Gazzetta di Reggio

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Il caso

«Io inserita in una chat e bersaglio di offese sessiste: li ho denunciati»

Ambra Prati
«Io inserita in una chat e bersaglio di offese sessiste: li ho denunciati»

Reggio Emilia: è accaduto a una deejay 32enne. Tre a processo. «E' successo ad altre donne. Non passateci sopra: denunciate. Ma io ho ricevuto poca solidarietà»

05 aprile 2024
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Reggio Emilia «Se ho deciso di rendere nota questa storia è perché so che è successo anche ad altre donne di essere inserite a loro insaputa in una chat di oltre cento persone sconosciute, che si permettono di “dare il voto” sul tuo aspetto e di insultarti pesantemente. A queste donne dico: non passateci sopra, denunciate, anche se è difficile è necessario per vivere in una società civile».

A parlare è una 32enne, una deejay reggiana esposta, suo malgrado, al pubblico ludibrio in una chat di gruppo su Whatsapp.

Il 28 gennaio 2017 alcuni frequentatori di un circolo del centro storico (oggi chiuso) aprono una chat di gruppo su Whatsapp cooptando la giovane. A un certo punto qualcuno posta la foto della performer (prendendola dai social network) senza il consenso dell’interessata, che diventa bersaglio di una serie di apprezzamenti goliardici che travalicano in frasi apertamente offensive e sessiste da parte degli uomini: dalle battute grevi a sfondo sessuale («È una trans? Sembra una trans» e altri apprezzamenti irriferibili) si passa a commenti improntati alla superiorità razziale tramite dei file audio che i partecipanti si scambiano in tempi diversi («No non lo è, l’ho pensato anch’io, ti posso dire che di faccia sembra una scimmia», «È già troppo scurina... Io la scarterei a prescindere, non lo so il perché ma ho dei blocchi con le persone di colore...»).

Fino ad arrivare alle minacce, appena l’interessata tenta di fermare il tiro al bersaglio avvisando che li denuncerà: «Se provi a denunciarci vai sul giornale...», «Io non voglio che nessuno si faccia male ma ti verrà voglia di suicidarti per la figuraccia che ti faremo fare». Alle vibranti proteste della giovane, quest’ultima viene esclusa dal gruppo; ma c’è voluto l’intervento della polizia postale per far cessare la chat incriminata.

Il processo a carico dei tre reggiani, gli unici identificati con certezza (per i reati di diffamazione, minacce, trattamento illecito dei dati personali e istigazione all’odio razziale) si è concluso ieri con pene lievi, tuttavia il tema è di grande attualità e paradigmatico della necessità di coniugare l’era tecnologica nella quale viviamo con il rispetto delle persone.

Affiancata dall’avvocato Alberto Prati, la giovane spiega: «L’aspetto assurdo è che io non conoscevo nessuno in quella chat; ho scoperto in seguito che mi aveva inserito una conoscente senza chiedermelo. All’improvviso dei perfetti sconosciuti si permettono di inserire il tuo numero di cellulare (che è un dato sensibile) in una chat, di postare le foto che uso per lavoro e, quando l’amministratore ha dato il via (“autorizzo a parlare”) iniziano il tiro al bersaglio sul mio aspetto: “Questa è da 7, è da 8” e così via... Con un’escalation di offese, a sfondo sessista e secondo me anche razziale, davvero inaccettabile. Un meccanismo perverso, malato e angosciante. L’aspetto più preoccupante è che erano tutti adulti, mentre io all’epoca avevo 24 anni: e se fosse successo a una minorenne, con spalle meno larghe delle mie?».

Era pomeriggio e la giovane stava lavorando; dopo un solo messaggio («ma cos’è questa cosa?»), la deejay ha seguito distrattamente la marea di frasi a lei rivolte, accorgendosi solo dopo aver staccato dal lavoro (due ore dopo, alle 19) del tenore dei dialoghi. Alle rimostranze di lei i partecipanti alla chat si sono fatti via via più aggressivi. «Mi hanno offeso ancora di più: secondo loro stavo esagerando, era un gioco goliardico. Non ho mai visto un gioco del genere al contrario, cioè donne che “votano” uomini sulle loro presunte prestazioni sessuali».

Purtroppo, secondo la giovane, il suo voler percorrere le vie legali non è stato compreso. «Ho ricevuto poca solidarietà, a parte le rappresentanti di Non Una di Meno, che ringrazio, e la mia famiglia, che mi è stata vicino».

In seguito a questa disavventura la donna, conosciuta in città nell’ambito musicale, ha preferito cambiare aria, trasferendosi per qualche mese in un’altra regione per tornare a Reggio di recente. La provvisionale che il suo legale ha chiesto è stata riconosciuta in minima parte.

«Spero che a questi maschi adulti (non parliamo di ragazzini) sia passata la voglia di fare scherzi così grevi».