Gazzetta di Reggio

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Lo storico caso giudiziario

La Saponificatrice di Correggio, ritrovate foto inedite della serial killer

Evaristo Sparvieri
La Saponificatrice di Correggio, ritrovate foto inedite della serial killer

La scoperta dello studioso ferrarese Fausto Bassini, dopo una ricerca di 15 anni «Imponente mole documentaria su Leonarda Cianciulli»

20 maggio 2024
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Reggio Emilia «Nella sua ultima immagine che ci resta, nonostante sia stata scattata nell’inferno di un manicomio criminale e nonostante l’infermità mentale fosse in lei davvero presente all’epoca (a differenza di 24 anni prima, quando al processo aveva con scaltrezza simulato la pazzia), appare paradossalmente serena, priva di sofferenza». Leonarda Cianciulli guarda l’obiettivo, si mette in posa e accenna persino un sorriso. Ha il volto scavato dall’età e da rughe profonde, i capelli non più tinti. Irriconoscibile rispetto alle immagini finora note. Otto luglio 1970, appena tre mesi prima che morisse. Sono due foto segnaletiche inedite della Saponificatrice di Correggio, la più conosciuta serial killer della storia della criminalità italiana.

Quelle due formidabili immagini in bianco e nero sono contenute in uno dei numerosi sottofascicoli carcerari e clinici intestati alla Cianciulli, per un migliaio di carte complessive, ritrovati grazie alla tenacia e all’impegno dello studioso ed editore ferrarese Fausto Bassini, le cui ricerche criminalistiche, non solo sulla Saponificatrice, sono state più volte accreditate dal Ministero dell’Interno; il primo autore in Italia a “ribaltare”, a partire dal 2007, con originali e documentati articoli giornalistici e interviste a testimoni ancora viventi, la presunta pazzia della Cianciulli all’epoca dei fatti, il presunto movente propiziatorio dei delitti e la leggenda delle torte e del sapone umani, pubblicando stralci inediti di atti processuali. Bassini è un autore di riferimento in materia per documentari, tesi universitarie, giornalisti, scrittori, criminologi, avvocati e altri studiosi.

LA VICENDA

Cianciulli morì per un ictus alle 2 di notte del 15 ottobre 1970 dopo quasi due giorni di coma, nel “manicomio giudiziario per donne” di Pozzuoli (Napoli), all’età di 76 anni. Vi si trovava rinchiusa continuando a scontare una condanna della Corte d’Assise di Reggio Emilia per aver raggirato e ucciso tre compaesane a scopo di rapina fra il 1939 e il 1940, nell’appartamento abitato con la famiglia a Correggio, e distrutto i loro corpi per occultarne le tracce «mediante saponificazione», come scrissero i giudici prendendo per oro colato la versione dell’imputata (procedimento di saponificazione dei cadaveri sul quale l’indagine peritale aveva però espresso seri dubbi e che, in ogni caso, non significa semplicemente “fare saponette”).

Era stata condannata nel luglio del 1946, con il beneficio della seminfermità di mente, a 30 anni di reclusione previo ricovero in una casa di cura «per un periodo non inferiore ad anni tre prima della esecuzione della pena detentiva»; ma, giudicata mai del tutto guarita, gli “almeno” 3 anni si erano prolungati a dismisura e, dopo svariati lucidi e calcolati tentativi di tornare in libertà, domande di grazia e brevi trasferimenti in carceri ordinarie nel reparto minorate psichiche, era di fatto rimasta “sepolta viva” nei manicomi giudiziari (fino al 1955 ad Aversa, poi a Pozzuoli), prigioniera del suo stesso istrionico personaggio, finendo però, col tempo, per uscire veramente di senno.

LA RICERCA

Al termine di un lungo calvario burocratico dal sapore kafkiano, durato quasi 15 anni, durante i quali non si è mai arreso, Bassini ha finalmente potuto ottenere tra le sue mani quell’incartamento inedito sulla Saponificatrice.

Una ricerca a tappeto iniziata, come detto, nel 2007, quando il ricercatore ferrarese si mise sulle tracce dell’intera documentazione riguardante Leonarda Cianciulli in ogni archivio possibile, facendo rintracciare con instancabile caparbietà, era circa il 2008-2009, nella Casa Circondariale di Pozzuoli il cosiddetto fascicolo matricolare che ne illustrava quasi integralmente (assente gran parte della documentazione degli anni aversani) l’iter e la vita detentivi, dall’arresto a Correggio il 1° marzo 1941 sino al giorno del decesso a Pozzuoli, passando – oltre che per le suddette case di cura e custodia – anche per le carceri di Reggio Emilia, Bologna, Santa Verdiana (Firenze) e Perugia; il fascicolo conteneva inoltre una parte giudiziaria e manoscritti della detenuta a eccezione, purtroppo, dei quadernetti del celeberrimo memoriale. Bassini capì all’istante di essersi imbattuto in una pietra miliare del caso, ma da quel momento iniziò per lui un calvario imprevisto.

Il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria presso il Ministero della giustizia), avuta notizia del prezioso ritrovamento, ignorò le sue ragioni e si fece spedire con un semplice pacchetto postale da Pozzuoli a Roma, nel proprio Museo criminologico, quel fascicolo per scopi secondo lo studioso mai chiariti.

Secondo Bassini, pare non fosse la prima volta che il Dap, seppur a titolo di interesse storico e in buonafede, acquisisse per il Museo, con procedure considerate poco ortodosse, beni culturali pubblici sul territorio nazionale a discapito degli studiosi. Condizioni che, tuttavia, non scoraggiarono il ricercatore ferrarese, che non si diede per vinto, smuovendo mari e monti, rivolgendosi a tutti gli enti competenti, di fronte ai quali tuttavia si trovò a rimbalzare contro quello che egli stesso definisce «un muro di gomma». Negli anni, ha continuato a reiterare le sue richieste, cercando di restare sempre aggiornato su quanto accadesse al fascicolo della Cianciulli, continuando a reclamare la possibilità di visionare le carte.

Nel 2018 è tornato quindi alla carica in maniera decisa, arrivando successivamente a chiedere persino l’intervento del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli. La svolta, infine, a fine marzo, quando lo studioso ha ricevuto la telefonata di due funzionari del Dap, inappuntabili nell’occasione, con la notizia che il fascicolo di Pozzuoli era stato miracolosamente recuperato in un armadio del Dap stesso e che sarebbe stato presto versato all’Archivio di Stato di Napoli competente per territorio.

IL RITROVAMENTO

«Essendo la Cianciulli considerata universalmente la “serial killer”, o per meglio dire la pluriomicida più famigerata della storia italiana – afferma Bassini – nonché da sempre annoverata come caso-scuola sui trattati scientifici di criminologia, anche in campo internazionale, il recupero della più grossa mole documentaria esistente su questa figura (seconda solo ai tre faldoni processuali custoditi, dal 1988, nell’Archivio di Stato di Bologna) non può che venire applaudito come un evento epocale per tutti, in Italia e all’estero: addetti ai lavori, cultori della materia, archivisti, ma anche semplici cittadini».

Per lo studioso, si tratta di «un altro fiore all’occhiello per l’Archivio di Stato di Napoli, la cui direttrice, unitamente al personale, si è mostrata da subito squisita nei miei confronti dopo l’acquisizione delle preziose carte l’8 aprile scorso, e ai quali peraltro avevo già fatto presente più volte in passato la mia odissea chiedendo, invano, anche l'intervento della Direzione generale Archivi e della Soprintendenza. Ed è inoltre un simbolico “ritorno a casa” per la Cianciulli, nella sua nativa Campania, che prima di oggi conservava, paradossalmente, pochissima documentazione di prima mano su di lei». «Sono atti molto affascinanti. Circa le dinamiche omicidiarie, non aspettiamoci grandi rivelazioni o nomi di complici: nel corso degli anni la Cianciulli farneticherà un movente dei delitti non più propiziatorio e legato a sacrifici umani ma addirittura politico, quando invece ben sappiamo che mirava solo al peculio delle tre vittime, poco o tanto che fosse. A ogni modo il “sacro Graal” di questo migliaio di fogli – aggiunge Bassini – è costituito da un paio di fotografie segnaletiche, a oggi sconosciute, scattate (in due pose diverse) all’interno del manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, l’8 luglio 1970. Un fotosegnalamento tardivo, forse per colmarne l’assenza in tutti i sottofascicoli carcerari e manicomiali dell’incartamento. Documento eccezionale perché si tratta delle ultime immagini in vita, che conosciamo, dell’iconica delinquente».

IL RINGRAZIAMENTO

«Dopo aver ricevuto in anteprima la notizia dell’insperato ritrovamento, le prime persone che ho desiderato avvertire sono stati gli avvocati Marco e Giacomo Fornaciari del Foro di Reggio Emilia, rispettivamente figlio e nipote dell’avvocato Piero, implacabile accusatore della Cianciulli al clamoroso processo del 1946, ai quali sono legato da lunghi anni da rapporti di viva cordialità». Così lo studioso Fausto Bassini commenta il ritrovamento delle carte sulla Saponificatrice. Nonostante la sua soddisfazione, Bassini non nasconde la delusione per tutte le difficoltà incontrate durante la ricerca. Ma, spiega, «non mi stancherò mai di ringraziare la parte “buona” e operosa dello Stato: il maresciallo Antonio D’Alema del Comando Carabinieri “Nucleo Tutela Patrimonio Culturale” di Napoli, reparto d’élite mondiale in materia di recupero di beni culturali trafugati, che, unitamente alla Procura di Napoli, ha compiuto un’altra brillantissima operazione: il recupero di queste oltre mille carte del fascicolo Cianciulli riposte entro un armadio del Dap a Roma, in un’area inaccessibile non solo al pubblico, essendo il Museo Criminologico chiuso dal 2016, ma anche interdetta allo stesso personale. Una impresa sollecitata dai carabinieri che definirei, pertanto, doppiamente eroica. Una delle tante, meritatissime medaglie al petto per il maresciallo D’Alema e i suoi uomini. Ringrazio anche Gianluca Mandatori e Maria Laura Desiderati che mi hanno assistito, da lontano, nella riproduzione fotografica del voluminoso carteggio».  l

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