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Operazione nostalgia

La canzone di Max Pezzali celebra le “Disco abbandonate”: c’è anche il Marabù

Ambra Prati
La canzone di Max Pezzali celebra le “Disco abbandonate”: c’è anche il Marabù

Lauro Bonacini: «C’ero il giorno dell’inaugurazione: avevo tredici anni»

29 aprile 2024
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Reggio Emilia «E poi le insegne cadono / e non è più sabato / però quante figate / nelle discoteche abbandonate». Max Pezzali, classe 1967 quindi di quella generazione che è cresciuta nel periodo d’oro dei maxi locali da febbre del sabato sera, recita così nella sua nuova canzone “Discoteche abbandonate”. L’ultimo brano dell’ex cantante degli 883, uscito lo scorso 15 aprile, vuole essere «un omaggio alla musica dance che imperversava in tutte le discoteche degli anni Ottanta e Novanta».

Sulle note di Pezzali, nel video della canzone – cliccatissima su Youtube – scorrono le immagini, appunto, delle discoteche abbandonate (soprattutto al Centro-Nord) come appaiono oggi: edifici cadenti e degradati è tutto quel che rimane di una stagione irripetibile di riti collettivi, sconosciuta ai giovani d’oggi. Segno di un tempo odierno – come recita una delle frasi di personaggi famosi della clip – forse più triste. «Mi basta mettere sul giradischi un disco di Moroder e chiudere gli occhi per catapultarmi indietro di trent’anni, in pista al Marabù di Reggio Emilia»,la frase del dj Benny Benassi sovrimpressa agli scalini del Marabù. Nell’elenco sulla decadenza dei fasti danzerecci (con tanto di nome, collocazione geografica, anno di apertura e di chiusura) non poteva mancare il tempio della musica sulla via Emilia.

Il Marabù

Nato nel 1977 da un’idea di Sandro Gasparini (bancario e organizzatore di feste) che insieme a Marcella Bella da Monticelli fece una società Spa, il Marabù ha chiuso ben 24 anni fa, ma è impresso nella memoria di ciascun reggiano come simbolo del divertimento, delle uscite (pomeridiane in bus o serali, sperando che qualcuno ti riportasse a casa, all’epoca i genitori non erano autisti forzati), dei primi amori e delle notti infinite. «Ogni città aveva la sua discoteca. Reggio ha avuto il Marabù. Lo chiamavano “il gigante buono” per le dimensioni, per i colori avveniristici dell’arredo, per la qualità musicale, con impianti stereo enormi ed effetti luci che si vedevano per la prima volta. È stata una svolta sociale e un punto di riferimento per intere generazioni», racconta Lauro Bonacini, che in società con Andrea Gasparini (figlio di Sandro) sta portando avanti il marchio Marabù Celebration, feste con musica anni Ottanta con un crescente riscontro.

L’inaugurazione

Bonacini era presente il giorno dell’inaugurazione, il 21 ottobre 1977. «L’ho visto per la prima volta a 13 anni. Ero abbastanza alto e sono riuscito a entrare: nessuno, all’epoca, chiedeva la carta d’identità. Quegli anni sono stati fantastici e capisco la nostalgia di Pezzali. Il nome Marabù conserva ancor oggi una forza evocativa incredibile». Ogni reggiano che oggi abbia un’età compresa tra i 40 e i 60 anni ha stampigliato nella memoria l’ingresso ovale con moquette bianca rossa e blu (stile “Spazio 1999”), il colpo d’occhio dell’unica pista immensa, i quattro bar su due piani, le balconate rotonde e la distesa di divanetti («dove si cercava di portare le ragazze») poi trasformati in privé. «Il Marabù poteva contenere 5-6mila persone – prosegue Bonacini –. Con l’estivo, che cambiò via via nome (Starlight, Ozone, Tremenda) 15mila persone. Ma questa è un’altra storia perché siamo già agli anni ’90, quando è iniziato il declino».

Il successo

L’apoteosi è stato il decennio 1977-’87, come testimonia la pagina Facebook (gestita da Marabù Celebration) con le foto degli ospiti: Pippo Baudo, Brigitte Nielsen, Donatella Rettore, Angelo Branduardi, Franco Simone, Patty Bravo, Sammy Barbot, Grace Jones, i Pooh, Gino Bramieri, Tina Turner, Amy Stewart, solo per citarne alcuni. «Non solo spettacolo. Il Marabù era un contenitore di tante iniziative: dalle sfilate di bellezza (miss Italia, miss Europa, miss Mondo) alle feste di carnevale con fantasiosi costumi, dal premio allo Sport con calciatori di serie A in diretta Rai ai migliori dj in voga in quel periodo a Londra». Ma anche, scorrendo le foto d’epoca, una perfetta sconosciuta vestita in stile Madonna prima maniera che imbronciata regge la cornetta di un telefono a gettoni. «Nell’archivio del Marabù abbiamo un materiale infinito – conclude Bonacini –. Cartoni zeppi di foto, tutti gli attestati e le quote societarie della Spa, le tre insegne che erano sul palco riempiono un magazzino. L’archivio ci è stato lasciato da Gasparini, con la promessa che lo avremmo usato per scrivere il libro delle sue memorie. Prima o poi lo faremo». © RIPRODUZIONE RISERVATA