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Accoltella il collega che impiega troppo a fare carburante: arrestato

Accoltella il collega che impiega troppo a fare carburante: arrestato

E’ successo nel cortile della Ceramica Keope. Grave il ferito. Interviene Fit Cisl: «Ritmi esasperati negli appalti della logistica delle grandi aziende, sfociano in infortuni e rapporti tesi»

06 giugno 2024
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Casalgrande Violento litigio in fabbrica tra colleghi di lavoro: una persona, ferita in modo grave, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Baggiovara, mentre l’aggressore è stato rintracciato in seguito dai carabinieri. È accaduto nel primo pomeriggio di mercoledì 5 giugno nel cortile della ceramica Keope. Coinvolti tre albanesi (due fratelli residenti a Pavullo e l’aggressore a Salvaterra) dipendenti della “Fabbrica del Lavoro”, società che fornisce personale per la logistica. Il meno prestante, fisicamente, dei due fratelli ha litigato con l’aggressore perché pare impiegasse troppo tempo a fare carburante. Il fratello ha raggiunto l’altro su un muletto, e quest’ultimo ha estratto un cutter e glielo ha puntato alla gola. Per difendersi, l’aggredito ha alzato il braccio ed è stato tagliato dalla spalla al polso. I colleghi hanno prestato il primo soccorso con bende di fortuna. L’aggressore è poi scappato e i carabinieri lo hanno raggiunto a casa. E’ stato arrestato.

«Quanto accaduto alla ceramica Keope è grave e sarebbe sbagliato derubricarlo a una lite degenerata nella violenza. Quello che Fit Cisl segnala ogni volta che si parla di appalti logistici nella grandi aziende, cioè di forniture di personale esterno, è il carico di pressione che ricade sui dipendenti in appalto, ai quali si chiede in modo martellante di volare, creando in questo modo le condizioni ideali per lo stress che sfocia negli infortuni o nell’esasperazione dei rapporti tra persone». Così Gaetano Capozza, segretario di Fit Cisl Reggio Emilia, commenta il fatto di sangue scoppiato il 5 giugno scorso all’interno della ceramica Keope di Casalgrande. 

Il sindacalista racconta come la sua categoria segua ogni giorno persone che lavorano come "muli da soma” nelle situazioni più estreme al servizio di aziende che vanno dall’agroalimentare al ceramico e per le quali svolgono le operazioni di movimentazione dei materiali che poi entreranno nella fase centrale del ciclo produttivo, di solito gestita da dipendenti diretti delle aziende. «Ogni giorno raccogliamo storie che hanno tutte lo stesso minimo comune denominatore: ritmi esasperati, una costante pressione a centellinare anche i pochi minuti necessari per rimettere in fase un macchinario o per riallestire una delle aree di movimentazione delle merci – prosegue Capozza –. Parlo, quindi, di un mestiere durissimo, per il quale si va a recuperare forza lavoro in gran parte tra extracomunitari e questo, senza la necessaria operazione di mediazione culturale, porta nel microcosmo di un’azienda una miscela che può diventare esplosiva».

Sulla vicenda Keope interviene anche Massimo Muratori, leader della Femca Cisl Emilia Centrale, la categoria che segue espressamente i lavoratori del comparto ceramico. «Tutte le aziende del ceramico non possono diventare il far west, un luogo dove la violenza si trasforma in regola. Questo è un lusso che nessuno può permettersi, a cominciare dalle imprese che hanno il dovere di selezionare gli appalti in modo rigoroso. Selezionare e vigilare costantemente su come si lavora nei propri recinti e in quali condizioni. Chi appalta un servizio non può limitarsi a pagare la fattura. Al di là del fatto appena accaduto, il tema sicurezza è centrale ed è incredibile il fatto che ai Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls, ndr) sia impedito dalle norme vigenti di intervenire sui dipendenti forniti in appalto. Realtà che spesso non hanno rappresentanti formati, hanno problemi coi  dispositivi di protezione e fanno poca formazione sul loro personale. Se penso al ceramico – spiega Muratori –, è storia quotidiana l’uso dei muletti con una velocità smodata da parte del personale in appalto, costretto a correre perché la cooperativa che lo stipendia non è pagata a ore ma a quantità di lavoro fatto”.

«Ciò si traduce in pressioni importanti sui lavoratori e continue discussioni tra lavoratori in appalto e dipendenti diretti dell’azienda. Ecco perché al concetto di sicurezza si affianca quello della formazione. “La formazione che serve per lavorare in modo sicuro, la formazione che serve per conoscere alla perfezione il contesto produttivo nel quale si opera e, certo, la formazione per educare i lavoratori alle corrette relazioni interpersonali. Non deve in nessun caso passare il principio che chi lavora al mio fianco, nel mio turno, sia un nemico o qualcuno che mi ostacola», chiosa il segretario Femca.

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