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Antonio Scurati: «Stanno tentando di riscrivere la storia, ma non potranno cancellarla»

Serena Arbizzi
Antonio Scurati: «Stanno tentando di riscrivere la storia, ma non potranno cancellarla»

Reggio Emilia: è stato uno degli ospiti sul palco della festa del 2 giugno a Casa Cervi, a Gattatico

03 giugno 2024
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Gattatico «I componenti di questo governo stanno tentando di riscrivere la storia. Io non so se ci riusciranno, secondo me no, ma una cosa è certa: puoi perfino cercare di riscrivere la storia, ma non puoi cancellarla, la storia. I biechi assassini dei sette fratelli Cervi erano fascisti e i sette fratelli rimarranno per sempre assassinati dall’ignobile violenza dei fascisti. Le vittime di piazza della Loggia saranno per sempre state massacrate dai neofascisti. Questa storia non si cancella, così come il fatto che il 2 giugno è un semplice prolungamento del 25 aprile».

Parola dello scrittore Antonio Scurati, componente del comitato scientifico dell’Istituto Cervi e sotto i riflettori in queste settimane per il monologo censurato dalla Rai. Gesto che ha suscitato la mobilitazione di Adelmo Cervi (domenica in Sicilia per impegni legati alla divulgazione della storia della famiglia Cervi) a favore del giornalista e contro il Governo Meloni. Scurati è stato uno degli ospiti sul palco della festa del 2 giugno a Casa Cervi, a Gattatico, accolto tra gli applausi. Arrivato con largo anticipo insieme alla famiglia, Scurati ha partecipato tra il pubblico alla festa prima del suo discorso, che ha seguito quello del giornalista Marco Damilano, il quale ha citato Michela Murgia in uno storytelling che ha legato il 25 aprile e il 2 giugno, e ha preceduto Rosy Bindi, attualmente presidente del comitato nazionale del centenario dalla nascita di don Milani.

«Mussolini è stato non solo il fondatore del fascismo, ma il primo leader populista– esordisce Scurati –. Gli esponenti populisti partono da un assunto: il popolo sono io. Questa è una evidente assurdità perché nessun leader politico può pensare di rappresentare l’intero popolo. E invece ciò viene affermato con protervia e forza e ha conseguenze molto gravi. Si cessa di ascoltare qualsiasi voce sapiente, chiunque parli in nome di un sapere a partire dagli storici che dicono che il fascismo è stato aberrazione assoluta e totale, non solo in alcuni suoi momenti ma nell’intero arco della sua storia. Chiunque viene silenziato. Gli intellettuali diventano una brutta parola perché “io parlo nel nome del popolo”, quindi “voi tacete e se osate dare una versione della realtà diversa dalla mia siete contro il popolo”. Il dissenso viene automaticamente bandito. Si cessa di tollerare la critica, perché se i sono il popolo chiunque dissenta è nemico del popolo. Terza e più grave conseguenze – incalza Scurati – è che a che il Parlamento diventa un luogo inutile se “il popolo sono io” Diventa un luogo vecchio obsoleto, di inettutidine, corruzione. “Noi facciamo antipolitica, rottamiamo”, scusate – si interrompe lo scrittore, con evidente riferimento al tormentone lanciato dall’ex premier Matteo Renzi, quello di “rottamare” la classe dirigente – Queste espressioni furono pronunciate per la prima volta nel 1919-20 da Mussolini. La democrazia è bellissima, ma la sua è una bellezza fragile, va difesa. Non possiamo lasciare la parola popolo ai populisti».

Altrettanto applaudita Rosy Bindi, che ha evocato don Lorenzo Milani e don Giuseppe Dossetti : «Non credo ci sia posto migliore di questo in Italia per festeggiare il 2 giugno – dice appena salita sul palco di Casa Cervi –. Siamo qui perché in questi luoghi dobbiamo ritornare sempre con la nostra memoria per ricordare la storia, ma anche per interpretare un presente che non ci preoccupa meno di un certo passato. Ci preoccupa soprattutto perché sta perdendo la memoria, la memoria di questi luoghi e di ciò che da questi luoghi è nato per la vita del nostro Paese. Sì perché qui è nata la nostra democrazia, la nostra repubblica, qui festeggiamo il 2 giugno, la democrazia contenuta nella nostra carta costituzionale. Il fascismo ha molti volti e da questo Paese non se n’è mai andato, noi dobbiamo avere il coraggio di riconoscerne le tracce. Il revisionismo storico nato in questa fase preoccupa quando nega la base antifascista della nostra Costituzione, ma mi preoccupa anche chi vuole attribuire solo a un terrorismo di un certo colore le stragi degli anni Settanta. La Costituzione contiene la dignità di ogni persona, senza alcuna distinzione. Don Milani diceva che dai suoi operai di Calenzano aveva imparato molto di più che dalla cultura borghese. Oggi si nega la parola agli intellettuali ma soprattutto si nega la dignità ai più poveri, agli immigrati e loro hanno meno armi di tutti per difendersi. Vengono privati del valore fondamentale che è l’organizzazione della solidarietà che consente a tutti di riprendersi i propri diritti». l Serena Arbizzi © RIPRODUZIONE RISERVATA