cerchiamo di allargare un orizzonte e diamo gli strumenti anche a chi non li ha o finge di non averli per poter intercettare certi segnali che poi sono quelli che non curati fanno precipitare nel baratro».

Il sindaco Luca Vecchi ha lanciato il monito a non «sottovalutare il senso dei protocolli, sono accordi volontari ma che stabiliscono un impianto più stringente». E ha ricordato come Aemilia abbia rappresentato uno spartiacque che ha portato a decisioni significative e risultati importanti, «come la scelta di portare il processo a Reggio Emilia». Ha rimarcato la «quantità enorme di controlli sull’edilizia privata e non solo sull’edilizia pubblica. Il primo cittadino ha rimarcato al riguardo il «pieno, necessario e doveroso sostegno alla prefettura sull’utilizzo dello strumento delle interdittive». L’assessore alla legalità Nicola Tria ha ribadito il valore della «rete provinciale della consulta per la legalità. Non è il momento di desistere, siamo ancora in una situazione che ha necessità di tutta la nostra attenzione. Abbiamo avuto la riprova che la criminalità organizzata non si muove più come si vede nelle fiction, ma con un altro core business. Il primo tema è quello dei protocolli di legalità che consente di porre un argine più avanzato rispetto al tema di legalità. Costituire un osservatorio permanente che affianchi la consulta e sia qualcosa di più snello e consenta di leggere i fenomeni e la loro dinamicità in maniera altrettanto dinamica». Luca Chierici della Cgil ha sottolineato come «le mafie dai colletti bianchi facciano sì che il fenomeno sia meno recepito» e la difficoltà dei lavoratori delle realtà in cui si inserisce la mafia. Stesse difficoltà e moniti lanciati da Domenico Chiatto della Cisl.

Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico ha rimarcato come «oggi le mafie vengano considerate risolutrici di problemi e per questo accettate. Il valore di ricchezza sottratta al paese pari a quella del Pnrr (rapporto Mef sull’economia sommersa. Un amministratore in Italia è minacciato ogni 19 ore secondo il rapporto che presenteremo a breve. Ci sono pezzi della libera professione e imprenditoriali che si mettono al servizio dei mafiosi. Abbiamo chiesto che i candidati parlino in campagna elettorale di questi temi».  © RIPRODUZIONE RISERVATA