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Fine di un’epoca: chiude Spagni Due dopo 52 anni: «Questo lavoro è una parte di me»

Nicolò Valli
Fine di un’epoca: chiude Spagni Due dopo 52 anni: «Questo lavoro è una parte di me»

Reggio Emilia: la bottega di calzature in viale Umberto cessa l’attività il 28 luglio

15 maggio 2024
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Reggio Emilia Erminio Spagni non si ferma un attimo, passa da un cliente all’altro. Lo trovi a rispondere al telefono o a salire sulle scale per recuperare un modello di scarpe richiesto. D’altronde, la sua vita è sempre stata così, di corsa e dedita al lavoro. Adesso, però, è tempo di bilanci. Il 28 luglio, infatti, chiuderà dopo 52 anni lo storico negozio di calzature Spagni Due, in viale Umberto I, che per decenni è stato un punto di riferimento per generazioni di reggiani. In queste settimane gli sconti arrivano sino all’80%, in una sorta di fuori tutto: «È sempre meglio che stoccarli – spiega – dove pagano poco o niente».

Allora si chiude, Spagni?

«Ho 77 anni e non ho più le forze di un tempo. Ho chiuso tutti gli altri negozi e a fine luglio chiuderemo anche qui in viale Umberto I. Terrò al momento ancora Scandiano, più che altro per una questione affettiva essendo io di Sabbione, e per mantenere il contatto con alcuni fornitori».

La sua è una scelta ponderata, quindi...

«I miei due figli Vittorio e Maria Vittoria hanno altri interessi, e dunque non posso fare altrimenti, anzi lascerò liberi i pochi dipendenti che ormai mi sono rimasti. Pensi che nel periodo di massima espansione siamo arrivati a 14 filiali. Avevamo negozi da Sassuolo a Riccione, da Parma a Brescia sino a Mantova e Bologna, oltre ovviamente a monopolizzare il centro storico con spazi in via Navona, Via Emilia San Pietro, Santo Stefano e Isolato San Rocco».

Quando cominciò?

«La mia vita lavorativa nasce come ristoratore. Avevo infatti acquistato la trattoria La Bottega di Sabbione che ebbe un successo strepitoso, poi comprai un negozio di scarpe a Sassuolo e da lì cominciò tutto. Quando venni in viale Umberto mi diedero del pazzo, anche perché non c’era parcheggio: c’erano due negozi, uno di biciclette e uno coi prodotti per cucire. Buttai giù il muro e da lì cominciammo a fare fortuna. Avevo poco più di 25 anni».

La scelta del nome da cosa deriva?

«Il mio architetto si presentò con due cartelline legate ai progetti che avevo in mente. Spagni Uno, per il ristorante, e Spagni Due, per il negozio sassolese di scarpe».

Quanto è cambiata l’attività in questi 50 anni?

«Tantissimo. La mia clientela è cresciuta di età all’aumentare dei miei capelli bianchi. Tanti anni fa venivano ragazzi e ragazze che cercavano la scarpa migliore per andare a ballare. Ormai, con una scarpa da ginnastica fai tutto, e internet è purtroppo un competitor rilevante. Noi abbiamo sempre puntato sulla qualità».

E il quartiere?

«Stessa cosa, basti pensare all’ospedale Spallanzani che era pienamente operativo. Al posto della rotonda c’era un semaforo e accoglievamo tantissima gente dalla montagna. Scendendo giù dall’Appennino, il nostro era uno dei primi negozi cittadini che la gente incontrava»

Qualche aneddoto da raccontare?

«Un giorno entrò in SpagniDue niente meno che Anna Oxa. Era in città per un concerto, le feci vedere delle scarpe e alla fine comprò ben 8 paia di scarpe di colori diversi. Fu una grande emozione. Uno dei primi giorni di lavoro, più di mezzo secolo fa, entrò un signore e una mia giovane dipendente gli diede del tu. Lui si arrabbiò moltissimo: intervenni, dicendo che non era maleducazione ma una precisa scelta aziendale. Da noi, infatti, i clienti sono persone di famiglia».

Ci saranno stati anche momenti negativi... penso ad esempio al periodo Covid. È così?

«Sarò sincero, l’epoca Covid la ricordo professionalmente parlando con piacere. Ero chiuso, mi riposavo e ho pure avuto un rimborso dallo Stato.

Le dispiace chiudere?

«Sono affezionato a questi luoghi, anche perché sono sempre andato a lavorare con il sorriso. Ho amato e amo ancora questa professione». l