Gazzetta di Reggio

Reggio

L’indagine

Amianto, analisi falsificate in Arpae: sei indagati

Amianto, analisi falsificate in Arpae: sei indagati

Cinque sono dipendenti dell’agenzia regionale. Avrebbero depennato la presenza del rifiuto speciale dalle analisi di un impianto di smaltimento di Luzzara già posto sotto sequestro

09 aprile 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia  Una indagine dei carabinieri forestali scuote Arpae. Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, i funzionari avrebbero deliberatamente depennato la presenza di amianto dai risultati delle analisi relative a diversi campioni di rifiuti, prelevati ai fini delle analisi delegate dall’autorità giudiziaria alla stessa Arpae e provenienti da un sito sequestrato a Luzzara, appartenente a una società con sede legale nel Veronese. Sono sei gli indagati: cinque dipendenti di Arpae e un imprenditore.

L’operazione, che ha impegnato oltre 20 militari dell’Arma della specialità Forestale, è stata eseguita, su delega della procura di Reggio Emilia, diretta da procuratore capo Calogero Gaetano Paci, dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale (NIPAAF) di Reggio Emilia, con il supporto di unità provenienti da Reggio Emilia, Modena, Parma, e Verona.

L’ipotesi di reato ex art 479 del codice penale è quella di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, contestata a 6 indagati, tra cui 5 dipendenti pubblici di Arpae.

In funzione della provenienza illecita dei rifiuti, privi di tracciabilità, l’intero impianto era stato posto in sequestro dai carabinieri forestali del NIPAAF di Reggio Emilia alla fine del 2022. I rifiuti da costruzione e demolizione, trattati dall’impianto per la produzione di aggregato riciclato per l’edilizia, erano stati infatti considerati dagli inquirenti rifiuti pericolosi in applicazione del principio di precauzione.

L’Agenzia regionale era quindi stata incaricata dall’autorità giudiziaria della caratterizzazione dei rifiuti e della ricerca dell’eventuale presenza di amianto. Tuttavia, i risultati positivi degli accertamenti di Arpae sarebbero stati parzialmente occultati e la presenza di amianto non è stata comunicata alla polizia giudiziaria, fino a quando è stata scoperta dagli investigatori, anche grazie alle informazioni rese da alcuni dipendenti della stessa Agenzia.

L’amianto è un rifiuto speciale pericoloso che deve essere gestito da aziende specializzate secondo le procedure previste dalla legge, il cui illecito smaltimento prevede pene della detenzione da sei mesi a due anni e sanzioni pecuniarie da 2.600 a 26.000 euro. Il suo utilizzo nel campo dell’edilizia era ampiamento diffuso in passato fino a quando in Italia la sua produzione, lavorazione e vendita è stata vietata dal 1992. L’amianto è un materiale estremamente nocivo per la salute umana e l’esposizione a polveri contenenti fibre è in grado di generale numerose patologie quali il mesotelioma pleurico e il carcinoma polmonare. La sua diffusione nell’ambiente in varie forme, tra cui la crocidolite è senz’altro tra le più temibili, può esporre a seri rischi la salute umana, trattandosi di un forte agente cancerogeno.

Ad oggi, numerosi documenti sono stati posti sotto sequestro e si trovano al vaglio degli investigatori per la verifica del reato contestato: tra questi, documenti e appunti di laboratorio, fogli di lavoro, dispositivi informatici e una fitta corrispondenza telematica.